fiducia imprese
Innovazione aziendale, in Italia ritorno al passato
26 Luglio 2016 09:29
yle="color: #4b72ab;">La Fiducia sugli investimenti in innovazione tecnologica in Italia a luglio ritorna ai valori di 12 mesi fa: l’incertezza domina le decisioni delle imprese.
L’indice di Fiducia sugli investimenti in innovazione tecnologica (Ifiit), accreditato presso il Ministero dello sviluppo economico e l’Agenzia dell’Innovazione torna a luglio al livello della scorsa estate: si tratta di un arretramento che, di fatto, azzera il progresso che era stato fatto negli ultimi 12 mesi.
A incidere sull’atteggiamento delle imprese concorrono diversi fattori che contribuiscono a disincentivare la propensione agli investimenti in innovazione tecnologica, non ultima anche la vittoria della Brexit che ha ulteriormente aumentato il clima di incertezza sul futuro dell’economia europea e globale. Un contesto nel quale prendono forma con crescente spessore o la propensione a cedere l’attività o a accettare processi di fusione e integrazione: un fenomeno incentivato dal fatto che le operazioni di M&A (fusione e acquisizione) evidenziano premi tra il 30% e il 50% rispetto alle correnti valutazioni di mercato.
Sulle piccole e medie imprese, in particolare, pesano le complessità geopolitiche internazionali, la criticità della politica interna, il perdurare della crisi, e le difficoltà di reperimento del credito. Tra i settori che preservano un atteggiamento attivo nella propensione ad investire figurano le grandi aziende farmaceutiche internazionalizzate e i segmenti più esposti alla necessità e allo sviluppo di progetti innovativi (biotecnologie, trasporti, energia e avionica).
Propensione all’innovazione tecnologica nella media, invece, per i settori meccanica, tessile-abbigliamento, alimentare, legno-arredo e chimica (sia ambientale che di trasformazione): meno propensi ad investimenti in tecnologie innovative, infine, i settori commercio al dettaglio, ed edilizia.
L’indice di Fiducia sugli investimenti in innovazione tecnologica (Ifiit), accreditato presso il Ministero dello sviluppo economico e l’Agenzia dell’Innovazione torna a luglio al livello della scorsa estate: si tratta di un arretramento che, di fatto, azzera il progresso che era stato fatto negli ultimi 12 mesi.
A incidere sull’atteggiamento delle imprese concorrono diversi fattori che contribuiscono a disincentivare la propensione agli investimenti in innovazione tecnologica, non ultima anche la vittoria della Brexit che ha ulteriormente aumentato il clima di incertezza sul futuro dell’economia europea e globale. Un contesto nel quale prendono forma con crescente spessore o la propensione a cedere l’attività o a accettare processi di fusione e integrazione: un fenomeno incentivato dal fatto che le operazioni di M&A (fusione e acquisizione) evidenziano premi tra il 30% e il 50% rispetto alle correnti valutazioni di mercato.
Sulle piccole e medie imprese, in particolare, pesano le complessità geopolitiche internazionali, la criticità della politica interna, il perdurare della crisi, e le difficoltà di reperimento del credito. Tra i settori che preservano un atteggiamento attivo nella propensione ad investire figurano le grandi aziende farmaceutiche internazionalizzate e i segmenti più esposti alla necessità e allo sviluppo di progetti innovativi (biotecnologie, trasporti, energia e avionica).
Propensione all’innovazione tecnologica nella media, invece, per i settori meccanica, tessile-abbigliamento, alimentare, legno-arredo e chimica (sia ambientale che di trasformazione): meno propensi ad investimenti in tecnologie innovative, infine, i settori commercio al dettaglio, ed edilizia.
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