BCE

Dicembre, un mese importante per le due sponde dell’Atlantico

A dicembre in Europa la BCE scioglierà i dubbi su come e se modificare il piano di acquisto di titoli sul mercato mentre la Fed dovrebbe rialzare i tassi americani.

3 Novembre 2016 09:22

financialounge -  BCE Carlo Benetti crescita economica Europa GAM quantitative easing tassi di interesse
Le disuguaglianze, l’arresto dell’ascensore sociale (cioè le condizioni che favorivano l’accesso a livelli di istruzione e di attese di reddito superiori a quelle dei genitori), la rivoluzione digitale, le dinamiche demografiche, i livelli del debito pubblico e privato, sono tutti elementi che, combinati assieme, frenano la crescita e comprimono il tasso reale.

Parte da questa constatazione l'Alpha e il Beta del 31 ottobre 2016 di Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR, secondo il quale la crescita globale sarà modesta ancora a lungo, i tassi resteranno bassi, e i portafogli sono in buona parte costruiti su uno scenario di tassi in diminuzione, una prospettiva dubbia e molto problematica. Inoltre, il livello minimo dei rendimenti dovrebbe essere stato toccato: l’attività creditizia nell’Eurozona è ripartita, l’attività economica sta accelerando, l’inflazione è stimata a 1,6% nel 2018.

Intanto, sullo sfondo, dicembre si preannuncia un mese importante per le due sponde dell’Atlantico.

In Europa la BCE annuncerà come gestire l’ultima parte del programma di Quantitative Easing: cosa fare degli 80 miliardi di euro al mese di acquisti di titoli obbligazionari sul mercato previsti fino al marzo 2017, e se e come innescare l’eventuale piano di riduzione degli acquisti. Dall’altra parte dell’Atlantico, la Federal Reserve è invece attesa al secondo aumento dei tassi a distanza di un anno. La Fed ha un duplice mandato statutario, stabilità dei prezzi e piena occupazione, e un terzo mandato informale e non scritto, quello di “banca centrale del mondo”.

Infatti, le mosse sui tassi americani influenzano anche i rendimenti delle obbligazioni in dollari emesse al di fuori dell’economia americana e, di fatto, condizionano la stabilità finanziaria degli emittenti. A questo proposito, per quanto riguarda gli impatti di tali mosse sui mercati emergenti (il cui debito complessivo in dollari USA risulta essere molto ingente), occorre innanzitutto ricordare che i tassi reali resteranno bassi per ancora un po’ di tempo. L’incremento dei tassi da parte della Fed in dicembre, e quelli del 2017, saranno un accompagnamento alle condizioni dell’economia: non è infatti alle viste (o, perlomeno, non ancora) un vero e proprio ciclo di rialzo, dal momento che l’atteggiamento prevalente della banca centrale americana resterà accomodante.

Quindi, nessuno scenario aggressivo per i mercati emergenti. Un incremento dei tassi americani metterà pressione sulle obbligazioni emergenti ma non è un fenomeno automaticamente negativo. Se l’incremento dei tassi è indotto dall’accelerazione della crescita, i capitali tendono ad affluire verso quelle economie e la produzione industriale aumenta.

“La preferenza ai mercati emergenti nel lungo termine resta confermata, con le consuete cautele di selezione e approccio ‘unconstrained’ (gestione attiva svincolata dai benchmark), che consenta cioè al gestore attivo di scegliere di volta in volta se preferire valuta locale, valuta forte, emittente governativo o quello societario” conclude Carlo Benetti.

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da GAM


Trending