idee di investimento
Idee di investimento – Obbligazioni – 07 novembre 2016
7 Novembre 2016 09:25
armiatori, le assicurazioni vita, i fondi pensione, i risparmiatori che intendono diversificare il portafoglio e le autorità monetarie sono i soggetti che stanno pagando il conto più salato dei tassi bassi. Jim Cielinski, Responsabile reddito fisso globale di Columbia Threadneedle, nell’articolo “Tassi d’interesse bassi, i 5 soggetti che pagano il conto”, prova a fornire una possibile chiave di lettura arrivando alla conclusione che alcuni degli effetti secondari attesi non si sono mai pienamente manifestati, mentre altri si sono semplicemente esauriti: per Jim Cielinski sono pertanto necessari nuovi strumenti e nuovi approcci.
A questo proposito la ricerca ‘Smart Beta, strumento di precisione e di controllo’, condotta dalla società indipendente CoreData per conto di Invesco PowerShares su un campione di 380 investitori (anche quelli che non utilizzano prodotti smart beta) in Italia, Regno Unito, Francia, Svizzera e Germania, ha confermato che cresce l’interesse per le smart beta (strategie su indici costruiti con criteri di ponderazione diversi dalla capitalizzazione di mercato). Le strategie smart beta tendono a funzionare come previsto e quindi hanno il potenziale per fornire i risultati desiderati: il 96% degli utenti ritiene che gli investimenti smart beta abbiano soddisfatto le loro attese, con un incremento del 5% rispetto al 2015. Come viene ricordato nell’articolo “Strategie smart beta, un investimento intelligente che piace sempre di più”, gli smart beta sono i prodotti (prevalentemente ETF) che replicano gli indici costruiti con criteri di ponderazione diversi dalla semplice capitalizzazione di mercato (come, per fare qualche esempio, l’indice S&P500 di Wall Street o il Ftsemib di Piazza Affari): un approccio di investimento più elaborato che si propone di catturare una quota importante dell’extra rendimento rispetto ai titoli di stato (il cosiddetto ‘premio per il rischio’) che il mercato riconosce agli investimenti (asset class) cercando di minimizzare la volatilità sui portafogli.
Quindi, tramite questi nuovi approcci, è possibile ottimizzare le scelte di investimento: ma su quali aree e asset class puntare? Per esempio sui mercati emergenti che, a differenza dello scorso anno, godono di considerazioni piuttosto ottimiste. Lo rivela, nell’articolo “Mercati emergenti, perché il bicchiere è mezzo pieno”, Simon Lue-Fong, Head of Emerging Debt di Pictet Asset Management, che all’inizio di ottobre ha partecipato alle riunioni annuali del Fondo Monetario Internazionale (FMI) a Washington e New York, nel corso delle quali ha registrato alcune delle osservazioni sui mercati in via di sviluppo nei suoi incontri con gli investitori internazionali. Simon Lue-Fong fa notare che, in base a un’indagine di BofA Merrill Lynch, la stragrande maggioranza dei partecipanti alle conferenze prevedeva flussi di investimento nel debito emergente in valuta locale nei prossimi sei mesi.
Pure per gli esperti di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) le valute dei paesi emergenti sono sottovalutate. Anche per questa ragione le asset class emergenti (sia l’azionario che l’obbligazionario) costituiscono una delle prime scelte per diversificare il portafoglio, a due precise condizioni, come argomentano nell’articolo “Strategie, cosa fare se finisce la stagione dei tassi sempre più negativi”: dedicargli un orizzonte temporale di medio periodo (almeno tre anni, meglio se cinque) e affidarsi a bravi e consolidati gestori attivi che possano selezionare i paesi e gli emittenti più promettenti.
A proposito di valute Marcus Hettinger, Head of Foreign Exchange Strategy di Credit Suisse nell’articolo “Valute, le scelte in vista delle elezioni USA e della riunione della Fed a dicembre” fa sapere di restare neutrale sui cambi EUR/USD e USD/CHF, di ipotizzare un rafforzamento dello yen giapponese) e di essere positivo sull’Emerging Market FX Index (il paniere delle valute emergenti). Tuttavia, precisa sempre Marcus Hettinger, essere positivi sull’indice non significa affatto rinunciare alla selezione che, al contrario, resta fondamentale. A questo proposito Marcus Hettinger continua a ritenere che le divise asiatiche nel loro insieme evidenzino una underperformance (performance inferiore alla media di mercato) rispetto agli altri mercati emergenti, sia a quelle dell’America Latina che a quelle EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa). La selezione è fondamentale, anche a livello di singoli paesi. Per Marcus Hettinger, per esempio, le valutazione correnti sostengono ancora il peso messicano e il rand sudafricano mentre l’apprezzamento da inizio anno del real brasiliano suggerisce ora un giudizio neutrale: sulla lira turca, infine, meglio restare sottopesati Marcus Hettinger ha infine eliminato il giudizio negativo sulla sterlina inglese dopo la recente correzione.
