A-share

Cina, la qualità della crescita più importante della quantità

18 Gennaio 2016 16:30

financialounge -  A-share cina Fidelity International Matthew Sutherland Renminbi
Cina sta rallentando, ma non sta affatto crollando. Non siamo preoccupati dal rallentamento del tasso di crescita, perché la qualità della crescita (riequilibrio verso maggiori consumi interni) è di gran lunga più importante della quantità. L'economia del Paese è discreta pur con qualche area debole (produzione) e alcune aree forti (servizi, vendita al dettaglio), non dissimile peraltro da tutto il resto del mondo” fa sapere Matthew Sutherland, Head of Product Management - Asia di Fidelity International secondo il quale il passaggio ad un modello di crescita guidato dal consumo interno non sarà un processo facile e agevole, ma è comunque in corso ed efficacemente supportato dalle riforme governative. Ci saranno inevitabilmente alti e bassi lungo il percorso e si potranno vedere ulteriori stimoli governativi.

Analizzando la più stretta attualità, Matthew Sutherland sostiene poi che il mondo non dovrebbe essere così spaventato, come invece mostra di essere, per le violente variazioni dei mercati azionari onshore di Shanghai e Shenzhen. In questi mercati, infatti, sono negoziate le A share cinesi, acquistate in primo luogo dai risparmiatori retail nazionali, e le quotazioni sono guidate molto più dalle distorsioni comportamentali di acquisto e di vendita degli investitori che dai fondamentali economici o macro. Questi mercati sono stati oggetto di una bolla che è iniziata nel quarto trimestre del 2014, spinta da una serie di fattori quali, ad esempio, la previsione di ingenti flussi di investimenti provenienti dal programma Hong Kong-Shanghai connect. Questa bolla non è completamente sgonfiata. Gli indici di mercato sono aumentati del 119% tra ottobre 2014 e giugno 2015, poi sono scesi del 43% tra giugno e agosto 2015, quindi sono di nuovo saliti del 28% tra agosto e dicembre dello sorso anno dopo che le autorità hanno messo in atto misure di controllo sulla marginazione nel sistema. Ora, da inizio anno c’è stata una nuova correzione del 13%.

“Premesso che nessuno dei nostri fondi, nemmeno quelli specializzati sull’azionario della Cina, hanno più del 10% in A-share, in tutti i casi nessuna di tutte queste ultime importanti variazioni, sia al rialzo che al ribasso, sono state legate alla economia di fondo di Pechino” precisa Matthew Sutherland che, inoltre, non vede nessun segnale di debolezza della Cina nella ulteriore svalutazione del renminbi deciso da Pechino nei giorni scorsi.

“Il deprezzamento della divisa cinese si inquadra in un contesto internazionale nel quale il dollaro è forte su tutte le altre divise. Il calo del renminbi cinese rispetto al dollaro Usa dell’1,5% da inizio anno e del -5,8% da agosto 2015, si è materializzato dopo un apprezzamento del 10% negli ultimi 5 anni. D'altra parte abbiamo: lo yen giù del 35% (dal 2012), l’euro giù del 22% (dal 2014), la sterlina in calo del 15% (dal 2014), il dollaro australiano in calo del 26% (dal 2014), il real brasiliano calo del 42% (dal 2014) e il rublo russo in contrazione del 65% (dal 2014). Allora, perché dovrebbe essere la Cina responsabile dell'esportazione di deflazione?” si chiede Matthew Sutherland.

Ma cosa fare dunque in relazione agli investimenti nei mercati cinesi? “È necessario restare freddi senza farsi prendere da scelte emotive e agire in modo selettivo acquistando a sconto nelle fasi debolezza. Il panico degli investitori rappresenta infatti grandi opportunità per i risparmiatori di lungo termine che sono capaci di selezionare i migliori titoli azionari” rivela Matthew Sutherland che si ispira agli investitori di maggior successo del passato che hanno comprato quando gli altri stavano vendendo e venduto nel momento in cui gli altri stavano affannandosi a comprare. “Nulla è cambiato radicalmente nel mondo rispetto a due settimane fa, solo che adesso il mercato è disposto a vendere le azioni a un prezzo molto più interessante” puntualizza Matthew Sutherland che, applicando un approccio di tipo bottom-up (rigorosa selezioe delle singole società quotate), sfrutta l'attenta analisi di un team di 50 analisti dedicati all’Asia di Fidelity per individuare le aziende con le migliori prospettive di apprezzamento. “In Asia sono quotate 17.000 società, più che negli Stati Uniti e in Europa insieme, molte delle quali saranno le stelle del futuro e registreranno buone performance a prescindere dal mercato o dall’ambiente macro. In Cina in particolare, pensiamo che la volatilità potrà proseguire, ma le H –share di Hong Kong evidenziano valutazioni attraenti e lo stock picking resta la chiave per beneficiare dei trend di crescita e di trasformazione economica in corso in Cina.” conclude Matthew Sutherland.

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