Andrea Brasili
Brexit, tutte le implicazioni per la sterlina e i titoli UK
26 Febbraio 2016 09:31
fficile prevedere se Brexit (cioè l’uscita del Regno Unito dalla UE) si materializzerà, ma sembra chiaro che quell’evento rischia di procurare ingenti perdite alla comunità imprenditoriale del Regno Unito.
Ne sono convinti Andrea Brasili, Senior Economist, Gobal Asset Allocation Research di Pioneer Investments, e Cosimo Marasciulo, Head of European Government Bonds di Pioneer Investments, che hanno approfondito la questione partendo dalle ultime notizie: la revisione dell’accordo con l’Unione Europea appena ottenuto dal Primo Ministro britannico David Cameron al summit di Bruxelles della scorsa settimana, e la data fissata dallo stesso premier britannico per il referendum (23 giugno 2016).
È difficile prevedere l’esito della consultazione popolare, ma è chiaro che in passato il Regno Unito ha tratto grandi benefici dalla sua condizione particolare come membro dell’UE ma fuori dall’Unione Monetaria. Il vantaggio si riflette nella performance eccezionale dell’economia britannica rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Eurozona, che di fatto non hanno sfruttato appieno i benefici della moneta unica. Inoltre, la Gran Bretagna potrebbe beneficiare del futuro rafforzamento del quadro istituzionale nell’Eurozona. Al contrario, appare evidente che potrebbe perdere molto in caso di uscita dall’Unione, anche se è difficile quantificare i danni. Le imprese (e non solo nel settore finanziario) sono certamente a favore della permanenza nell’UE.
“Prevedere l’esito del referendum è difficile poiché i sondaggi riportano risultati contrastanti, inoltre non è ancora chiaro in che misura l’appoggio di Boris Johnson (il sindaco di Londra) alla campagna a favore della Brexit influenzerà l’opinione pubblica. In ogni caso, secondo noi la probabilità che il Regno Unito esca all’Unione Europea è leggermente inferiore a quanto previsto dagli ultimi sondaggi” sostengono i due manager che poi passano in rassegna le possibili implicazioni della Brexit per gli investimenti: “L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea potrebbe portare a un declassamento del rating sovrano e di riflesso anche delle società britanniche” sintetizzano Andrea Brasili e Cosimo Marasciulo secondo i quali potrebbero volerci due anni di negoziati per portare il paese fuori dall’UE e molti di più per rinegoziare gli accordi bilaterali con tutti i partner commerciali. Le decisioni di investimento resterebbero in sospeso, la sterlina probabilmente si svaluterebbe e gli investimenti esteri nel paese sarebbero a rischio.
“Questo senza tener conto di ciò che potrebbe accadere alla Scozia e alle società scozzesi (la Scozia potrebbe indire un altro referendum per lasciare il Regno Unito e restare nell’UE)” ricordano poi delineano le possibili implicazioni finanziarie: “Sui mercati del credito, prevediamo un moderato ampliamento degli spread, trainato principalmente dagli emittenti britannici ma anche dai paesi periferici (Italia e Spagna), quando si inizierà a valutare le possibili implicazioni di una rottura con l’UE. Gli spread delle banche britanniche si sono già ampliati rispetto ad altri istituti”.
Ne sono convinti Andrea Brasili, Senior Economist, Gobal Asset Allocation Research di Pioneer Investments, e Cosimo Marasciulo, Head of European Government Bonds di Pioneer Investments, che hanno approfondito la questione partendo dalle ultime notizie: la revisione dell’accordo con l’Unione Europea appena ottenuto dal Primo Ministro britannico David Cameron al summit di Bruxelles della scorsa settimana, e la data fissata dallo stesso premier britannico per il referendum (23 giugno 2016).
È difficile prevedere l’esito della consultazione popolare, ma è chiaro che in passato il Regno Unito ha tratto grandi benefici dalla sua condizione particolare come membro dell’UE ma fuori dall’Unione Monetaria. Il vantaggio si riflette nella performance eccezionale dell’economia britannica rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Eurozona, che di fatto non hanno sfruttato appieno i benefici della moneta unica. Inoltre, la Gran Bretagna potrebbe beneficiare del futuro rafforzamento del quadro istituzionale nell’Eurozona. Al contrario, appare evidente che potrebbe perdere molto in caso di uscita dall’Unione, anche se è difficile quantificare i danni. Le imprese (e non solo nel settore finanziario) sono certamente a favore della permanenza nell’UE.
“Prevedere l’esito del referendum è difficile poiché i sondaggi riportano risultati contrastanti, inoltre non è ancora chiaro in che misura l’appoggio di Boris Johnson (il sindaco di Londra) alla campagna a favore della Brexit influenzerà l’opinione pubblica. In ogni caso, secondo noi la probabilità che il Regno Unito esca all’Unione Europea è leggermente inferiore a quanto previsto dagli ultimi sondaggi” sostengono i due manager che poi passano in rassegna le possibili implicazioni della Brexit per gli investimenti: “L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea potrebbe portare a un declassamento del rating sovrano e di riflesso anche delle società britanniche” sintetizzano Andrea Brasili e Cosimo Marasciulo secondo i quali potrebbero volerci due anni di negoziati per portare il paese fuori dall’UE e molti di più per rinegoziare gli accordi bilaterali con tutti i partner commerciali. Le decisioni di investimento resterebbero in sospeso, la sterlina probabilmente si svaluterebbe e gli investimenti esteri nel paese sarebbero a rischio.
“Questo senza tener conto di ciò che potrebbe accadere alla Scozia e alle società scozzesi (la Scozia potrebbe indire un altro referendum per lasciare il Regno Unito e restare nell’UE)” ricordano poi delineano le possibili implicazioni finanziarie: “Sui mercati del credito, prevediamo un moderato ampliamento degli spread, trainato principalmente dagli emittenti britannici ma anche dai paesi periferici (Italia e Spagna), quando si inizierà a valutare le possibili implicazioni di una rottura con l’UE. Gli spread delle banche britanniche si sono già ampliati rispetto ad altri istituti”.
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