BCE
BCE, ora dovrebbe pensare a qualcosa fuori dagli schemi
10 Marzo 2016 09:13
prezzi del petrolio, timori per la crescita globale, e deterioramento delle aspettative sull’inflazione basate sull’andamento del mercato. Alla luce di questi tre fattori che hanno delineato un quadro favorevole a potenziali ulteriori allentamenti di politica monetaria, Keith Wade, Chief Economist & Strategist, Schroders, formula una riflessione originale alla vigilia del meeting della BCE: “Forse è arrivato il momento che le autorità di politica monetaria pensino a qualcosa fuori dagli schemi, se vogliono mantenere la propria credibilità”.
Per almeno tutto lo scorso decennio, il credo generale dei mercati è stato che, al di là della situazione, le Banche Centrali avrebbero aiutato a limitare le perdite negli asset rischiosi, tagliando i tassi di interesse o introducendo il QE (idea conosciuta anche come “opzione put”). Questa scuola di pensiero è stata messa in discussione nelle ultime settimane, in quanto le ulteriori azioni di politica monetaria possibili a disposizione degli Istituti centrali appaiono limitate, perlomeno se confrontate a quelle disponibili in passato.
È vero che il problema dell’inflazione non è un’esclusiva europea, dal momento che le attese sull’inflazione media a 6-10 anni stanno calando in tutti i mercati principali, ma è senz’altro vero che più a lungo il costo della vita resta basso, più si consolidano le basse aspettative di lungo periodo sull’andamento dell’inflazione. Anche le aspettative dei consumatori sull’indice dei prezzi al consumo si sono deteriorate negli ultimi anni. Le attese di medio-lungo periodo sull’inflazione hanno seguito un trend ribassista dal 2011 e i livelli attuali sono prossimi ai minimi storici (nonostante si mantengano ancora ben al di sopra del target di inflazione al 2%).
“Con l’inflazione, o l’assenza di essa, il meeting della Bce e le parole del presidente, Mario Draghi, saranno inevitabilmente un argomento chiave per gli investitori” conclude Keith Wade.
Per almeno tutto lo scorso decennio, il credo generale dei mercati è stato che, al di là della situazione, le Banche Centrali avrebbero aiutato a limitare le perdite negli asset rischiosi, tagliando i tassi di interesse o introducendo il QE (idea conosciuta anche come “opzione put”). Questa scuola di pensiero è stata messa in discussione nelle ultime settimane, in quanto le ulteriori azioni di politica monetaria possibili a disposizione degli Istituti centrali appaiono limitate, perlomeno se confrontate a quelle disponibili in passato.
È vero che il problema dell’inflazione non è un’esclusiva europea, dal momento che le attese sull’inflazione media a 6-10 anni stanno calando in tutti i mercati principali, ma è senz’altro vero che più a lungo il costo della vita resta basso, più si consolidano le basse aspettative di lungo periodo sull’andamento dell’inflazione. Anche le aspettative dei consumatori sull’indice dei prezzi al consumo si sono deteriorate negli ultimi anni. Le attese di medio-lungo periodo sull’inflazione hanno seguito un trend ribassista dal 2011 e i livelli attuali sono prossimi ai minimi storici (nonostante si mantengano ancora ben al di sopra del target di inflazione al 2%).
“Con l’inflazione, o l’assenza di essa, il meeting della Bce e le parole del presidente, Mario Draghi, saranno inevitabilmente un argomento chiave per gli investitori” conclude Keith Wade.