Amundi
Valute, perché puntare sullo yen e restare prudenti sulla sterlina
20 Maggio 2016 10:07
ultimi anni le strategie valutarie hanno assunto un ruolo sempre più importante nei portafogli alla luce del drastico calo dei rendimenti obbligazionari e del ridimensionamento di quelli dei mercati azionari.
Infatti, per esempio, se negli ultimi 10 anni il rendimento medio dei titoli di stato della zona euro si attestava intorno ai 3 punti percentuali oggi circa un terzo dei governativi euro è addirittura in territorio negativo. Lo stesso vale per il mercato azionario: aspirare oggi a un rendimento complessivo del 7% all’anno (frutto sia del capital gain che dei dividendi) rappresenta un obiettivo che potrebbe definirsi già piuttosto ambizioso mentre nei decenni scorsi un rendimento azionario a due cifre poteva essere piuttosto realistico.
Ne consegue che le variazioni valutarie possono influire in modo significativo sul rendimento in titoli esteri arrivando persino a determinare il successo o l’insuccesso dell’investimento. In quest’ottica, le previsioni sui cambi valutari sono molto seguite.
Amundi, per esempio, per i prossimi mesi prevede una stabilità relativa dell’euro mentre ritiene che il dollaro americano, sempre nei prossimi mesi, si muoverà all’interno di un trading range, alle prese tra la (lenta) ripresa del prezzo del petrolio e il ciclo di rialzo del prezzo del denaro da parte della Federal Reserve.
Diverso il discorso per lo yen giapponese e per la sterlina. L’intenzione della Cina di limitare la forza del renminbi e la volatilità sui mercati finanziari, depongono a favore di una posizione lunga (rialzista) sullo yen: secondo Amundi, la Bank of Japan (BoJ) interverrà solo nel caso di un apprezzamento eccessivo della sua valuta. Passando alla sterlina, invece, i timori sulla Brexit stanno frenando in parte l’economia britannica, e ciò ha causato un calo della divisa inglese. Amundi rimane neutrale a breve termine sulla valuta inglese pur sapendo che essa soffrirà se al referendum vinceranno i sostenitori della Brexit.
Infatti, per esempio, se negli ultimi 10 anni il rendimento medio dei titoli di stato della zona euro si attestava intorno ai 3 punti percentuali oggi circa un terzo dei governativi euro è addirittura in territorio negativo. Lo stesso vale per il mercato azionario: aspirare oggi a un rendimento complessivo del 7% all’anno (frutto sia del capital gain che dei dividendi) rappresenta un obiettivo che potrebbe definirsi già piuttosto ambizioso mentre nei decenni scorsi un rendimento azionario a due cifre poteva essere piuttosto realistico.
Ne consegue che le variazioni valutarie possono influire in modo significativo sul rendimento in titoli esteri arrivando persino a determinare il successo o l’insuccesso dell’investimento. In quest’ottica, le previsioni sui cambi valutari sono molto seguite.
Amundi, per esempio, per i prossimi mesi prevede una stabilità relativa dell’euro mentre ritiene che il dollaro americano, sempre nei prossimi mesi, si muoverà all’interno di un trading range, alle prese tra la (lenta) ripresa del prezzo del petrolio e il ciclo di rialzo del prezzo del denaro da parte della Federal Reserve.
Diverso il discorso per lo yen giapponese e per la sterlina. L’intenzione della Cina di limitare la forza del renminbi e la volatilità sui mercati finanziari, depongono a favore di una posizione lunga (rialzista) sullo yen: secondo Amundi, la Bank of Japan (BoJ) interverrà solo nel caso di un apprezzamento eccessivo della sua valuta. Passando alla sterlina, invece, i timori sulla Brexit stanno frenando in parte l’economia britannica, e ciò ha causato un calo della divisa inglese. Amundi rimane neutrale a breve termine sulla valuta inglese pur sapendo che essa soffrirà se al referendum vinceranno i sostenitori della Brexit.
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