Non la pensa così, sulla divisa di Londra, Mike Amey, Responsabile dei portafogli in sterline di PIMCO. “Riteniamo che la sterlina rimarrà vulnerabile ed esposta quindi a ulteriori debolezze, dal momento che questa è la via primaria tramite la quale il rischio politico si riflette sui mercati finanziari” puntualizza infatti nell’articolo “Sterlina inglese, la sua fase di ribasso potrebbe proseguire” Mike Amey che, al contrario, trova più difficile da decifrare le prospettive relative ai Gilt.
A questo proposito la ricerca ‘Smart Beta, strumento di precisione e di controllo’, condotta dalla società indipendente CoreData per conto di Invesco PowerShares su un campione di 380 investitori (anche quelli che non utilizzano prodotti smart beta) in Italia, Regno Unito, Francia, Svizzera e Germania, ha confermato che cresce l’interesse per le smart beta (strategie su indici costruiti con criteri di ponderazione diversi dalla capitalizzazione di mercato). Le strategie smart beta tendono a funzionare come previsto e quindi hanno il potenziale per fornire i risultati desiderati: il 96% degli utenti ritiene che gli investimenti smart beta abbiano soddisfatto le loro attese, con un incremento del 5% rispetto al 2015. Come viene ricordato nell’articolo “Strategie smart beta, un investimento intelligente che piace sempre di più”, gli smart beta sono i prodotti (prevalentemente ETF) che replicano gli indici costruiti con criteri di ponderazione diversi dalla semplice capitalizzazione di mercato (come, per fare qualche esempio, l’indice S&P500 di Wall Street o il Ftsemib di Piazza Affari): un approccio di investimento più elaborato che si propone di catturare una quota importante dell’extra rendimento rispetto ai titoli di stato (il cosiddetto ‘premio per il rischio’) che il mercato riconosce agli investimenti (asset class) cercando di minimizzare la volatilità sui portafogli.
Quindi, tramite questi nuovi approcci, è possibile ottimizzare le scelte di investimento: ma su quali aree e asset class puntare? Per esempio sui mercati emergenti che, a differenza dello scorso anno, godono di considerazioni piuttosto ottimiste. Lo rivela, nell’articolo “Mercati emergenti, perché il bicchiere è mezzo pieno”, Simon Lue-Fong, Head of Emerging Debt di Pictet Asset Management, che all’inizio di ottobre ha partecipato alle riunioni annuali del Fondo Monetario Internazionale (FMI) a Washington e New York, nel corso delle quali ha registrato alcune delle osservazioni sui mercati in via di sviluppo nei suoi incontri con gli investitori internazionali. Simon Lue-Fong fa notare che, in base a un’indagine di BofA Merrill Lynch, la stragrande maggioranza dei partecipanti alle conferenze prevedeva flussi di investimento nel debito emergente in valuta locale nei prossimi sei mesi.
Pure per gli esperti di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) le valute dei paesi emergenti sono sottovalutate. Anche per questa ragione le asset class emergenti (sia l’azionario che l’obbligazionario) costituiscono una delle prime scelte per diversificare il portafoglio, a due precise condizioni, come argomentano nell’articolo “Strategie, cosa fare se finisce la stagione dei tassi sempre più negativi”: dedicargli un orizzonte temporale di medio periodo (almeno tre anni, meglio se cinque) e affidarsi a bravi e consolidati gestori attivi che possano selezionare i paesi e gli emittenti più promettenti.
A proposito di valute Marcus Hettinger, Head of Foreign Exchange Strategy di Credit Suisse nell’articolo “Valute, le scelte in vista delle elezioni USA e della riunione della Fed a dicembre” fa sapere di restare neutrale sui cambi EUR/USD e USD/CHF, di ipotizzare un rafforzamento dello yen giapponese) e di essere positivo sull’Emerging Market FX Index (il paniere delle valute emergenti). Tuttavia, precisa sempre Marcus Hettinger, essere positivi sull’indice non significa affatto rinunciare alla selezione che, al contrario, resta fondamentale. A questo proposito Marcus Hettinger continua a ritenere che le divise asiatiche nel loro insieme evidenzino una underperformance (performance inferiore alla media di mercato) rispetto agli altri mercati emergenti, sia a quelle dell’America Latina che a quelle EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa). La selezione è fondamentale, anche a livello di singoli paesi. Per Marcus Hettinger, per esempio, le valutazione correnti sostengono ancora il peso messicano e il rand sudafricano mentre l’apprezzamento da inizio anno del real brasiliano suggerisce ora un giudizio neutrale: sulla lira turca, infine, meglio restare sottopesati Marcus Hettinger ha infine eliminato il giudizio negativo sulla sterlina inglese dopo la recente correzione.
Non la pensa così, sulla divisa di Londra, Mike Amey, Responsabile dei portafogli in sterline di PIMCO. “Riteniamo che la sterlina rimarrà vulnerabile ed esposta quindi a ulteriori debolezze, dal momento che questa è la via primaria tramite la quale il rischio politico si riflette sui mercati finanziari” puntualizza infatti nell’articolo “Sterlina inglese, la sua fase di ribasso potrebbe proseguire” Mike Amey che, al contrario, trova più difficile da decifrare le prospettive relative ai Gilt.
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