donald Trump
International Editor’s Picks – 20 febbraio 2017
Insight dalla redazione di FinanciaLounge su quello che si muove nelle economie e nei mercati.
20 Febbraio 2017 09:33
Trump e Wall Street, il feeling continua
Oggi Wall Street è chiusa per il Presidents’ Day, quindi bisogna aspettare martedì per vedere se il Trump Trade continua. L’andamento di venerdì sembra sintomatico. La giornata si è aperta con qualche presa di beneficio, del tutto giustificata avendo davanti un weekend di tre giorni, ma poi il mercato ha recuperato con il Dow e il Nasdaq finiti di nuovo in area record. È esattamente un mese da quando Trump ha giurato e la luna di miele con i mercati non accenna a finire, anche se continuano ad uscire previsioni di una correzione “inevitabile” dall’azionario americano. Quello che si può notare è che la borsa di Wall Street con Trump è diventata particolarmente indifferente al rischio esterno. Il cigno nero francese non viene citato nei report di Borsa, così come regna l’indifferenza sul deterioramento del mercato del debito cinese, che in passato era stato “il fattore” che aveva causato scossoni importanti, vedi fine estate del 2015 o inizio 2016. Dal fronte macro americano continuano a uscire dati forti: il mercato del lavoro è in salute, l’attività manifatturiera è solida, l’inflazione si è risvegliata senza però mandare segnali particolari di allarme, la fiducia dei consumatori è ai massimi. Perfino la Fed di Janet Yellen nei suoi comunicati ha smesso di citare i rischi di shock esterni come fattori da tenere d’occhio e guarda solo ai dati domestici. America first, verrebbe da dire.
Il petrolio degli Urali e le ambizioni del rublo
Sul mercato internazionale del petrolio si sta affacciando un nuovo benchmark che cerca di aggiungersi ai due che da sempre esprimono il prezzo spot del barile, il Brent del Mare del Nord, quotato sull’ICE di Londra e il West Texas Intermediate quotato al Nymex. I prezzi ovviamente sono in dollari. In passato c’è stato qualche tentativo di fare il prezzo in euro da parte di paesi emarginati dal mercato per le sanzioni USA, come l’Iran, ma senza successo. E se arrivasse il petrolio quotato in rubli? La prospettiva è meno remota di quello che potrebbe sembrare. I russi stanno cercando di introdurre un terzo benchmark globale, si chiama Urals Crude Oil, è un mix di alta qualità paragonabile ai due benchmark, viene trasportato sull’oleodotto Baku-Novorossiysk, i produttori sono Rosneft, Lukoil, Surgutneftegaz, Gazprom e Tatneft, e i futures sono quotati, in dollari, al Saint Petersburg International Mercantile Exchange (SPIMEX) con il simbolo U. Il prezzo si muove tra quello del Brent, che tradizionalmente è a premio di un paio di dollari, e del WTI. Il progetto di Mosca è di arrivare in un futuro non troppo lontano a un prezzo in rubli, con l’obiettivo di fornire un’àncora alla moneta russa esposta a violente oscillazioni causate più da fattori geopolitici che strettamente economici. È arrivato il momento di mettere da parte un po’ di rubli?
La riscoperta del lusso di vivere a Londra
Se avete qualche milione da spendere e avete fatto un pensierino su una casa a Belgravia o Chelsea per sfruttare la sterlina debole e il mercato depresso dopo la Brexit, meglio sbrigarsi. Gli immobiliaristi di Londra segnalano compravendite in aumento e prezzi in tensione, anche se ancora a sconto di due cifre rispetto a un anno fa, soprattutto a causa della svalutazione del pound. Sul mercato delle proprietà di lusso nella capitale britannica il calo dei prezzi è iniziato prima del voto per lasciare l’Unione lo scorso giugno, sono un paio d’anni che i valori scendono a causa dell’introduzione dell’imposta di registro, poi con la Brexit c’è stata un’accelerazione al ribasso. Ora sembra che il fondo sia stato toccato e a gennaio c’è una risalita. Ancora contenuta, anche perché sono diversi i fattori che contribuiscono a tenere i prezzi depressi, tra cui i controlli sulla fuga di capitali in Cina. E intanto Berlino cerca di approfittarne, riporta il FT, ma il target dei compratori nella capitale tedesca è del tutto diverso: non sono i miliardari russi o asiatici in cerca di uno status symbol ma i ventenni e trentenni attratti dal boom delle start up high tech.
