donald Trump
International Editor’s Picks – 26 settembre 2016
26 Settembre 2016 10:16
g>Trump non piace ai top CEO della Corporate America
Infatti non c’è uno solo tra i capi azienda delle prime 100 società USA censite da Fortune che ad agosto abbia fatto una donazione a favore del candidato repubblicano. Quattro anni fa quelli che avevano finanziato Mitt Romney erano quasi un terzo. Questa volta puntano su Hillary, che ha ricevuto il doppio delle donazioni dai top 100 rispetto a quello che aveva portato a casa Obama nel 2012. I conti li ha fatti il WSJ online di sabato. Ma la domanda è: per Trump è una buona o una cattiva notizia? Visto la fine che ha fatto Romney sembrerebbe buona. Infatti Hope Hicks, la portavoce di Trump, interpellata sempre dal WSJ, ha commentato che The Donald gode di un supporto “tremendo” da parte delle piccole e medie imprese e imprenditori. E aggiunge che proprio quei dati mostrano che Trump non è ostaggio delle grandissime società quotate a Wall Street. Nella notte italiana, per l’esattezza tra le 3.00 e le 4.30 del mattino, ci sarà il primo confronto tv tra i due candidati. Chissà se Trump userà l’assist fornito dal WSJ per accusare la Clinton di essere la candidata dei poteri forti dell’industria e della finanza?
Ci aspetta una settimana verbosa
Non c’è solo il duello presidenziale nel menu della settimana. Il Financial Time segnala anche Opec e Fed. I produttori di quello che una volta era il temuto cartello del greggio si incontrano domani ad Algeri per vedere se esiste un qualche consenso per dar vita a un congelamento della produzione sui livelli attuali, già altissimi, e far ripartire un po’ i prezzi. All’inizio dell’anno ci avevano provato senza successo a Doha. L’Arabia Saudita, che del cartello è il leader, sarebbe disposta a un taglio della produzione fino a 1 milione di barili al giorno se l’Iran accettasse di fermarsi ai livelli attuali. Se si trovasse un accordo di massima, in un successivo meeting, più formale, si potrebbero fissare i dettagli. Intanto continuano, in assenza di azione, le comparsate verbali della Fed. A cominciare dalla grande capa Janet Yellen che parteciperà a un dibattito al Kansas City Minority Bankers Forum. Quindi sarà la volta del presidente della Fed di St. Louis Fed James Bullard, di quello della Fed di Cleveland Fed Loretta Mester, del governatore Jerome Powell e del presidente della Fed di Kansas City Esther George, tutti membri votanti del Federal Open Market Committee, l’organismo che (non) decide sui tassi di interesse.
Il banchiere globale che pensa locale
J.P. Morgan ha in mano i destini della banca più antica del mondo, il Monte dei Paschi, che è anche una banca del territorio. Può essere interessante andare a vedere cosa pensa il suo grande capo Jamie Dimon su cosa possa fare una banca per il territorio. Lo ha raccontato al Nashville Business Journal perché J.P. Morgan ha avuto un grande ruolo nel boom economico di cui sta godendo il Tennessee. “Tutto quello che facciamo, lo facciamo localmente. Non si può parlare di banca se non c’è un banchiere in carne e ossa di fronte al cliente. New York è solo un supporto. "Quando entriamo sul mercato locale (come in Tennessee) vogliamo che ci sia un team importante di persone che siano rispettate e in cui la gente del posto abbia fiducia, offrendo prodotti e servizi che siano veramente utili al cliente. Vogliamo essere una presenza permanente. Non vogliamo essere gli amici che ci sono solo quando le cose vanno bene. Quando offriamo qualcosa sono cose concrete e, soprattutto, ci saremo sempre”.
Infatti non c’è uno solo tra i capi azienda delle prime 100 società USA censite da Fortune che ad agosto abbia fatto una donazione a favore del candidato repubblicano. Quattro anni fa quelli che avevano finanziato Mitt Romney erano quasi un terzo. Questa volta puntano su Hillary, che ha ricevuto il doppio delle donazioni dai top 100 rispetto a quello che aveva portato a casa Obama nel 2012. I conti li ha fatti il WSJ online di sabato. Ma la domanda è: per Trump è una buona o una cattiva notizia? Visto la fine che ha fatto Romney sembrerebbe buona. Infatti Hope Hicks, la portavoce di Trump, interpellata sempre dal WSJ, ha commentato che The Donald gode di un supporto “tremendo” da parte delle piccole e medie imprese e imprenditori. E aggiunge che proprio quei dati mostrano che Trump non è ostaggio delle grandissime società quotate a Wall Street. Nella notte italiana, per l’esattezza tra le 3.00 e le 4.30 del mattino, ci sarà il primo confronto tv tra i due candidati. Chissà se Trump userà l’assist fornito dal WSJ per accusare la Clinton di essere la candidata dei poteri forti dell’industria e della finanza?
Ci aspetta una settimana verbosa
Non c’è solo il duello presidenziale nel menu della settimana. Il Financial Time segnala anche Opec e Fed. I produttori di quello che una volta era il temuto cartello del greggio si incontrano domani ad Algeri per vedere se esiste un qualche consenso per dar vita a un congelamento della produzione sui livelli attuali, già altissimi, e far ripartire un po’ i prezzi. All’inizio dell’anno ci avevano provato senza successo a Doha. L’Arabia Saudita, che del cartello è il leader, sarebbe disposta a un taglio della produzione fino a 1 milione di barili al giorno se l’Iran accettasse di fermarsi ai livelli attuali. Se si trovasse un accordo di massima, in un successivo meeting, più formale, si potrebbero fissare i dettagli. Intanto continuano, in assenza di azione, le comparsate verbali della Fed. A cominciare dalla grande capa Janet Yellen che parteciperà a un dibattito al Kansas City Minority Bankers Forum. Quindi sarà la volta del presidente della Fed di St. Louis Fed James Bullard, di quello della Fed di Cleveland Fed Loretta Mester, del governatore Jerome Powell e del presidente della Fed di Kansas City Esther George, tutti membri votanti del Federal Open Market Committee, l’organismo che (non) decide sui tassi di interesse.
Il banchiere globale che pensa locale
J.P. Morgan ha in mano i destini della banca più antica del mondo, il Monte dei Paschi, che è anche una banca del territorio. Può essere interessante andare a vedere cosa pensa il suo grande capo Jamie Dimon su cosa possa fare una banca per il territorio. Lo ha raccontato al Nashville Business Journal perché J.P. Morgan ha avuto un grande ruolo nel boom economico di cui sta godendo il Tennessee. “Tutto quello che facciamo, lo facciamo localmente. Non si può parlare di banca se non c’è un banchiere in carne e ossa di fronte al cliente. New York è solo un supporto. "Quando entriamo sul mercato locale (come in Tennessee) vogliamo che ci sia un team importante di persone che siano rispettate e in cui la gente del posto abbia fiducia, offrendo prodotti e servizi che siano veramente utili al cliente. Vogliamo essere una presenza permanente. Non vogliamo essere gli amici che ci sono solo quando le cose vanno bene. Quando offriamo qualcosa sono cose concrete e, soprattutto, ci saremo sempre”.
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