cina
Mercati azionari asiatici ed emergenti, serve un approccio cauto
Le argomentazioni per giustificare il rally dei mercati azionari asiatici ed emergenti non sembrano convincenti: gli investitori siano piuttosto prudenti e selettivi.
20 Settembre 2016 09:32
I mercati azionari asiatici sono convenienti, la ripresa economica è imminente, e la Cina è riuscita a superare le turbolenze finanziarie riequilibrando la propria economia. Sono le principali motivazioni che sono citate per spiegare l’attuale rally in corso sui mercati azionari asiatici (e, più in generale nei mercati emergenti).
Ma Robin Parbrook, Head of Asian Equities di Schroders, preferisce mettere in guardia gli investitori: ha visto tali argomentazioni dimostrarsi prive di fondamento facendo esaurire puntualmente i rally negli ultimi otto anni. Il manager, anche stavolta, non riscontra alcuna differenza e, alla luce di questa sua convinzione, raccomanda cautela a chi volesse investire adesso sui mercati asiatici o emergenti.
A preoccuparlo sono soprattutto le sofferenze del sistema bancario cinese (definito da Robin Parbrook ‘la maggiore bolla del credito mai vista al mondo’): per essere sistemate saranno indispensabili seri sforzi riformistici in mancanza dei quali, secondo il manager, Pechino è destinata verso una crisi finanziaria. Robin Parbrook, investe comunque in Cina, ma evita le aziende e i settori ampiamente indirizzati dallo Stato, puntando in modo selettivo sui comparti della cosiddetta ‘new economy’, come per esempio l’IT e i servizi, in modo da sfruttare anche la ricerca di riequilibrio dell’economia promossa dal governo cinese.
Ma Robin Parbrook, Head of Asian Equities di Schroders, preferisce mettere in guardia gli investitori: ha visto tali argomentazioni dimostrarsi prive di fondamento facendo esaurire puntualmente i rally negli ultimi otto anni. Il manager, anche stavolta, non riscontra alcuna differenza e, alla luce di questa sua convinzione, raccomanda cautela a chi volesse investire adesso sui mercati asiatici o emergenti.
A preoccuparlo sono soprattutto le sofferenze del sistema bancario cinese (definito da Robin Parbrook ‘la maggiore bolla del credito mai vista al mondo’): per essere sistemate saranno indispensabili seri sforzi riformistici in mancanza dei quali, secondo il manager, Pechino è destinata verso una crisi finanziaria. Robin Parbrook, investe comunque in Cina, ma evita le aziende e i settori ampiamente indirizzati dallo Stato, puntando in modo selettivo sui comparti della cosiddetta ‘new economy’, come per esempio l’IT e i servizi, in modo da sfruttare anche la ricerca di riequilibrio dell’economia promossa dal governo cinese.
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da Schroders