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Millennial italiani, ecco le scelte di portafoglio e le richieste ai gestori

30 Giugno 2016 09:38

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ong>millennial sono i nati tra il 1980 e il 2000 e si stima che oggi siano 2,5 miliardi, un terzo della popolazione mondiale. Un esercito sempre più imponente che rappresenta la nuova generazione di investitori. Un segmento di risparmiatori sempre più studiato, anche nel nostro paese. A questo proposito sono piuttosto interessanti i dati emersi da un’appendice italiana della Global Investment Survey che Legg Mason ha condotto interrogando i Millennial sulle mosse in portafoglio e le ambizioni in ambito finanziario.

Tra le principali evidenze dell’indagine, spiccano la richiesta di gestioni flessibili, e un aumento degli investimenti alternativi e della liquidità. Con una predilezione per le soluzioni a capitale garantito, per quelle in grado di proteggere dall’inflazione e per le strategie svincolate da benchmark e con approcci caratterizzati da una decorrelazione rispetto ai mercati. D’altra parte, come hanno avuto modo di indicare tra le loro priorità, i millennial ritengono che la semplice diversificazione non sia più sufficiente ma deve essere accompagnata anche da una maggiore decorrelazione.

“Il mercato è cambiato, di conseguenza le soluzioni di investimento devono adeguarsi e rinnovarsi” dichiara Marco Negri, Country head per l’Italia di Legg Mason Global Asset Management, che poi aggiunge: “L’indagine evidenzia una preferenza degli investitori italiani per le strategie flessibili e slegate da benchmark; è positivo rilevare come gli investitori italiani non si accontentino più della sola diversificazione ma ricerchino una maggiore decorrelazione all’interno del proprio portafoglio di investimenti”.

Entrando più nel dettaglio dell’indagine, la maggior parte dei millennial (32%) ricerca soluzioni flessibili, mentre il 25% ha incrementato la liquidità e il 23% ha aumentato la componente di investimenti alternativi. Il 22% di loro dichiara di aver investito nei settori più rischiosi (ma anche più redditizi), il 18% ha cercato misure maggiormente flessibili e unconstrained (svincolate cioè da benchmark e da precisi parametri di riferimento di mercato), stessa percentuale di chi ha ridotto la quota di obbligazioni a favore delle azioni, mentre il 17% ha attuato una maggiore diversificazione tra bond del debito sovrano e corporate. 

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