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Tassi negativi: dopo il Bund tocca al T-bond?
16 Giugno 2016 09:05
a rende ancora un appetibile (di questi tempi) 1,6%, ma potrebbe andare a raggiungere i suoi equivalenti giapponese e tedesco, anche senza bisogno di un segno meno davanti. Parliamo del T-bond, il titolo di Stato per eccellenza emesso dal Tesoro americano. L’equivalente di Tokyo è già sottozero, con un rendimento negativo dello 0,17 per cento, e il germanico Bund proprio questa settimana ha sfondato la storica soglia.
L’idea che anche il T-bond potrebbe finire in territorio negativo l’ha raccontata Dennis Davitt, partner di Harvest Volatility Management e noto veterano sul mercato delle opzioni all’americana CNBC. Secondo Davitt i tassi sono guidati da due driver, oltre al rallentamento economico globale: le politiche di stimolo delle banche centrali e l’azione dei regolatori. Il fatto che le banche in Europa e in USA siano costrette a detenere un certo ammontare di asset costituiti da debito sovrano vuol dire che sono in qualche modo costrette a comprarlo, e questo spinge gli interessi al ribasso, perchè sul mercato c’è sempre un compratore, argomenta Davitt.
Questo implica anche una correlazione tra i rendimenti dei diversi titoli del debito in giro per il globo, anche se resta una grande differenza tra le economie di Giappone e Germania, da una parte, e quella americana dall’altra: le prime in deflazione e la seconda con prezzi al consumo che viaggiano sopra l’un per cento. Da sempre un titolo di Stato a lunga scadenza riconosce all'investitore un premio di compensazione per l'inflazione. Ovviamente se questa ha davanti il segno meno anche il rendimento segue. Ma in termini reali appunto i rendimenti USA non pagano sulle scadenze più brevi ormai alcun premio di compensazione per l’inflazione, e si può dire che i tassi reali in America diventano negativi ben prima di superare la linea dello zero.
Per ora il discorso riguarda i tassi dei Fed Fund, che viaggiano a 0,25-0,50%, ben oltre mezzo punto sotto l’inflazione e quindi già in area negativa. Ma con il rendimento del T-bond a 10 anni che continua a cadere a precipizio il discorso potrebbe riguardare presto anche le scadenze lunghe.
L’idea che anche il T-bond potrebbe finire in territorio negativo l’ha raccontata Dennis Davitt, partner di Harvest Volatility Management e noto veterano sul mercato delle opzioni all’americana CNBC. Secondo Davitt i tassi sono guidati da due driver, oltre al rallentamento economico globale: le politiche di stimolo delle banche centrali e l’azione dei regolatori. Il fatto che le banche in Europa e in USA siano costrette a detenere un certo ammontare di asset costituiti da debito sovrano vuol dire che sono in qualche modo costrette a comprarlo, e questo spinge gli interessi al ribasso, perchè sul mercato c’è sempre un compratore, argomenta Davitt.
Questo implica anche una correlazione tra i rendimenti dei diversi titoli del debito in giro per il globo, anche se resta una grande differenza tra le economie di Giappone e Germania, da una parte, e quella americana dall’altra: le prime in deflazione e la seconda con prezzi al consumo che viaggiano sopra l’un per cento. Da sempre un titolo di Stato a lunga scadenza riconosce all'investitore un premio di compensazione per l'inflazione. Ovviamente se questa ha davanti il segno meno anche il rendimento segue. Ma in termini reali appunto i rendimenti USA non pagano sulle scadenze più brevi ormai alcun premio di compensazione per l’inflazione, e si può dire che i tassi reali in America diventano negativi ben prima di superare la linea dello zero.
Per ora il discorso riguarda i tassi dei Fed Fund, che viaggiano a 0,25-0,50%, ben oltre mezzo punto sotto l’inflazione e quindi già in area negativa. Ma con il rendimento del T-bond a 10 anni che continua a cadere a precipizio il discorso potrebbe riguardare presto anche le scadenze lunghe.
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