consumi
Europa, la crescita dipenderà soprattutto dai consumi interni
22 Febbraio 2016 10:11
uce di quanto sta accadendo in questo inizio del 2016 sui mercati, sono in molti a chiedersi se le attese di incremento della crescita europea attesa per quest’anno e per il prossimo restano ancora valide: un interrogativo di estrema attualità dopo l’allarme crescita lanciato dall’OCSE giovedì sorso. Le preoccupazioni circa il rallentamento della crescita della Cina, il prezzo del petrolio (e di molte materie prime) in caduta libera, il rafforzamento dell’euro e l’andamento meno dinamico dell’economia degli Stati Uniti hanno infatti gettato più di un dubbio circa la sostenibilità delle crescita europea.
Tuttavia, secondo alcuni esperti economici l’Europa mostra finora segnali di resilienza alle intemperie internazionali, vere o presunte che siano. Infatti, sebbene l’export sia destinato a calare nel 2016 e 2017 anche perché il cambio euro/USD dovrebbe attestarsi quest’anno a quota 1,16 e l’anno prossimo a 1,20, le esportazioni hanno un peso specifico ridotto sulla crescita europea: molto di più pesano i servizi (73,9% del totale del PIL).
Di conseguenza la crescita europea si fonda sui consumi interni e questi, finora, sembrano reggere. Se queste previsioni saranno confermate, gli esperti prevedono una crescita del PIL dell’1,6% nel 2016 e dell'1,7% nel 2017, dopo il 1,5% nel 2015. I professionisti finanziari, alla luce anche delle stime dell’Ocse sulla zona euro (ribassate da +1,8 a +1,4% per il 2016 e da +1,9 a +1,7% per il 2017) mantengono tuttavia la massima attenzione a tutti i segnali che l’economia reale fornirà nelle prossime settimane a cominciare da quelli relativi all’indice IFO sulla fiducia delle aziende in Germania la cui pubblicazione è prevista domani e l’indice di fiducia economica europea atteso venerdi prossimo.
“Riteniamo che quello europeo sia il mercato migliore alla luce di una ripresa congiunturale resiliente supportata dalle misure di stimolo della BCE, da consumi privati robusti e dalla debolezza dell’euro, che sostiene le esportazioni” fa sapere la Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset allocation in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity. Inoltre, i decisi interventi di sostegno della banca centrale si stanno trasferendo all’economia reale agevolando l’erogazione di prestiti bancari a famiglie e aziende. La massa monetaria in circolazione (M1) mostra una crescita su base annua dell’11% mentre, per quanto riguarda la domanda di finanziamenti, è particolarmente incoraggiante l’aumento della richiesta da parte delle aziende, che dovrebbe dare impulso agli investimenti.
Al contempo, ricorda la PSU, il basso prezzo del petrolio ha generato un potenziale incremento del potere di acquisto dei consumatori, che, almeno in parte, si è tradotto in una crescita delle vendite al dettaglio in tutta Europa: il mercato dell’auto, ad esempio, è salito del 17% nel 2015. Il contesto economico incoraggiante suggerisce un aumento degli utili aziendali del 10% nel 2016, superiore al 7% attualmente scontato dal mercato.
“Occorre anche tener presente che dal 2007 nell’Eurozona gli utili aziendali sono stati inferiori a quelli registrati dalle imprese statunitensi: da allora, infatti, negli Stati Uniti gli utili sono aumentati del 20%, mentre nell’Area Euro si è verificata una riduzione di portata analoga. In Europa, pertanto c’è molto spazio per una ripresa. Inoltre, le azioni dell’Eurozona presentano valutazioni interessanti e sono scambiate con un rapporto prezzo/utile (p/e) di 14,6 rispetto al 15,5 delle azioni globali” conclude la PSU.
Tuttavia, secondo alcuni esperti economici l’Europa mostra finora segnali di resilienza alle intemperie internazionali, vere o presunte che siano. Infatti, sebbene l’export sia destinato a calare nel 2016 e 2017 anche perché il cambio euro/USD dovrebbe attestarsi quest’anno a quota 1,16 e l’anno prossimo a 1,20, le esportazioni hanno un peso specifico ridotto sulla crescita europea: molto di più pesano i servizi (73,9% del totale del PIL).
Di conseguenza la crescita europea si fonda sui consumi interni e questi, finora, sembrano reggere. Se queste previsioni saranno confermate, gli esperti prevedono una crescita del PIL dell’1,6% nel 2016 e dell'1,7% nel 2017, dopo il 1,5% nel 2015. I professionisti finanziari, alla luce anche delle stime dell’Ocse sulla zona euro (ribassate da +1,8 a +1,4% per il 2016 e da +1,9 a +1,7% per il 2017) mantengono tuttavia la massima attenzione a tutti i segnali che l’economia reale fornirà nelle prossime settimane a cominciare da quelli relativi all’indice IFO sulla fiducia delle aziende in Germania la cui pubblicazione è prevista domani e l’indice di fiducia economica europea atteso venerdi prossimo.
“Riteniamo che quello europeo sia il mercato migliore alla luce di una ripresa congiunturale resiliente supportata dalle misure di stimolo della BCE, da consumi privati robusti e dalla debolezza dell’euro, che sostiene le esportazioni” fa sapere la Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset allocation in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity. Inoltre, i decisi interventi di sostegno della banca centrale si stanno trasferendo all’economia reale agevolando l’erogazione di prestiti bancari a famiglie e aziende. La massa monetaria in circolazione (M1) mostra una crescita su base annua dell’11% mentre, per quanto riguarda la domanda di finanziamenti, è particolarmente incoraggiante l’aumento della richiesta da parte delle aziende, che dovrebbe dare impulso agli investimenti.
Al contempo, ricorda la PSU, il basso prezzo del petrolio ha generato un potenziale incremento del potere di acquisto dei consumatori, che, almeno in parte, si è tradotto in una crescita delle vendite al dettaglio in tutta Europa: il mercato dell’auto, ad esempio, è salito del 17% nel 2015. Il contesto economico incoraggiante suggerisce un aumento degli utili aziendali del 10% nel 2016, superiore al 7% attualmente scontato dal mercato.
“Occorre anche tener presente che dal 2007 nell’Eurozona gli utili aziendali sono stati inferiori a quelli registrati dalle imprese statunitensi: da allora, infatti, negli Stati Uniti gli utili sono aumentati del 20%, mentre nell’Area Euro si è verificata una riduzione di portata analoga. In Europa, pertanto c’è molto spazio per una ripresa. Inoltre, le azioni dell’Eurozona presentano valutazioni interessanti e sono scambiate con un rapporto prezzo/utile (p/e) di 14,6 rispetto al 15,5 delle azioni globali” conclude la PSU.
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