Francesc Balcells
La Turchia ha bisogno di ripristinare la fiducia, ma la concorrenza è feroce
Negli ultimi mesi gli asset della Turchia risultano penalizzati dalla situazione politica, ma l’aumento dei tassi deve fare i conti con i concorrenti emergenti.
17 Gennaio 2017 09:35
I prezzi degli asset finanziari della Turchia, sia azionari che obbligazionari, continuano ad essere sotto una forte pressione sulla scia del crollo della lira turca che è scesa a un minimo record contro il dollaro degli Stati Uniti nel mese di gennaio.
Basti pensare che da inizio anno i fondi azionari Turchia hanno perso in media il 5,1% (portando a -20,5% la perdita negli ultimi 6 mesi) mentre i fondi obbligazionari Turchia hanno lasciato sul terreno l’8,1% da inizio 2017 (e il -23% negli ultimi 6 mesi).
Gli investitori guardano con spasmodica attenzione a tre fattori che si alimentano e sfavoriscono gli asset turchi: enormi esigenze di rifinanziamento in valuta estera da parte della Turchia, bilanciamento dell'inadeguatezza patrimoniale attraverso il settore delle imprese e insufficienti riserve in valuta estera.
A complicare le cose la situazione politica interna che ha determinato il sell-off (vendita sul mercato senza limitazioni di quantità e di prezzo) delle attività turche e la normalizzazione dei tassi americani che ha esposto le fragilità della Turchia al tasso di interesse della Federal Reserve.
“Ripristinare la fiducia per gli investitori stranieri è impegnativo a causa delle grandi esigenze di rifinanziamento in valuta estera della Turchia” puntualizza Francesc Balcells, Portfolio manager focalizzato sui mercati emergenti di PIMCO.
Si calcola infatti che la Turchia abbia circa 200 miliardi di dollari da rifinanziare nei prossimi 12 mesi, compreso l'ammortamento del debito a lungo termine, la rotazione del debito a breve termine e il finanziamento del disavanzo delle partite correnti. Per alimentare questo circolo virtuoso, da un lato, gli investitori turchi devono avere fiducia nel fatto che il deprezzamento della lira si fermerà mentre, dall’altro, gli investitori stranieri hanno bisogno di vedersi offrire asset in lire turche sufficientemente attraenti per tornare sul mercato locale.
“Perché ciò accada, pensiamo che la politica della banca centrale di Ankara dovrà svolgere un ruolo fondamentale” sottolinea Francesc Balcells che, sebbene ammetta il ritardo della banca centrale della Turchia nel rialzare i tassi di emergenza in passato (nel gennaio 2014 e anche nel 2011 e nel 2006), ritiene che, alla luce di una situazione attuale più complessa (anche per le implicazioni politiche), sia probabile un prossimo rialzo dei tassi. Gli investitori obbligazionari stanno scommettendo proprio su questo, almeno a giudicare dall’appiattimento della curva dei rendimenti turchi.
“Purtroppo per la Turchia, la concorrenza per catturare i finanziamenti internazionali nel bel mezzo di un ciclo di inasprimento della Fed è feroce visti i tassi reali offerti dal debito del Sud Africa, del Brasile e della Russia” fa sapere Francesc Balcells. Tradotto in pratica significa che qualsiasi aggiustamento dei tassi in Turchia dovrebbe essere significativo per risultare davvero efficace.
“Dal punto di vista degli investimenti, attendiamo segnali di fiducia più chiari prima di investire più pesantemente in asset turchi. Siamo consapevoli del posizionamento sacrificato raggiunto dalle attività turche, anche per effetto della forte cautela che gli investitori internazionali hanno nei confronti della Turchia, e del rischio che ci possano essere rilevanti movimenti di prezzo in questo contesto. Tuttavia, se non ci sarà un intervento decisivo, qualsiasi rally dei prezzi sarà visto dal mercato (e in particolare dagli investitori locali) come l’occasione per poter acquistare più dollari, e il ciclo negativo potrebbe continuare” conclude Francesc Balcells.
Basti pensare che da inizio anno i fondi azionari Turchia hanno perso in media il 5,1% (portando a -20,5% la perdita negli ultimi 6 mesi) mentre i fondi obbligazionari Turchia hanno lasciato sul terreno l’8,1% da inizio 2017 (e il -23% negli ultimi 6 mesi).
Gli investitori guardano con spasmodica attenzione a tre fattori che si alimentano e sfavoriscono gli asset turchi: enormi esigenze di rifinanziamento in valuta estera da parte della Turchia, bilanciamento dell'inadeguatezza patrimoniale attraverso il settore delle imprese e insufficienti riserve in valuta estera.
A complicare le cose la situazione politica interna che ha determinato il sell-off (vendita sul mercato senza limitazioni di quantità e di prezzo) delle attività turche e la normalizzazione dei tassi americani che ha esposto le fragilità della Turchia al tasso di interesse della Federal Reserve.
“Ripristinare la fiducia per gli investitori stranieri è impegnativo a causa delle grandi esigenze di rifinanziamento in valuta estera della Turchia” puntualizza Francesc Balcells, Portfolio manager focalizzato sui mercati emergenti di PIMCO.
Si calcola infatti che la Turchia abbia circa 200 miliardi di dollari da rifinanziare nei prossimi 12 mesi, compreso l'ammortamento del debito a lungo termine, la rotazione del debito a breve termine e il finanziamento del disavanzo delle partite correnti. Per alimentare questo circolo virtuoso, da un lato, gli investitori turchi devono avere fiducia nel fatto che il deprezzamento della lira si fermerà mentre, dall’altro, gli investitori stranieri hanno bisogno di vedersi offrire asset in lire turche sufficientemente attraenti per tornare sul mercato locale.
“Perché ciò accada, pensiamo che la politica della banca centrale di Ankara dovrà svolgere un ruolo fondamentale” sottolinea Francesc Balcells che, sebbene ammetta il ritardo della banca centrale della Turchia nel rialzare i tassi di emergenza in passato (nel gennaio 2014 e anche nel 2011 e nel 2006), ritiene che, alla luce di una situazione attuale più complessa (anche per le implicazioni politiche), sia probabile un prossimo rialzo dei tassi. Gli investitori obbligazionari stanno scommettendo proprio su questo, almeno a giudicare dall’appiattimento della curva dei rendimenti turchi.
“Purtroppo per la Turchia, la concorrenza per catturare i finanziamenti internazionali nel bel mezzo di un ciclo di inasprimento della Fed è feroce visti i tassi reali offerti dal debito del Sud Africa, del Brasile e della Russia” fa sapere Francesc Balcells. Tradotto in pratica significa che qualsiasi aggiustamento dei tassi in Turchia dovrebbe essere significativo per risultare davvero efficace.
“Dal punto di vista degli investimenti, attendiamo segnali di fiducia più chiari prima di investire più pesantemente in asset turchi. Siamo consapevoli del posizionamento sacrificato raggiunto dalle attività turche, anche per effetto della forte cautela che gli investitori internazionali hanno nei confronti della Turchia, e del rischio che ci possano essere rilevanti movimenti di prezzo in questo contesto. Tuttavia, se non ci sarà un intervento decisivo, qualsiasi rally dei prezzi sarà visto dal mercato (e in particolare dagli investitori locali) come l’occasione per poter acquistare più dollari, e il ciclo negativo potrebbe continuare” conclude Francesc Balcells.
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da Pimco
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