Asia
Strategie azionarie, le ragioni che fanno preferire l’Asia
Anche gli strategist di portafoglio più prudenti sul mercato azionario non nascondono una certa preferenza verso l’Asia per alcuni importanti fattori di supporto.
8 Novembre 2016 09:45
Gli ultimi interventi messi in campo dalle banche centrali in tema di stimoli monetari si stanno dimostrando sempre meno efficaci sul versante degli obiettivi (incremento dell’inflazione verso i target del 2% annuo e irrobustimento di una crescita sostenibile) e sempre più dannosi sul versante delle implicazioni dei tassi negativi.
In questo contesto, se l'inflazione dovesse salire, e con essa i tassi d'interesse, potrebbero generarsi conseguenze significative per gli asset rischiosi le cui quotazioni si sono artificiosamente incrementate per effetto delle politiche monetarie ultraespansive e non certo per le valutazioni che, soprattutto per il mercato obbligazionario (ma anche per quello azionario), si posizionano ben al di sopra delle medie storiche.
Secondo diversi osservatori, qualora la crescita economica globale dovesse accelerare per effetto di maggiori stimoli fiscali, con conseguenti difficoltà per il reddito fisso, e le attuali valutazioni delle attività rischiose dovessero essere messe in discussione, potremmo assistere a turbative sui mercati. Sarebbe sufficiente, per esempio, che la Federal Reserve americana avesse il coraggio di innalzare i tassi a dicembre, per aumentare la volatilità di tutti gli asset rischiosi.
In questo contesto Mark Burgess, Chief Investment Officer EMEA e Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments, preferisce rimanere neutrale e cauto nei confronti delle azioni, sebbene non manchi di sottolineare alcune preferenze.
“Abbiamo tuttavia individuato nicchie di opportunità, in particolare nelle azioni dei mercati emergenti asiatici” puntualizza infatti il manager che, in questa regione, intravede prospettive di crescita migliori e più stabili, per almeno quattro motivi. In primis la maggior parte delle economie emergenti si è adeguata a un rallentamento del commercio. In secondo luogo vi sono margini per interventi monetari e fiscali a livello locale mentre, e siamo al terzo motivo, i timori per la Cina si sono ridimensionati e, infine, al quarto punto, si nota un aumento degli afflussi di capitali esteri.
“Particolarmente importante è il fatto che le valutazioni siano interessanti, con gli utili favoriti dai fattori descritti sopra e previsioni sui ricavi in aumento nel 60% dei paesi in Asia” spiega inoltre Mark Burgess che, tuttavia, pur selezionando le società emergenti asiatiche a più alto rendimento e in più rapida espansione, non manca di osservare l’evoluzione dei rischi connessi a un eventuale rialzo dei tassi d'interesse USA e all'impatto del dollaro statunitense.
In questo contesto, se l'inflazione dovesse salire, e con essa i tassi d'interesse, potrebbero generarsi conseguenze significative per gli asset rischiosi le cui quotazioni si sono artificiosamente incrementate per effetto delle politiche monetarie ultraespansive e non certo per le valutazioni che, soprattutto per il mercato obbligazionario (ma anche per quello azionario), si posizionano ben al di sopra delle medie storiche.
Secondo diversi osservatori, qualora la crescita economica globale dovesse accelerare per effetto di maggiori stimoli fiscali, con conseguenti difficoltà per il reddito fisso, e le attuali valutazioni delle attività rischiose dovessero essere messe in discussione, potremmo assistere a turbative sui mercati. Sarebbe sufficiente, per esempio, che la Federal Reserve americana avesse il coraggio di innalzare i tassi a dicembre, per aumentare la volatilità di tutti gli asset rischiosi.
In questo contesto Mark Burgess, Chief Investment Officer EMEA e Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments, preferisce rimanere neutrale e cauto nei confronti delle azioni, sebbene non manchi di sottolineare alcune preferenze.
“Abbiamo tuttavia individuato nicchie di opportunità, in particolare nelle azioni dei mercati emergenti asiatici” puntualizza infatti il manager che, in questa regione, intravede prospettive di crescita migliori e più stabili, per almeno quattro motivi. In primis la maggior parte delle economie emergenti si è adeguata a un rallentamento del commercio. In secondo luogo vi sono margini per interventi monetari e fiscali a livello locale mentre, e siamo al terzo motivo, i timori per la Cina si sono ridimensionati e, infine, al quarto punto, si nota un aumento degli afflussi di capitali esteri.
“Particolarmente importante è il fatto che le valutazioni siano interessanti, con gli utili favoriti dai fattori descritti sopra e previsioni sui ricavi in aumento nel 60% dei paesi in Asia” spiega inoltre Mark Burgess che, tuttavia, pur selezionando le società emergenti asiatiche a più alto rendimento e in più rapida espansione, non manca di osservare l’evoluzione dei rischi connessi a un eventuale rialzo dei tassi d'interesse USA e all'impatto del dollaro statunitense.
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