Amundi
Crescita, perché i tassi bassi hanno giocato a sfavore sull’Italia
Il basso tasso di indebitamento delle famiglie e delle imprese italiane non ha permesso di sfruttare il contesto di bassi tassi di interesse per consumi e investimenti.
3 Novembre 2016 10:00
Le ultime stime parlano di una crescita del 2015 per il PIL italiano dello 0,8% e dell’1% per il prossimo anno. Valori troppo timidi per riuscire a colmare il gap con il resto dell’Europa: basti pensare che mentre il PIL reale della zona euro è sostanzialmente ritornato al livello pre-crisi (cioè quello relativo al primo trimestre 2008), nel nostro paese siamo al livello di inizio millennio.
Una vera e propria stagnazione che si confronta con una crescita, a partire dal 2000, del 20% circa per Francia e Germania, e del 25% circa per la Spagna.
Secondo gli analisti ci sono due colpevoli abbastanza scontati: il sistema bancario e la politica. Il fatto che l'Italia, a differenza degli altri paesi cosiddetti «periferici» (Spagna, Portogallo, Grecia, e Irlanda) non abbia richiesto gli aiuti internazionali per rafforzare il sistema bancario nazionale ha ridotto la pressione da parte delle istituzioni europee e internazionali per ristrutturare il sistema bancario. Questo ha prodotto, da un lato, una caduta dei tassi di mercato (anche quelli sui prestiti alle piccole e medie imprese), e, dall’altro, una limitata erogazione del credito per il problema delle ingenti sofferenze in portafoglio ancora da smaltire. Sul versante politico, invece, l'incertezza e le fragilità dei governi sono problemi ricorrenti in Italia ed hanno giocato negativamente sulla fiducia e sulla ripresa degli investimenti.
Per Tristan Perrier, Strategy and Economic Research di Amundi, anche i tassi bassi hanno giocato a sfavore dell’economia del nostro paese. Infatti, secondo il manager, l'effetto sull'economia italiana dell’allentamento monetario da parte della BCE è stato probabilmente meno positivo rispetto all'impatto che lo stesso ha avuto sulle altre economie periferiche della zona euro. E per almeno due ragioni.
In primis il settore privato italiano (imprese e famiglie) è indebitato molto meno rispetto a quello di altri paesi periferici: il calo dei tassi di interesse per imprese e famiglie non ha avuto le medesime ricadute positive in termini di riduzione dei vincoli di liquidità esercitati dal livello del debito. In secondo luogo i tassi di interesse più bassi si traducono in minori redditi per le famiglie i cui risparmi, in larga misura, sono investiti in prodotti di risparmio obbligazionario e bilanciato.
“A tale proposito, tra il terzo trimestre 2008 e il quarto trimestre 2015, la diminuzione dei rendimenti per le famiglie italiane è stata quasi pari al 5% del loro reddito disponibile lordo, mentre la riduzione dei pagamenti in termini di tassi di interesse ha permesso di salvaguardarne solo il 2%. In Germania e in Francia la combinazione dei due effetti è stata sostanzialmente neutrale mentre in Spagna è il saldo è risultato molto favorevole per le famiglie” puntualizza Tristan Perrier.
Una vera e propria stagnazione che si confronta con una crescita, a partire dal 2000, del 20% circa per Francia e Germania, e del 25% circa per la Spagna.
Secondo gli analisti ci sono due colpevoli abbastanza scontati: il sistema bancario e la politica. Il fatto che l'Italia, a differenza degli altri paesi cosiddetti «periferici» (Spagna, Portogallo, Grecia, e Irlanda) non abbia richiesto gli aiuti internazionali per rafforzare il sistema bancario nazionale ha ridotto la pressione da parte delle istituzioni europee e internazionali per ristrutturare il sistema bancario. Questo ha prodotto, da un lato, una caduta dei tassi di mercato (anche quelli sui prestiti alle piccole e medie imprese), e, dall’altro, una limitata erogazione del credito per il problema delle ingenti sofferenze in portafoglio ancora da smaltire. Sul versante politico, invece, l'incertezza e le fragilità dei governi sono problemi ricorrenti in Italia ed hanno giocato negativamente sulla fiducia e sulla ripresa degli investimenti.
Per Tristan Perrier, Strategy and Economic Research di Amundi, anche i tassi bassi hanno giocato a sfavore dell’economia del nostro paese. Infatti, secondo il manager, l'effetto sull'economia italiana dell’allentamento monetario da parte della BCE è stato probabilmente meno positivo rispetto all'impatto che lo stesso ha avuto sulle altre economie periferiche della zona euro. E per almeno due ragioni.
In primis il settore privato italiano (imprese e famiglie) è indebitato molto meno rispetto a quello di altri paesi periferici: il calo dei tassi di interesse per imprese e famiglie non ha avuto le medesime ricadute positive in termini di riduzione dei vincoli di liquidità esercitati dal livello del debito. In secondo luogo i tassi di interesse più bassi si traducono in minori redditi per le famiglie i cui risparmi, in larga misura, sono investiti in prodotti di risparmio obbligazionario e bilanciato.
“A tale proposito, tra il terzo trimestre 2008 e il quarto trimestre 2015, la diminuzione dei rendimenti per le famiglie italiane è stata quasi pari al 5% del loro reddito disponibile lordo, mentre la riduzione dei pagamenti in termini di tassi di interesse ha permesso di salvaguardarne solo il 2%. In Germania e in Francia la combinazione dei due effetti è stata sostanzialmente neutrale mentre in Spagna è il saldo è risultato molto favorevole per le famiglie” puntualizza Tristan Perrier.
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