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Idee di investimento – Azioni – 26 aprile 2016

26 Aprile 2016 09:23

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ong>robo advisor sono gli strumenti preferiti dalla cosiddetta «Generazione D», giovani e giovani-adulti caratterizzati dalla propensione e dimestichezza con le tecnologie digitali. Negli Stati Uniti i sistemi di advisory digitale hanno intercettato lo 0,5% del risparmio, un dato destinato a salire al 6% del 2020. Quindi addio al consulente finanziario? “Meglio evitare conclusioni affrettate” tiene a precisare nell’articolo “Fintech, l’occasione per ripensare al ruolo della consulenza finanziaria”, Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR, ricordando che molte esperienze del passato, pur mettendo in evidenza l’importanza di una efficiente infrastruttura tecnologica, dimostrano che alla base di scelte sbagliate figura spesso il comportamento dei singoli risparmiatori, in particolare coloro che agiscono senza l’intermediazione di figure professionali. I gestori dei fondi, al contrario, cercano di non partecipare alla confusione generale, quando si concentrano ordini di vendita, e, semmai, cercano di interpretare il ruolo di controparti in acquisto: i fondi infatti svolgono un ruolo di stabilizzatori del mercato senza perdere di vista l’obiettivo del rendimento che consiste nel cercare di comperare a prezzi stracciati per poi rivendere ad adeguati livelli di prezzo.

Un approccio che è alla base della gestione attiva. A questo proposito è interessante ciò che rivela una ricerca condotta da Invesco sull’andamento di circa 3.000 fondi comuni azionari negli ultimi 20 anni, da cui emerge che, negli ultimi cinque cicli di mercato, oltre il 60% dei fondi ad elevata componente attiva ha registrato performance superiori ai rispettivi benchmark. “ll valore della gestione attiva è spesso messo in discussione. Gli investitori si chiedono se i gestori siano effettivamente in grado di creare valore e se non sia saggio abbandonare le strategie attive per quelle passive. I dati ci dicono che non si può mai procedere per generalizzazioni e che per scegliere bene i prodotti in cui investire è indispensabile poter comprendere in modo approfondito come funziona il mercato dei fondi comuni di investimento” spiega, nell’articolo “Il valore della gestione attiva, il 60% dei fondi batte il benchmark”, Giuliano D’Acunti, Direttore commerciale Invesco per l’Italia.

Un aiuto ai risparmiatori, quello fornito dalla gestione attiva, utile anche nell’attuale scenario dei tassi di interesse a zero (e, in molti casi, addirittura in territorio negativo). “Ci aspettiamo rendimenti negativi per i prossimi cinque anni per i titoli del Tesoro a lunga scadenza e obbligazioni della zona euro. Tali attività restano importanti diversificatori del portafoglio, ma il prezzo di tale diversificazione è in aumento” commenta nell’articolo “Portafoglio, occorre accettare più volatilità e il rischio di illiquidità” Richard Turnill, BlackRock’s Global Chief Investment Strategist che, in questo contesto, intravede un divario più ampio tra i potenziali rendimenti dei cosiddetti porti sicuri (come per esempio titoli di stato di USA e Germania e oro) e quelli delle attività più a rischio: una divergenza che si riflette nei rendimenti attesi più elevati per quanto riguarda i titoli azionari rispetto a quelli obbligazionari. “Le nostre stime relative all’azionario globale internazionale si attestano ora al di sopra della media a lungo termine, grazie a valutazioni migliorate al di fuori degli Stati Uniti” puntualizza infatti lo strategist per il quale gli investimenti alternativi, pur caratterizzati da una maggiore volatilità e illiquidità, dovrebbero comunque essere in grado di offrire benefici di diversificazione di portafoglio. Come dire, concludendo, che puntare a rendimenti più elevati nel lungo periodo comporta l’accettazione di più volatilità e il rischio di illiquidità, oppure obbliga a concentrarsi su attività a più alto potenziale di rendimento a discapito della diversificazione di portafoglio.

Diversificazione che può essere attuata anche tramite il ricorso ad investimenti in megatrend come quello, per esempio, delle fonti rinnovabili di energia. “Ad oggi, non vi è evidenza del link tra indebolimento del prezzo delle materie prime e impatto negativo sull’installazione di impianti per le energie rinnovabili, nonostante siano ormai circa 18 mesi che il prezzo del petrolio continua a calare” fa sapere nell’articolo “Rinnovabili, perché restano un megatend nonostante il mini-petrolio”, Roberto Cominotto, gestore del fondo [tooltip-fondi codice_isin="LU0363641738"]Julius Baer Multistock – Energy Fund[/tooltip-fondi] di GAM che poi aggiunge: “Gli investitori del settore hanno un orizzonte temporale che guarda ai prezzi dell’energia nel corso dei successivi 20-30 anni: ciò significa che le fluttuazioni del prezzo dell’energia nel breve termine sono irrilevanti. Le fonti di energia rinnovabili stanno assumendo una maggiore importanza, guidate in maniera marcata dalla domanda proveniente da Cina, Stati Uniti, India e altri mercati Emergenti. L’anno scorso le nuove installazioni solari sono aumentate del 25% e ci aspettiamo un’ulteriore crescita del 20% durante il 2016”.

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