Brexit
Idee di investimento – Azioni – 22 agosto 2016
22 Agosto 2016 09:12
be davvero essere la volta buona per preferire le borse del Vecchio Continente a quelle delle altre aree geografiche internazionali. A sostegno di questa tesi c’è uno studio di una banca d’affari svizzera che in un report del 2 agosto segnalava un dato di mercato di assoluto rilievo: la dispersione di valore in Europa tra i settori value (quelli caratterizzati da solidità patrimoniale, crescita bassa ma costante, buoni dividendi) e i settori growth (quelli focalizzati sulla crescita accelerata, utili reinvestiti e bassi dividendi) si attesta sui massimi livelli dal 2000 a oggi. Più in particolare, come specificato nell’articolo “Azionario Europa, la storia dice che è un buon momento per investirci”, la dispersione si colloca al livello più alto dopo il picco registrato durante la bolla dei titoli Internet del 2000: ovvero al di sopra del marzo 2003 (quando i mercati azionari toccarono i minimi della crisi 2001-2003), del marzo 2009 (quando i mercati registrarono i minimi post crac Lehman Brothers), del luglio 2012 (crisi della Grecia e culmine della crisi del debito sovrano della zona euro). Gli analisti della banca d’affari svizzera fanno notare che dopo quei picchi, la rivalutazione dei settori sotto valutati (growth) rispetto a quelli ipervalutati (value) si spinse a toccare 20 punti percentuali: un trend che potrebbe ripetersi anche stavolta nei prossimi 12 mesi.
Un trend che, peraltro, in America sta già prendendo corpo. L’investitore globale in azioni per molti trimestri è stato sulla difensiva: titoli di settori sicuri, anche se crescono poco, possibilmente con una politica generosa di dividendi, che in tempi di tassi zero non guasta: utilities, energia, telecom, beni di consumo di base, farmaceutici. Poi, più o meno da dopo la Brexit, a Wall Street qualcosa cambia: da inizio luglio dalla difesa si passa all’attacco. I beniamini di prima sono trascurati mentre i titoli growth – crescita – spiccano il volo: un balzo di poco meno dell’8% in un mese e mezzo. L’investitore, come è stato argomentato nell’articolo “Azioni, dal gioco in difesa all’attacco” va a cercare il valore inespresso nei titoli legati alla crescita: tecnologici (infatti il Nasdaq fa meglio di Dow Jones e S&P 500) biotech, finanziari, beni di consumo discrezionali, industriali e materiali. Non è ancora un trend, parliamo di sei settimane.
Intanto, esaminando i vari dati, Yves Longchamp, CFA , Head of Research ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG, nell’articolo “Stati Uniti, sembra delinearsi un mini ciclo nel settore manifatturiero” reputa che lo shock della Brexit si sia rivelato meno drammatico del temuto. “Mentre la stabilità politica nel Regno Unito è stata ripristinata in modo immediato, l’impatto economico della Brexit sembra circoscritto alla Gran Bretagna. Un contesto nel quale i mercati finanziari hanno evidenziato, dopo una iniziale (e fisiologica) sbandata, una discreta tenuta. Certo il ruolo delle istituzioni, e quindi la loro credibilità, sono stati essenziali. In ogni caso, l’attività economica è rimasta moderata su scala globale, con la nota eccezione del Regno Unito” spiega Yves Longchamp che poi aggiunge: “Negli Stati Uniti sembra delinearsi un mini ciclo nel settore manifatturiero. Gli indicatori globali non hanno tuttavia registrato significative variazioni e continuano a segnalare bassi livelli di crescita e di inflazione. Rimaniamo complessivamente cauti ma ci rallegriamo del miglioramento del clima economico attualmente in atto”.
