Europa
Eurozona, le implicazioni dei dati economici in graduale miglioramento
L’economia dell’eurozona ha registrato un buon finale nel 2016 e potrebbero sorprendere al rialzo nel 2017 con implicazioni sui mercati e sulle mosse della BCE.
17 Gennaio 2017 09:44
Gli ultimi dati del PMI (Purchasing Managers Index, l'Indice composito dell'attività manifatturiera) dell’eurozona si sono posizionati al livello più alto degli ultimi cinque anni e indicano che l'economia europea ha chiuso il 2016 in modo brillante. Al punto che, secondo gli addetti ai lavori, i dati in graduale ma costante miglioramento costituiscono una solida base e sono di buon auspicio per l'inizio del 2017. La fiducia delle imprese è infatti risalita ben al di sopra dei livelli pre referendum UK, nonostante le incertezze sul settore bancario italiano e le importanti elezioni europee (Francia, Olanda e Germania) previste per quest’anno.
Secondo le ultime stime, le previsioni di crescita del PIL della zona euro dovrebbero posizionarsi al +0,3% (ultimo trimestre 2016) e a +1,5% su base annua. Uno dei fattori che ha permesso all’economia della zona euro di mantenere un ritmo sostenuto nel 2016 è stata la domanda interna. Grazie ad un miglioramento del mercato del lavoro, ad una discreta crescita dei salari reali (cioè al netto dell’inflazione), ad una politica fiscale un po’ più espansiva e al supporto continuo da parte della BCE, la domanda interna è rimasta solida.
In parallelo, negli ultimi due mesi, il rafforzamento del dollaro rispetto all’euro, le aspettative di reflazione negli Stati Uniti e le prospettive tendenzialmente più positive per i mercati emergenti, hanno aumentato le aspettative circa le esportazioni dopo un 2016 sostanzialmente stabile. D’altra parte, un indizio importante che va proprio in questa direzione è il sorpasso dell’indice manifatturiero delle PMI a discapito di quello relativo ai servizi.
Quali le possibili implicazioni?
Il forte sostegno della domanda interna dell’Eurozona è destinato probabilmente a calare gradualmente nei prossimi trimestri anche a causa del rialzo dell’inflazione che tenderà a ridurre la crescita reale dei redditi delle famiglie europee. Inoltre le incertezze legate all’uscita del Regno Unito dalla UE e le importanti elezioni politiche europee in programma quest’anno rischiano di pesare sugli investimenti.
Inoltre, sebbene non ci siano, almeno nel breve termine implicazioni sulle mosse della BCE (dal momento che Draghi nel meeting di dicembre ha annunciato la prosecuzione del programma di acquisto di titoli obbligazionari sul mercato almeno per tutto il 2017), è indubbio che un continuo flusso di notizie positive sull’economia della zona euro, accompagnate da prezzi al consumo in rialzo, rafforzeranno i ‘falchi’ della BCE, intensificando le future discussioni in seno al Consiglio direttivo della banca centrale europea.
Secondo le ultime stime, le previsioni di crescita del PIL della zona euro dovrebbero posizionarsi al +0,3% (ultimo trimestre 2016) e a +1,5% su base annua. Uno dei fattori che ha permesso all’economia della zona euro di mantenere un ritmo sostenuto nel 2016 è stata la domanda interna. Grazie ad un miglioramento del mercato del lavoro, ad una discreta crescita dei salari reali (cioè al netto dell’inflazione), ad una politica fiscale un po’ più espansiva e al supporto continuo da parte della BCE, la domanda interna è rimasta solida.
In parallelo, negli ultimi due mesi, il rafforzamento del dollaro rispetto all’euro, le aspettative di reflazione negli Stati Uniti e le prospettive tendenzialmente più positive per i mercati emergenti, hanno aumentato le aspettative circa le esportazioni dopo un 2016 sostanzialmente stabile. D’altra parte, un indizio importante che va proprio in questa direzione è il sorpasso dell’indice manifatturiero delle PMI a discapito di quello relativo ai servizi.
Quali le possibili implicazioni?
Il forte sostegno della domanda interna dell’Eurozona è destinato probabilmente a calare gradualmente nei prossimi trimestri anche a causa del rialzo dell’inflazione che tenderà a ridurre la crescita reale dei redditi delle famiglie europee. Inoltre le incertezze legate all’uscita del Regno Unito dalla UE e le importanti elezioni politiche europee in programma quest’anno rischiano di pesare sugli investimenti.
Inoltre, sebbene non ci siano, almeno nel breve termine implicazioni sulle mosse della BCE (dal momento che Draghi nel meeting di dicembre ha annunciato la prosecuzione del programma di acquisto di titoli obbligazionari sul mercato almeno per tutto il 2017), è indubbio che un continuo flusso di notizie positive sull’economia della zona euro, accompagnate da prezzi al consumo in rialzo, rafforzeranno i ‘falchi’ della BCE, intensificando le future discussioni in seno al Consiglio direttivo della banca centrale europea.
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