banche centrali

Siamo testimoni di un nuovo momento di svolta

La presidenza Trump ad alto tasso di imprevedibilità e il rialzo dei tassi obbligazionari in un contesto di elevata incertezza sono indizi di un momento di svolta.

25 Novembre 2016 09:18

financialounge -  banche centrali Carlo Benetti donald Trump GAM
Le banche centrali, che di fatto, dalla crisi di mutui subprime e del crac Lehman Brothers indirizzano e anestetizzano i mercati con le politiche monetarie ultra accomodanti, non sono state sempre tanto temute come lo sono ora. A rialzarne di recente la reputazione, come ricorda nell’Alpha e il Beta del 21 novembre, Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR, fu l’economista Paul Volcker.

Nominato nel 1979 a capo della Federal Reserve affrontò senza mezze misure l’inflazione che viaggiava pericolosamente in area 10% agendo al rialzo e in modo brusco sui tassi a dispetto della disoccupazione al 6% e della forte opposizione del Congresso. Sebbene l’operazione non fu affatto indolore (nel 1982 la disoccupazione arrivò quasi all’11% prima di cominciare a diminuire), Paul Volcker riuscì a riportare l’inflazione prima al 6% (all’inizio del 1982) e poi al 3,7% (nel 1983). Si può dire che da allora prese avvio la stagione della ‘Grande Moderazione’, anni di inflazione sostanzialmente stabile e il più lungo periodo di crescita economica del secondo dopoguerra, interrotto nel 2007.

“L’inizio degli anni ’80 fu un momento di svolta anche per i rendimenti obbligazionari che avviarono la loro lunga discesa trentennale” sottolinea Carlo Benetti secondo il quale oggi siamo testimoni di un nuovo momento di svolta: alla Casa Bianca c’è un nuovo inquilino dall’elevato tasso di imprevedibilità mentre i rendimenti del mercato obbligazionario stanno cambiando direzione in un contesto di elevata incertezza.

D’altra parte se gli stimoli fiscali promessi da Donald Trump nella sua campagna elettorale (tagli alle tasse ed investimenti in infrastrutture) saranno realizzati dovrebbero essere in grado di accelerare l’economia americana: un panel di economisti intervistati dal Wall Street Journal ha rivisto al rialzo la crescita del PIL e dell’inflazione negli Stati Uniti, quest’ultima stimata al 2,2% nel 2017 e al 2,4% nel 2018.

Tuttavia, la (eventuale) reflazione di Trump si rivelerebbe positiva per i listini azionari ma devastante per le obbligazioni che potrebbero soffrire in modo significativo un rialzo costante dei tassi di mercato. E questo è tanto più preoccupante alla luce della assuefazione degli investitori al confortevole ambiente di inflazione a zero e di tassi mantenuti bassi per un tempo indefinito.

“Le variabili al momento imponderabili riguardano le future iniziative del nuovo inquilino della Casa Bianca e il passo con cui la Fed adeguerà il livello dei tassi nel corso del 2017” fa sapere Carlo Benetti.

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da GAM


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