cina
Mercati, il QE era l'alta marea che sollevava tutte le barche
14 Gennaio 2016 10:57
o a poco tempo fa, i mercati potevano dormire sogni tranquilli sapendo di poter attingere alla coppa del QE (quantitative easing), che avrebbe spinto al rialzo i prezzi delle attività riducendo al contempo la volatilità. Il QE era l'alta marea che sollevava tutte le barche. Molti operatori arrivavano infatti a considerare le «cattive» notizie sul fronte economico alla stregua di «buone» notizie, poiché avrebbero comportato ulteriori acquisti di attività e ulteriore sostegno ai prezzi degli asset” fa presente Mark Burgess, CIO EMEA e Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments secondo il quale, allargando la visione a tutto il mercato, il processo di ribilanciamento della Cina è destinato a proseguire, i titoli di stato di alta qualità potrebbero continuare ad apprezzarsi mentre per l’investimento in azioni sarà premiante solo se il risparmiatore si affiderà a gestori attivi e con un approccio di medio lungo termine.
“A mio parere, il processo di ribilanciamento della crescita di Pechino è destinato a durare a lungo, e dato che gli investitori internazionali usano Hong Kong per coprire le proprie posizioni in Cina, la vendita indiscriminata di società di alta qualità con solide prospettive di crescita nelle fasi di turbolenza sui mercati dovrebbe creare opportunità per gli investitori attivi” puntualizza Mark Burgess che prevede un ulteriore indebolimento del renminbi, che susciterà inevitabilmente apprensioni per altre svalutazioni nel resto dell'Asia. Tali svalutazioni avrebbero effetti deflazionistici, e una persistente spinta al ribasso sui prezzi è senz'altro sgradita in una fase in cui la Fed vorrebbe innalzare i tassi, che si trovano ancora a livelli di emergenza.
“I titoli di Stato di alta qualità hanno guadagnato terreno durante la fase di volatilità e dovrebbero trovare ulteriore sostegno qualora riaffiorassero i timori di deflazione” sostiene Mark Burgess che, passando alle azioni, ritiene invece che la parte agevole del tragitto sia stata già percorsa e che il successo in futuro dipenderà tanto dalla capacità di evitare le insidie quanto da quella di scovare i titoli vincenti. “Esaminando il periodo successivo alla crisi finanziaria, gli storici della finanza potrebbero ravvisare nel 2009-2014 la fase dei guadagni «facili», nella quale i prezzi delle attività hanno ricevuto impulso da tassi d'interesse storicamente contenuti e da un'abbondante liquidità. Il 2015 è stato il primo anno in cui le scommesse sui rialzi delle quotazioni e gli «acquisti sui cali» non hanno dato grossi frutti. Si è assistito quindi a un ritorno alla normalità, nella quale i prezzi delle attività evidenziano un andamento casuale e talvolta volatile” conclude Mark Burgess, per il quale, per chi investe in un'ottica di lungo termine, tutto questo non dovrebbe costituire una novità né un motivo di preoccupazione: purtroppo, però, gli investitori con una memoria più breve potrebbero aver dimenticato le ampie fluttuazioni dei mercati azionari che rappresentavano la norma prima dell'avvento del QE.
“A mio parere, il processo di ribilanciamento della crescita di Pechino è destinato a durare a lungo, e dato che gli investitori internazionali usano Hong Kong per coprire le proprie posizioni in Cina, la vendita indiscriminata di società di alta qualità con solide prospettive di crescita nelle fasi di turbolenza sui mercati dovrebbe creare opportunità per gli investitori attivi” puntualizza Mark Burgess che prevede un ulteriore indebolimento del renminbi, che susciterà inevitabilmente apprensioni per altre svalutazioni nel resto dell'Asia. Tali svalutazioni avrebbero effetti deflazionistici, e una persistente spinta al ribasso sui prezzi è senz'altro sgradita in una fase in cui la Fed vorrebbe innalzare i tassi, che si trovano ancora a livelli di emergenza.
“I titoli di Stato di alta qualità hanno guadagnato terreno durante la fase di volatilità e dovrebbero trovare ulteriore sostegno qualora riaffiorassero i timori di deflazione” sostiene Mark Burgess che, passando alle azioni, ritiene invece che la parte agevole del tragitto sia stata già percorsa e che il successo in futuro dipenderà tanto dalla capacità di evitare le insidie quanto da quella di scovare i titoli vincenti. “Esaminando il periodo successivo alla crisi finanziaria, gli storici della finanza potrebbero ravvisare nel 2009-2014 la fase dei guadagni «facili», nella quale i prezzi delle attività hanno ricevuto impulso da tassi d'interesse storicamente contenuti e da un'abbondante liquidità. Il 2015 è stato il primo anno in cui le scommesse sui rialzi delle quotazioni e gli «acquisti sui cali» non hanno dato grossi frutti. Si è assistito quindi a un ritorno alla normalità, nella quale i prezzi delle attività evidenziano un andamento casuale e talvolta volatile” conclude Mark Burgess, per il quale, per chi investe in un'ottica di lungo termine, tutto questo non dovrebbe costituire una novità né un motivo di preoccupazione: purtroppo, però, gli investitori con una memoria più breve potrebbero aver dimenticato le ampie fluttuazioni dei mercati azionari che rappresentavano la norma prima dell'avvento del QE.