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Cina, perché quest’anno la crescita sarà inferiore al 6,5%

11 Maggio 2016 09:37

financialounge -  cina leva finanziaria Luke Spajic mercati azionari non performing loan PIMCO settore immobiliare
de economiche della Cina non sono mai state tanto pressanti come in questi ultimi due anni. E che rappresentino un banco di prova di estrema importanza lo dimostra l’apprensione con la quale ogni dato economico proveniente da Pechino (per quanto ritenuto non troppo attendibile) viene vissuto dai mercati finanziari e dagli investitori di tutto il mondo.

Il passaggio, voluto dal governo di Pechino, da un’economia basata prevalentemente sulle esportazioni e sulla lavorazione a basso valore aggiunto ad un’economia che faccia leva sul mercato e sui consumi interni e su manifatture a più elevato valore richiede infatti tempo per l’implementazione di riforme strutturali. In tutti i casi, i mercati, dopo un inizio d’anno turbolento in cui si erano rincorse le voci circa un brusco rallentamento cinese, sembrano ora essersi stabilizzati confidando che le autorità cinesi abbiano il controllo della situazione e siano in condizioni di rispettare il target di crescita annunciato per quest’anno (+6,5%). Ma sono in molti a ritenere che l’asticella sia stata fissata troppo in alto.

Le previsioni di PIMCO relative al tasso di crescita ufficiale della Cina, per esempio, si collocano nella forchetta compresa tra il 5,5% e il 6,5%, e quindi al di sotto del target del 6,5% del governo di Pechino. Lo rileva, in un suo commento Luke Spajic, Executive Vice President di PIMCO, che segnala a tale proposito i quattro principali ostacoli sulla strada della ripresa cinese: la leva finanziaria, le sofferenze bancarie, il mercato immobiliare e il mercato azionario. Scopriamo insieme ognuno di questi impedimenti.

Dal 2007, l'economia cinese ha aggiunto più di 21 mila miliardi di dollari di debito, ovvero più di un terzo del debito del mondo. Tuttavia, la quantità di crescita che ogni nuovo dollaro di debito è in grado di generare risulta in calo: in pratica, se il PIL nominale si espande nell’intorno dell'obiettivo 2016 del governo, la Cina avrà bisogno di aggiungere un minimo del 15% del debito rispetto al PIL. In tal mondo la leva finanziaria continuerà a salire ma la capacità di generare nuova crescita sarà in diminuzione. Per quanto riguarda invece gli NPL (non performing loans, cioè i crediti per i quali la riscossione è incerta) in Cina, potrebbero toccare un picco del 6% circa: in uno scenario più stressato, sarebbe necessaria una ricapitalizzazione del sistema bancario, sebbene questo sia ritenuto un rischio a lungo termine, e non certo per quest’anno.

“Dei quattro ostacoli sul percorso di crescita della Cina, il mercato immobiliare forse è quello che genera la più ampia preoccupazione, ma ritengo che sia il mercato azionario il più difficile da controllare” sottolinea Luke Spajic secondo il quale, sebbene la Cina disponga ancora di opzioni politiche per stimolare la crescita (dal taglio dei tassi di interesse e dei requisiti di riserva alle opzioni di politica fiscale), il paese si trova ad affrontare un «trilemma», in quanto si sta rivelando impossibile raggiungere tre obiettivi contemporaneamente: un tasso di cambio stabile o fisso, un movimento libero dei capitali e una politica monetaria indipendente.

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