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Banche centrali, la inutile e dannosa guerra delle valute

5 Febbraio 2016 09:22

financialounge -  banche centrali Christopher Chu mercati valutari UBP
, la Federal Reserve (Fed) americana, la Bank of Japan (BoJ), la People’s Bank of China (PBOC) e la Swiss National Bank (SNB). Sono questi i principali attori sui mercati finanziari internazionali degli ultimi anni. Le loro politiche monetarie hanno contrastato la recessione globale del 2008-2009 evitando che degenerasse ulteriormente. Ma queste stesse banche centrali si sono rese protagoniste anche di manovre per agire sui cambi valutari.

La Bce ha cercato di indebolire l’euro, la SNB un anno fa decise a sorpresa di svincolare il franco svizzero dal fixing di 1,20 con l’euro, la PBOC l’estate scorsa ha avviato un processo di svalutazione pilotata del renminbi rispetto al dollaro. Lo scorso 29 gennaio, il governatore della Banca Centrale giapponese, Haruhiko Kuroda, ha sorpreso i mercati tagliando i tassi di interesse a -0,1%, seguendo una strategia di costi negativi per il denaro preso in prestito, già adottato da altre banche centrali, tra cui la Banca Centrale Europea.

“I tassi d’interesse negativi della BoJ e la spinta da parte del governatore Kuroda per rendere le posizioni long (rialziste) sullo yen poco attraenti dovrebbero essere visti positivamente sia per i mercati asiatici, sia per quello cinese, consentendo spazio di manovra per le riforme finanziarie in Cina” sottolinea Christopher Chu, Fund Manager, Azionario Asia, Union Bancaire Privée (UBP) che ricorda come l’inflazione si riaccenda non appena la pressione sui prezzi del petrolio diminuisce e la produzione cala.

Per il manager, otre a valutazioni di mercato basse che scontano una contrazione globale, che finora resta improbabile, i mercati asiatici sembrano estremamente attraenti. Resta il fatto che, se i principali istituti centrali di tutto il mondo agiscono in contemporanea, si scatena una dannosa guerra delle valute in cui nessuno vince: e i mercati, infatti, dopo un iniziale apprezzamento in occasione delle decisioni dei banchieri centrali (come nel caso di Draghi lo scorso 21 gennaio e in quello di Kuroda dei giorni scorsi) ritornano sui propri passi e diventano sempre più scettici sull’efficacia delle politiche monetarie che finiscono con l’annullarsi tra loro senza nessuna ripresa degli investimenti e, a cascata, dell’economia.

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