Alain Nsiona Defise
Obbligazioni, dove trovare rendimenti ormai quasi scomparsi da altri mercati
Le obbligazioni corporate dei mercati emergenti costituiscono una fonte interessante di reddito in un contesto obbligazionario ancora arido in termini di rendimento.
14 Febbraio 2017 09:47
Offrono attualmente rendimenti, all’interno dell’universo obbligazionario, inferiori soltanto al debito emergente in valuta locale e alle emissioni high yield statunitensi. Ed hanno dimostrato di soffrire meno di altre asset class la correzione dei mercati obbligazionari dal luglio 2016 in poi.
Stiamo parlando delle obbligazioni corporate dei mercati emergenti che, lo scorso anno, sono riuscite a mettere a segno un rialzo complessivo dell’9,7%, cioè la migliore performance tra i bond societari dopo gli high yield USA.
“Le imprese dei mercati emergenti sono in grado di offrire un reddito consistente anche grazie alla crescita relativamente robusta e stabile delle rispettive economie” puntualizza Alain Nsiona Defise, Head of Emerging Corporate di Pictet Asset Management, che prevede per quest’anno una crescita del PIL per i paesi in via di sviluppo del 4,3%, a fronte dell’1,8% appena nel mondo sviluppato, in linea con il trend che si è registrato negli ultimi anni. Ma c’è di più.
L’inflazione sotto controllo, permette alle banche centrali dei paesi in via di sviluppo di adottare politiche monetarie per stimolare la crescita. Inoltre la solidità dei fondamentali economici contribuisce a sostenere il merito di credito delle imprese dei mercati emergenti, che, in genere, è di qualità superiore a quello degli emittenti di pari rating dei mercati sviluppati.
Sullo sfondo, c’è però chi insinua un pericolo: la capacità di queste aziende di onorare i propri debiti qualora il dollaro inizi ad apprezzarsi sulla scia dell’inasprimento monetario della Fed. Si tratta di un aspetto che va approfondito in quanto se da un lato è senz’altro vero che un dollaro forte ha implicazioni negative sulle imprese che si indebitano in dollari, è altrettanto vero che le stesse aziende, di solito, vendono anche prodotti con prezzi in dollari e sostengono costi in valuta locale (si tratta spesso produttori di commodity) in modo quindi da beneficiare di un apprezzamento della valuta statunitense.
“In ogni caso, proteggiamo i portafogli dall’imprevedibilità delle forze economiche globali e dal rischio politico del singolo paese adottando l’analisi bottom-up delle società (selezione delle singole aziende): questo ci permette di individuare prospettive interessanti anche in contesti difficoltosi” spiega Alain-Nsiona Defise che poi ricorda un’altra caratteristica particolarmente apprezzata di questa asset class obbligazionaria: “La maggior parte delle obbligazioni corporate dei mercati emergenti è detenuta da investitori istituzionali che, di norma, sono meno soggetti a rapidi cambiamenti comportamentali: ciò rende questi titoli ad essere meno volatili di quelli emessi a governi dei paesi emergenti”.
Per quanto riguarda infine le posizioni in portafoglio, Alain-Nsiona Defise rivela che emerge un mix di partecipazioni difensive (tra le quali emissioni di aziende cinesi e indiane del settore petrolio e gas), investimenti con prospettive di performance a medio termine (che comprendono, per esempio, bond non finanziari turchi e emissioni russe che dovrebbero trarre il massimo beneficio dalla ripresa del Paese) e esposizioni più ambiziose che puntano a beneficare da un’eventuale ripresa globale (con emissioni, per fare qualche esempio, di compagnie latinoamericane dell’energia e obbligazioni industriali brasiliane).
Stiamo parlando delle obbligazioni corporate dei mercati emergenti che, lo scorso anno, sono riuscite a mettere a segno un rialzo complessivo dell’9,7%, cioè la migliore performance tra i bond societari dopo gli high yield USA.
“Le imprese dei mercati emergenti sono in grado di offrire un reddito consistente anche grazie alla crescita relativamente robusta e stabile delle rispettive economie” puntualizza Alain Nsiona Defise, Head of Emerging Corporate di Pictet Asset Management, che prevede per quest’anno una crescita del PIL per i paesi in via di sviluppo del 4,3%, a fronte dell’1,8% appena nel mondo sviluppato, in linea con il trend che si è registrato negli ultimi anni. Ma c’è di più.
L’inflazione sotto controllo, permette alle banche centrali dei paesi in via di sviluppo di adottare politiche monetarie per stimolare la crescita. Inoltre la solidità dei fondamentali economici contribuisce a sostenere il merito di credito delle imprese dei mercati emergenti, che, in genere, è di qualità superiore a quello degli emittenti di pari rating dei mercati sviluppati.
Sullo sfondo, c’è però chi insinua un pericolo: la capacità di queste aziende di onorare i propri debiti qualora il dollaro inizi ad apprezzarsi sulla scia dell’inasprimento monetario della Fed. Si tratta di un aspetto che va approfondito in quanto se da un lato è senz’altro vero che un dollaro forte ha implicazioni negative sulle imprese che si indebitano in dollari, è altrettanto vero che le stesse aziende, di solito, vendono anche prodotti con prezzi in dollari e sostengono costi in valuta locale (si tratta spesso produttori di commodity) in modo quindi da beneficiare di un apprezzamento della valuta statunitense.
“In ogni caso, proteggiamo i portafogli dall’imprevedibilità delle forze economiche globali e dal rischio politico del singolo paese adottando l’analisi bottom-up delle società (selezione delle singole aziende): questo ci permette di individuare prospettive interessanti anche in contesti difficoltosi” spiega Alain-Nsiona Defise che poi ricorda un’altra caratteristica particolarmente apprezzata di questa asset class obbligazionaria: “La maggior parte delle obbligazioni corporate dei mercati emergenti è detenuta da investitori istituzionali che, di norma, sono meno soggetti a rapidi cambiamenti comportamentali: ciò rende questi titoli ad essere meno volatili di quelli emessi a governi dei paesi emergenti”.
Per quanto riguarda infine le posizioni in portafoglio, Alain-Nsiona Defise rivela che emerge un mix di partecipazioni difensive (tra le quali emissioni di aziende cinesi e indiane del settore petrolio e gas), investimenti con prospettive di performance a medio termine (che comprendono, per esempio, bond non finanziari turchi e emissioni russe che dovrebbero trarre il massimo beneficio dalla ripresa del Paese) e esposizioni più ambiziose che puntano a beneficare da un’eventuale ripresa globale (con emissioni, per fare qualche esempio, di compagnie latinoamericane dell’energia e obbligazioni industriali brasiliane).
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da Pictet Asset Management