Julius Baer Multistock – Energy Fund

Petrolio, entro 15 anni rischio di una nuova crisi

Il crollo del prezzo del petrolio ha provocato una riduzione degli investimenti in nuovi giacimenti che potrebbe generare una nuova crisi petrolifera entro il 2030.

5 Agosto 2016 09:36

financialounge -  Julius Baer Multistock – Energy Fund petrolio Roberto Cominotto
Mentre il prezzo del petrolio, dopo aver faticosamente riguadagnato in modo stabile quota 50 dollari al barile sta perdendo di nuovo quota, cominciano a moltiplicarsi le conferme sui primi effetti del drastico taglio degli investimenti nelle esplorazioni.
L’ultima, appena pubblicata, rivela che nelle esplorazioni fuori dai confini degli Stati Uniti nel 2015 sono stati scoperti non più di 2,8 miliardi di barili di petrolio, il livello più basso dal 1952.
Se invece si guarda alle scoperte sul territorio americano, le cose non vanno molto meglio: le riserve trovate negli Usa nel 2015 (peraltro quasi tutte di origine shale oil) sono ammontate a 12,1 miliari di greggio, ma rappresentano comunque l’ammontare più contenuto dal 1953.

Gli analisti di Ihs Energy fanno notare come tale tendenza sia ormai in atto da alcuni anni e che, per la precisione, il calo dei volumi scoperti per quattro anni consecutivi non si era mai visto in precedenza.
D’altra parte non poteva che essere così, dal momento che nel 2015 le compagnie energetiche hanno investito in esplorazioni 95 miliardi di dollari contro i 168 miliardi del 2013 (cioè il 43,4% in meno in soli due anni). Non solo.
Non c’è alcuna evidenza che tale trend possa cambiare dal momento che, sebbene il prezzo del petrolio si stia stabilizzando tra i 42 e i 50 dollari al barile (dopo essere precipitato a gennaio a 26 dollari), le quotazioni attuali vengono ritenute ancora non attraenti per i nuovi investimenti soprattutto quelli di tipo off – shore (sia con piattaforme per cercare risorse a 450 metri di profondità marina o addirittura a 1.500 metri sotto il livello del mare).
Alcuni osservatori ricordano però che è in atto una trasformazione nella domanda di energia a livello mondiale più attenta al rispetto dell’ambiente e con l’obiettivo di contenere il riscaldamento del pianeta entro i due gradi centigradi.

Ebbene, secondo alcuni calcoli, se tale obiettivo fosse pienamente rispettato i consumi di petrolio scenderebbero entro il 2030 dagli attuali 92 mbg (milioni di barili al giorno) agli 86 milioni, ma gli attuali giacimenti in produzione e quelli in via di attivazione sarebbero in grado di soddisfare una produzione di soli 54 mbg.
Nel frattempo, sembra probabile che la quota di produzione convenzionale sia destinata a diminuire nel 2017, soprattutto per la contrazione del numero di impianti di trivellazione in funzione.

“Le principali società petrolifere, i produttori indipendenti e le società statali sono sotto pressione per i tagli agli investimenti. Immaginiamo inoltre che difficilmente l’attività al di fuori degli Stati Uniti potrà recuperare prima del 2018 e questo è un elemento importante perché si tende a prestare soprattutto attenzione alle decisioni di Stati Uniti e Opec in termini di produzione, mentre, nei fatti, il 50% della produzione di greggio arriva da contesti differenti” commenta Roberto Cominotto, gestore del fondo [tooltip-fondi codice_isin="LU0363641738"]Julius Baer Multistock – Energy Fund[/tooltip-fondi] di GAM, che, di conseguenza, immagina che i prezzi tendano a posizionarsi verso i 55 dollari al barile per la fine dell’anno, arrivando in area 60 dollari al barile nel 2017.

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