donald Trump
Il confine tra mercati rialzisti e ribassisti è sottile
22 Giugno 2016 09:23
contesto caratterizzato da livelli contenuti a 360 gradi, ovvero contraddistinto da una crescita lenta, una modesta inflazione, tassi d’interesse e rendimenti ai minimi storici, il confine tra crescita e recessione, inflazione e deflazione, mercati rialzisti e ribassisti è sottile. D’altra parte è sufficiente constatare quale sia lo stato attuale delle economie delle tre principali aree mondiali per rendersi conto della precarietà del tutto.
La crescita degli Stati Uniti è di fatto sostenuta ora soltanto dai consumi privati mentre in Europa, pur registrando un graduale (sebbene ancora limitato) miglioramento, restano sullo fondo tutti i problemi politici. Infine, ma non certo per importanza, in Cina l’economia è tornata in carreggiata, ma nessuna delle sfide che l’attendono (crescita tendente al rallentamento, eccesso di capacità, alti livelli di indebitamento, transizione da una crescita trainata dagli investimenti a una alimentata dai consumi) è stata ancora affrontata: ne consegue che l’economia di Pechino continua a costituire un rischio chiave che potrebbe riacutizzarsi in ogni momento con tutte le conseguenze del caso (basti ricordarsi cosa accade nell’estate dello scorso anno).
È del tutto evidente come, in questo difficile equilibrio, sia sufficiente anche una notizia di portata internazionale (un sondaggio sul referendum Brexit, un nuovo dato sulla deflazione nella zona euro, nuovi aggiornamenti sulle riserve valutarie dei paesi emergenti, etc.) a far scattare al rialzo o al ribasso gli indici di mercato. In ogni caso, come ha fatto notare Yves Longchamp, CFA Head of Research ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG, negli ultimi due mesi si sono delineati quattro importanti sviluppi.
“In primo luogo, il prezzo del petrolio si è portato a quota 50 USD al barile, un livello simbolico ritenuto da molti il prezzo di pareggio nel settore dello shale oil statunitense, considerato come il produttore marginale” espone lo strategist che poi passa al secondo sviluppo: i verbali della riunione di aprile del FOMC (Federal Open Market Committee, l’organismo della Federal Reserve responsabile delle operazioni sui tassi di interesse degli Stati Uniti). “Pubblicati il 18 maggio, i verbali che sono risultati in linea con il nostro scenario che prevede per quest’anno due rialzi dei tassi, avevano introdotto nuovamente la possibilità di un aumento dei tassi a giugno” fa sapere Yves Longchamp.
Il terzo sviluppo riguarda l’accordo tra la Grecia e i suoi creditori. Benché sia risaputo che la situazione in Grecia non è sostanzialmente cambiata, il governo ellenico è insolvente ma non più illiquido, perché ha appena ricevuto un altro finanziamento di oltre 10 miliardi di euro per rimborsare la BCE e l’FMI e per soddisfare i suoi bisogni di liquidità sino a fine anno. “Infine, Donald Trump ha raggiunto il quorum di delegati necessari per aggiudicarsi la nomination repubblicana, risultato che, fino a poco tempo fa, praticamente nessuno si aspettava” precisa Yves Longchamp che poi conclude spiegando perché negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa, stanno prendendo piede movimenti populisti che sono espressione di malessere e assenza di visione nel mondo occidentale.
“Le cause dello scontento sono spesso ricondotte alla globalizzazione e ad alla disparità nella distribuzione della ricchezza. Se i governi attuassero politiche maggiormente orientate al mercato interno e una ridistribuzione della ricchezza, la capacità di generazione di utili delle imprese potrebbe essere a rischio. D’altra parte, una più equa distribuzione dei benefici economici potrebbe dare slancio ai consumi e alimentare la crescita nei prossimi anni. Seguiremo con attenzione le elezioni europee e statunitensi giacché il nuovo panorama politico ci fornirà indicazioni sugli sviluppi che potrebbero influenzare il nuovo decennio” argomenta Yves Longchamp.
La crescita degli Stati Uniti è di fatto sostenuta ora soltanto dai consumi privati mentre in Europa, pur registrando un graduale (sebbene ancora limitato) miglioramento, restano sullo fondo tutti i problemi politici. Infine, ma non certo per importanza, in Cina l’economia è tornata in carreggiata, ma nessuna delle sfide che l’attendono (crescita tendente al rallentamento, eccesso di capacità, alti livelli di indebitamento, transizione da una crescita trainata dagli investimenti a una alimentata dai consumi) è stata ancora affrontata: ne consegue che l’economia di Pechino continua a costituire un rischio chiave che potrebbe riacutizzarsi in ogni momento con tutte le conseguenze del caso (basti ricordarsi cosa accade nell’estate dello scorso anno).
È del tutto evidente come, in questo difficile equilibrio, sia sufficiente anche una notizia di portata internazionale (un sondaggio sul referendum Brexit, un nuovo dato sulla deflazione nella zona euro, nuovi aggiornamenti sulle riserve valutarie dei paesi emergenti, etc.) a far scattare al rialzo o al ribasso gli indici di mercato. In ogni caso, come ha fatto notare Yves Longchamp, CFA Head of Research ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG, negli ultimi due mesi si sono delineati quattro importanti sviluppi.
“In primo luogo, il prezzo del petrolio si è portato a quota 50 USD al barile, un livello simbolico ritenuto da molti il prezzo di pareggio nel settore dello shale oil statunitense, considerato come il produttore marginale” espone lo strategist che poi passa al secondo sviluppo: i verbali della riunione di aprile del FOMC (Federal Open Market Committee, l’organismo della Federal Reserve responsabile delle operazioni sui tassi di interesse degli Stati Uniti). “Pubblicati il 18 maggio, i verbali che sono risultati in linea con il nostro scenario che prevede per quest’anno due rialzi dei tassi, avevano introdotto nuovamente la possibilità di un aumento dei tassi a giugno” fa sapere Yves Longchamp.
Il terzo sviluppo riguarda l’accordo tra la Grecia e i suoi creditori. Benché sia risaputo che la situazione in Grecia non è sostanzialmente cambiata, il governo ellenico è insolvente ma non più illiquido, perché ha appena ricevuto un altro finanziamento di oltre 10 miliardi di euro per rimborsare la BCE e l’FMI e per soddisfare i suoi bisogni di liquidità sino a fine anno. “Infine, Donald Trump ha raggiunto il quorum di delegati necessari per aggiudicarsi la nomination repubblicana, risultato che, fino a poco tempo fa, praticamente nessuno si aspettava” precisa Yves Longchamp che poi conclude spiegando perché negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa, stanno prendendo piede movimenti populisti che sono espressione di malessere e assenza di visione nel mondo occidentale.
“Le cause dello scontento sono spesso ricondotte alla globalizzazione e ad alla disparità nella distribuzione della ricchezza. Se i governi attuassero politiche maggiormente orientate al mercato interno e una ridistribuzione della ricchezza, la capacità di generazione di utili delle imprese potrebbe essere a rischio. D’altra parte, una più equa distribuzione dei benefici economici potrebbe dare slancio ai consumi e alimentare la crescita nei prossimi anni. Seguiremo con attenzione le elezioni europee e statunitensi giacché il nuovo panorama politico ci fornirà indicazioni sugli sviluppi che potrebbero influenzare il nuovo decennio” argomenta Yves Longchamp.
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