Asia

Azionario Asia, con il dollaro stabile le occasioni non mancheranno

11 Aprile 2016 10:54

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trong>Christopher Chu, Fund manager azionario Asia, Union Bancaire Privée (UBP) il principale rischio è rappresentato da una volatilità del dollaro americano causata da problematiche politiche, oltre che un ulteriore ribasso della crescita globale. “I timori legati a uno scenario di Brexit, a crisi migratorie, o a una retorica populistica nella campagna elettorale per le presidenziali americane potrebbero spingere gli investitori a ritornare sul dollaro, in un contesto di accresciuta volatilità” spiega il manager secondo il quale i policy maker asiatici dovrebbero comunque continuare ad attuare le politiche necessarie a rafforzare le rispettive economie.

“Con i commenti di Janet Yellen che ora coincidono con le attese di mercato, e le politiche espansive garantite dalla Bce e dalla Bank of Japan, il contesto di breve periodo resta positivo in termini di appetito per il rischio, in particolare per l’azionario asiatico. Tuttavia, permangono alcune difficoltà. Sebbene una ripresa del mercato del lavoro negli Stati Uniti riduca ulteriormente il rischio di recessione globale, ci sono pochi segnali di una rinnovata accelerazione nell’economia mondiale, visti i dati deboli relativi al commercio” sostiene Christopher Chu che intravede un possibile bilanciamento, all’interno dell’azionario asiatico, tra la persistente forza delle economie guidate dal mercato interno e la debolezza estera. L’aumento del commercio intra-regionale nell’area dell’ASEAN supporta i Paesi parte del blocco, dove fin qui è risultata evidente una ripresa della spesa pubblica in Indonesia, Tailandia e nelle Filippine. Tale ripresa dovrebbe produrre un effetto “folla” negli investimenti privati, generando crescita. L’economia indiana continua a espandersi senza il supporto della volontà politica, che dovrebbe però iniziare a giocare un ruolo più importante durante l’anno, con il primo ministro Modi che punta a ristabilire la credibilità del partito.

“Per quanto riguarda invece la Cina, i settori dei servizi a maggior valore sono candidati a sostenere la crescita che dovrebbe risultare in linea con l’obiettivo del Governo, ovvero tra il 6,5% e il 7%. La politica economica si muoverà lungo l’asse degli obiettivi di creazione di posti di lavoro, suggerendo che una crescita vicina alla parte bassa dell’intervallo andrebbe comunque bene. Le riforme dal lato dell’offerta sono partite: ciò dovrebbe dare una risposta ai problemi di sovraccapacità produttiva, che stanno sostenendo le pressioni deflative che da ben 48 mesi pesano sull’economia” conclude Christopher Chu.

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