Goldman Sachs Asset Management
È partita la staffetta tra i titoli growth e quelli value
17 Marzo 2016 09:36
o diversi osservatori, le forti vendite di asset esposti al rischio a livello globale (azioni, titoli dei mercati emergenti, convertibili, high yield) nel corso delle prime sei settimane dell’anno, sono state determinate da una forte tendenza a ridurre l’esposizione al rischio (il cosiddetto de-risking), che ha indotto molti investitori istituzionali (fondi pensione, fondi sovrani, casse di previdenza, fondi assicurativi, gestioni patrimoniali, gestioni di private banking) e hedge fund a chiudere le posizioni corte (cioè che guadagnano dai ribassi) aperte di recente. Tale tendenza si è rivelata particolarmente marcata all’interno del mercato azionario statunitense e, analogamente, anche in quello giapponese.
Un trend che ha riaperto la questione di quale strategia di investimento azionaria sia preferibile per i prossimi 12 mesi tra quella growth e quella value. La prima, che è quella che ha beneficiato delle miglior performance negli ultimi tre anni, è basata sui titoli a più alta crescita, ma con dividendi meno generosi (o inesistenti), mentre la strategia value privilegia i titoli delle società con patrimoni più solidi, crescita lenta ma costante e distribuzione di cedole più alte ai soci. Nel 2015 gli investimenti orientati alla generazione di valore (value) hanno offerto rendimenti limitati, poiché gli investitori hanno favorito titoli caratterizzati da elevati livelli di crescita (growth): uno scenario che non dovrebbe tuttavia proseguire nel 2016.
“Se da un lato gli investimenti orientati alla generazione di valore continuano a sotto performare, una nuova tendenza che abbiamo visto emergere in queste prime settimane del 2016 è stata la chiusura di posizioni legate ai fattori growth” spiega Osman Ali, Gestore di Portafoglio del Team Quantitative Investment Strategies (QIS) di Goldman Sachs Asset Management. I cosiddetti titoli growth, ovvero i titoli di società caratterizzate da una forte crescita degli attivi, del fatturato e degli utili, sono stati infatti soggetti a forti vendite a partire da inizio trimestre, a livelli che non si registravano dal 2008. Tale inversione di tendenza ha riguardato tutte le regioni, compresi gli Stati Uniti, l’Europa, il Giappone e i mercati emergenti.
“Nel 2015 gli investitori hanno puntato sui titoli growth, in particolar modo sulle società tecnologiche come Facebook, Amazon, Netflix e Google. Tuttavia, gli investimenti ad elevata crescita possono essere percepiti come più rischiosi, poiché la sostenibilità di tale crescita è incerta. Inoltre, la popolarità di questi titoli spesso favorisce l’aumento dei multipli ai quali sono scambiati sui mercati, conducendo a correzioni più ampie nei periodi caratterizzati da una maggiore incertezza in relazione alle prospettive economiche generali, come in queste prime settimane del 2016” conclude Osman Ali.
Un trend che ha riaperto la questione di quale strategia di investimento azionaria sia preferibile per i prossimi 12 mesi tra quella growth e quella value. La prima, che è quella che ha beneficiato delle miglior performance negli ultimi tre anni, è basata sui titoli a più alta crescita, ma con dividendi meno generosi (o inesistenti), mentre la strategia value privilegia i titoli delle società con patrimoni più solidi, crescita lenta ma costante e distribuzione di cedole più alte ai soci. Nel 2015 gli investimenti orientati alla generazione di valore (value) hanno offerto rendimenti limitati, poiché gli investitori hanno favorito titoli caratterizzati da elevati livelli di crescita (growth): uno scenario che non dovrebbe tuttavia proseguire nel 2016.
“Se da un lato gli investimenti orientati alla generazione di valore continuano a sotto performare, una nuova tendenza che abbiamo visto emergere in queste prime settimane del 2016 è stata la chiusura di posizioni legate ai fattori growth” spiega Osman Ali, Gestore di Portafoglio del Team Quantitative Investment Strategies (QIS) di Goldman Sachs Asset Management. I cosiddetti titoli growth, ovvero i titoli di società caratterizzate da una forte crescita degli attivi, del fatturato e degli utili, sono stati infatti soggetti a forti vendite a partire da inizio trimestre, a livelli che non si registravano dal 2008. Tale inversione di tendenza ha riguardato tutte le regioni, compresi gli Stati Uniti, l’Europa, il Giappone e i mercati emergenti.
“Nel 2015 gli investitori hanno puntato sui titoli growth, in particolar modo sulle società tecnologiche come Facebook, Amazon, Netflix e Google. Tuttavia, gli investimenti ad elevata crescita possono essere percepiti come più rischiosi, poiché la sostenibilità di tale crescita è incerta. Inoltre, la popolarità di questi titoli spesso favorisce l’aumento dei multipli ai quali sono scambiati sui mercati, conducendo a correzioni più ampie nei periodi caratterizzati da una maggiore incertezza in relazione alle prospettive economiche generali, come in queste prime settimane del 2016” conclude Osman Ali.
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