Oggi Wall Street è chiusa per il Presidents’ Day, quindi bisogna aspettare martedì per vedere se il Trump Trade continua. L’andamento di venerdì sembra sintomatico. La giornata si è aperta con qualche presa di beneficio, del tutto giustificata avendo davanti un weekend di tre giorni, ma poi il mercato ha recuperato con il Dow e il Nasdaq finiti di nuovo in area record. È esattamente un mese da quando Trump ha giurato e la luna di miele con i mercati non accenna a finire, anche se continuano ad uscire previsioni di una correzione “inevitabile” dall’azionario americano. Quello che si può notare è che la borsa di Wall Street con Trump è diventata particolarmente indifferente al rischio esterno. Il cigno nero francese non viene citato nei report di Borsa, così come regna l’indifferenza sul deterioramento del mercato del debito cinese, che in passato era stato “il fattore” che aveva causato scossoni importanti, vedi fine estate del 2015 o inizio 2016. Dal fronte macro americano continuano a uscire dati forti: il mercato del lavoro è in salute, l’attività manifatturiera è solida, l’inflazione si è risvegliata senza però mandare segnali particolari di allarme, la fiducia dei consumatori è ai massimi. Perfino la Fed di Janet Yellen nei suoi comunicati ha smesso di citare i rischi di shock esterni come fattori da tenere d’occhio e guarda solo ai dati domestici. America first, verrebbe da dire.
Il petrolio degli Urali e le ambizioni del rublo
Sul mercato internazionale del petrolio si sta affacciando un nuovo benchmark che cerca di aggiungersi ai due che da sempre esprimono il prezzo spot del barile, il Brent del Mare del Nord, quotato sull’ICE di Londra e il West Texas Intermediate quotato al Nymex. I prezzi ovviamente sono in dollari. In passato c’è stato qualche tentativo di fare il prezzo in euro da parte di paesi emarginati dal mercato per le sanzioni USA, come l’Iran, ma senza successo. E se arrivasse il petrolio quotato in rubli? La prospettiva è meno remota di quello che potrebbe sembrare. I russi stanno cercando di introdurre un terzo benchmark globale, si chiama Urals Crude Oil, è un mix di alta qualità paragonabile ai due benchmark, viene trasportato sull’oleodotto Baku-Novorossiysk, i produttori sono Rosneft, Lukoil, Surgutneftegaz, Gazprom e Tatneft, e i futures sono quotati, in dollari, al Saint Petersburg International Mercantile Exchange (SPIMEX) con il simbolo U. Il prezzo si muove tra quello del Brent, che tradizionalmente è a premio di un paio di dollari, e del WTI. Il progetto di Mosca è di arrivare in un futuro non troppo lontano a un prezzo in rubli, con l’obiettivo di fornire un’àncora alla moneta russa esposta a violente oscillazioni causate più da fattori geopolitici che strettamente economici. È arrivato il momento di mettere da parte un po’ di rubli?
La riscoperta del lusso di vivere a Londra
Se avete qualche milione da spendere e avete fatto un pensierino su una casa a Belgravia o Chelsea per sfruttare la sterlina debole e il mercato depresso dopo la Brexit, meglio sbrigarsi. Gli immobiliaristi di Londra segnalano compravendite in aumento e prezzi in tensione, anche se ancora a sconto di due cifre rispetto a un anno fa, soprattutto a causa della svalutazione del pound. Sul mercato delle proprietà di lusso nella capitale britannica il calo dei prezzi è iniziato prima del voto per lasciare l’Unione lo scorso giugno, sono un paio d’anni che i valori scendono a causa dell’introduzione dell’imposta di registro, poi con la Brexit c’è stata un’accelerazione al ribasso. Ora sembra che il fondo sia stato toccato e a gennaio c’è una risalita. Ancora contenuta, anche perché sono diversi i fattori che contribuiscono a tenere i prezzi depressi, tra cui i controlli sulla fuga di capitali in Cina. E intanto Berlino cerca di approfittarne, riporta il FT, ma il target dei compratori nella capitale tedesca è del tutto diverso: non sono i miliardari russi o asiatici in cerca di uno status symbol ma i ventenni e trentenni attratti dal boom delle start up high tech.
Trending