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International Editor’s Picks – 01 febbraio 2016

1 Febbraio 2016 09:39
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Tentativi di rimbalzo sul fronte del petrolio?
Dopo gli scatti sopra i 30 dollari messi a segno dal West Texas Intermediate nonostante l’aumento delle scorte americane Yahoo Finance lo ha chiesto a Ira Epstein, managing director di Linn & Associates, considerato un guru del settore. La risposta è che c’è qualcuno che ha iniziato a giocare un gioco rischioso, vale a dire cercare di intercettare il bottom del mercato comprando sui minimi. Succede quando i prezzi sono molto depressi: quando il barile tocca $30, si comincia a parlare di $25 e poi dell’area sotto $20, si ha l’impressione che il fondo sia in vista e si prova a comprare. I prezzi rimbalzano e partono le previsioni rialziste. Come quelle del CEO di Continental Resource Harold Hamm che vede il petrolio tornare a 60 dollari per fine anno. Ma intanto continua a tagliare gli investimenti in esplorazione. Epstein prevede che il mercato continui ad essere dominato da un eccesso di offerta, e che i tentativi di rottura al ribasso e al rialzo abbiano un orizzonte limitato: l’upside non ha spazio oltre 35 dollari mentre nuovi test a 27 dollari restano probabili.

La ricetta per capire dove sta andando la Cina?
Per Business Insider è quella dell’economista Michael Pettis, definito una superstar dell’analisi sul grande paese, il cui blog non può essere ignorato. Nel mare di incertezze che circondano l’economia cinese, la certezza è che la chiave per capire tutto è il debito. Sul suo blog Pettis scrive che solo quando la crescita del credito comincerà a rallentare molto più rapidamente di quanto cresca il PIL nominale si potrà cominciare a parlare seriamente di una Cina che si sta muovendo nella direzione giusta. E solo quando la crescita del credito sarà stabilmente sotto la capacità dell’economia di pagare il servizio del debito si potrà dire che la Cina è definitivamente in equilibrio. Oggi l’economia cinese si sta spostando sui consumi, ma per anni ha vissuto di investimenti massicci sostenuti da una montagna di debito che ora deve essere ripagato. Ma le grandi società pubbliche che l’hanno sulle spalle non investono e non assumono più, sono diventate improduttive. La ristrutturazione del debito è la chiave di tutto. Prima il debito produceva ricchezza, ora la distrugge.

Anche il Brasile nella trappola del debito
E secondo quanto scrive il Wall Street Journal rischia di perdere la battaglia. L’economia più grande dell’America Latina ha chiuso l’anno con un deficit al 10,34% del PIL, il livello più alto degli ultimi 13 anni, con un balzo rispetto al 6,05% del 2014. Anche il debito pubblico cresce ad alta velocità: nel 2015 ha toccato il 66,2% dal 57,2% nel 2014. Tutto questo nonostante i pesanti tagli al deficit pubblico e le promesse della presidente Dilma Rousseff di migliorare lo stato delle finanze di Brasilia. Nello stesso tempo la Rousseff è impegnata in Congresso nella battaglia contro le procedure di impeachment, il che blocca il passaggio legislativo di misure di risanamento delle finanze pubbliche. Circa il 90% della spesa nazionale è predeterminata per legge e ha bisogno di un voto del Parlamento per essere tagliata. E gli aumenti delle tasse sono a dir poco problematici in un anno di elezioni amministrative. Intanto l’economia continua a contrarsi. Le prime stime indicano un PIL in calo del 3,7%, l’anno scorso, il che fa scendere le entrate fiscali. Quest’anno il circolo vizioso continuerà, con le previsioni sulla crescita che puntano a un altro calo del 3% del Pil.
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