Resta il fatto che le valutazioni azionarie non si possono definire certo economiche. Basti pensare che il rapporto prezzo / utili (p/e) dell’S&P500 di Wall Street si aggira su quota 19 e il p/e dello Stoxx 600 europeo è a quota 19,3. Ebbene, in questo contesto, come è raccontato nell’articolo “Wall Street, pareri contrapposti tra Soros e Buffet”, a dimostrazione di come la massima indecisione regni sovrana, ecco che due guru della finanza internazionale, George Soros e Warren Buffett, evidenziano pareri contrapposti sulla Borsa americana. George Soros, in particolare, dopo essere diventato famoso in tutto il mondo per la scommessa al ribasso sulla sterlina vinta nel 1992, ha deciso di raddoppiare l’attuale scommessa al ribasso sull’S&P500: il finanziere è infatti convinto che Wall Street sia sopravvalutata e prossima ad una profonda correzione come quella registrata nel 2007. Sull’altro fronte, c’è Warren Buffett che, tramite la propria finanziaria Berkshire Hathaway, ha deciso di incrementare la sua esposizione su Apple, giudicando la società guidata da Tim Cook interessante per il medio lungo termine: per contro ha invece ridimensionato il peso in Walmart che soffre la concorrenza di Amazon.
Un trend che, peraltro, in America sta già prendendo corpo. L’investitore globale in azioni per molti trimestri è stato sulla difensiva: titoli di settori sicuri, anche se crescono poco, possibilmente con una politica generosa di dividendi, che in tempi di tassi zero non guasta: utilities, energia, telecom, beni di consumo di base, farmaceutici. Poi, più o meno da dopo la Brexit, a Wall Street qualcosa cambia: da inizio luglio dalla difesa si passa all’attacco. I beniamini di prima sono trascurati mentre i titoli growth – crescita – spiccano il volo: un balzo di poco meno dell’8% in un mese e mezzo. L’investitore, come è stato argomentato nell’articolo “Azioni, dal gioco in difesa all’attacco” va a cercare il valore inespresso nei titoli legati alla crescita: tecnologici (infatti il Nasdaq fa meglio di Dow Jones e S&P 500) biotech, finanziari, beni di consumo discrezionali, industriali e materiali. Non è ancora un trend, parliamo di sei settimane.
Intanto, esaminando i vari dati, Yves Longchamp, CFA , Head of Research ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG, nell’articolo “Stati Uniti, sembra delinearsi un mini ciclo nel settore manifatturiero” reputa che lo shock della Brexit si sia rivelato meno drammatico del temuto. “Mentre la stabilità politica nel Regno Unito è stata ripristinata in modo immediato, l’impatto economico della Brexit sembra circoscritto alla Gran Bretagna. Un contesto nel quale i mercati finanziari hanno evidenziato, dopo una iniziale (e fisiologica) sbandata, una discreta tenuta. Certo il ruolo delle istituzioni, e quindi la loro credibilità, sono stati essenziali. In ogni caso, l’attività economica è rimasta moderata su scala globale, con la nota eccezione del Regno Unito” spiega Yves Longchamp che poi aggiunge: “Negli Stati Uniti sembra delinearsi un mini ciclo nel settore manifatturiero. Gli indicatori globali non hanno tuttavia registrato significative variazioni e continuano a segnalare bassi livelli di crescita e di inflazione. Rimaniamo complessivamente cauti ma ci rallegriamo del miglioramento del clima economico attualmente in atto”.
Resta il fatto che le valutazioni azionarie non si possono definire certo economiche. Basti pensare che il rapporto prezzo / utili (p/e) dell’S&P500 di Wall Street si aggira su quota 19 e il p/e dello Stoxx 600 europeo è a quota 19,3. Ebbene, in questo contesto, come è raccontato nell’articolo “Wall Street, pareri contrapposti tra Soros e Buffet”, a dimostrazione di come la massima indecisione regni sovrana, ecco che due guru della finanza internazionale, George Soros e Warren Buffett, evidenziano pareri contrapposti sulla Borsa americana. George Soros, in particolare, dopo essere diventato famoso in tutto il mondo per la scommessa al ribasso sulla sterlina vinta nel 1992, ha deciso di raddoppiare l’attuale scommessa al ribasso sull’S&P500: il finanziere è infatti convinto che Wall Street sia sopravvalutata e prossima ad una profonda correzione come quella registrata nel 2007. Sull’altro fronte, c’è Warren Buffett che, tramite la propria finanziaria Berkshire Hathaway, ha deciso di incrementare la sua esposizione su Apple, giudicando la società guidata da Tim Cook interessante per il medio lungo termine: per contro ha invece ridimensionato il peso in Walmart che soffre la concorrenza di Amazon.
Trending