Carlo Benetti

Perché la variabile chiave resta il dollaro americano

Pur tra tante incognite legate alle decisioni che assumerà l’amministrazione Trump si può osservare che l’andamento del dollaro avrà un ruolo determinante sui mercati.

16 Dicembre 2016 09:51

financialounge -  Carlo Benetti dollaro donald Trump GAM mercati azionari mercati emergenti
Fare previsioni è sempre un esercizio complesso, soprattutto alla luce delle tante incognite politiche ed economiche all’orizzonte. Tuttavia si può almeno tentare di tratteggiare le implicazioni del nuovo Trump Economic Order sulle economie emergenti.

“La prima preoccupazione degli investitori riguarda l’espansione fiscale americana” commenta nell’Alpha e il Beta del 12 dicembre, Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR, secondo il quale si tratterebbe di un contributo di peso all’economia e alle imprese: il momentum è favorevole alle azioni e gli outlook stanno riconsiderandone il peso nei portafogli. La maggiore propensione all’espansionismo fiscale permetterebbe di superare l’espansione monetaria (che peraltro sembra aver esaurito i suoi benefici su economia e finanza) e agevola il lavoro della Fed nel riportare i tassi in un sentiero di normalità.

Tuttavia, la buona notizia per le azioni costituisce una pessima notizia per le obbligazioni e per le economie emergenti, fa presente Carlo Benetti che poi spiega: “Tassi più alti significano dollaro più forte, maggiori oneri sui debitori, maggior difficoltà a finanziare i deficit delle partite correnti”.

La seconda ragione di apprensione è quella relativa alle eventuali decisioni verso il protezionismo: in questo caso sarebbero proprio i paesi emergenti, la cui prosperità dipende dal libero commercio, quelli, probabilmente, più penalizzati.

“L’imprevedibilità della presidenza Trump aggiunge più di una preoccupazione sotto questo aspetto: ecco perché confermare l’attenzione selettiva alle economie emergenti significa mantenere sempre ben presente il rischio dettato dall’imprevedibilità della nuova presidenza e nello stesso tempo ponderare le valutazioni dei singoli paesi” puntualizza Carlo Benetti che poi però espone le ragioni in base alle quali la variabile chiave resta quella del biglietto verde.

“Lo scorso 30 novembre, i paesi produttori di petrolio aderenti al cartello OPEC hanno raggiunto un importante accordo sul taglio alla produzione: accordo che, grazie anche alla condivisione da parte di alcuni produttori non OPEC dovrebbe stabilizzare il prezzo del greggio. Dagli anni Duemila si è osservata una correlazione negativa tra prezzi del petrolio e dollaro, greggio più caro, dollaro più debole, un punto a favore delle economie emergenti. La variabile chiave resta il dollaro, il biglietto verde scandisce l’appetito per il rischio e l’andamento degli asset delle economie emergenti”.

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da GAM


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