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BCE, un tapering europeo ancora tutto da definire

Il tapering della BCE, cioè la riduzione fino all’esaurimento degli acquisti dei bond sul mercato, dipenderà da molti fattori ancora tutti da definire nei prossimi mesi.

1 Marzo 2017 09:23

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Secondo Maria Paola Toschi, Market Strategist di JP Morgan Asset Management, il vero tapering nella zona euro, almeno secondo l’accezione attribuita dalla Fed all’annuncio del calo continuo e costante dell’ammontare di acquisti mensili di titoli fino a completo esaurimento, potrebbe arrivare l’anno prossimo.

I paesi della zona euro avrebbero quindi poco meno di un anno per attrezzarsi a fronteggiare uno scenario con un rialzo dei tassi più consistente sebbene l’entità di tale incremento dipenderà da molti fattori sia economici che, soprattutto, politici.

“La reflazione è stata alimentata a livello globale dalla ripresa del prezzo del petrolio. Ma ci sono diverse fonti di inflazione e quella considerata più convincente e duratura è quella alimentata dai consumi e dai salari. In Europa i consumi sono in ripresa e la fiducia dei consumatori è solida, ma entrambi non sono ancora tali da generare una significativa salita dei prezzi” puntualizza Maria Paola Toschi, che poi aggiunge altri due elementi sui quali riflettere: “La presenza di elevati livelli di disoccupazione, sebbene calanti, in molto paesi non consente l’emergere di spinte inflazionistiche generate dai salari mentre il grado di utilizzo della capacità produttiva nei paesi europei è, mediamente, ancora lontano dai livelli pre-crisi”.

Tutto ciò sembra confermare, secondo la strategist, che sia prematuro pensare a un tapering ovvero ad una riduzione anticipata dell’allentamento quantitativo. Tuttavia nei prossimi mesi la BCE potrebbe dover fronteggiare una maggiore pressione da parte della Bundesbank e della Germania che ha un’inflazione che si sta approssimando al 2%, livello considerato corretto dalla stessa banca centrale, cosa che potrebbe aumentare l’incertezza sul sentiero di rientro dell’allentamento quantitativo europeo con implicazioni di mercato. La BCE è stata criticata, insieme alle altre banche centrali, per il forte interventismo in questi ultimi anni, per avere tenuto i tassi troppo bassi e per aver alimentato la cosiddetta repressione finanziaria, ma non ci sono state soltanto implicazioni negative.

Infatti se è vero che i tassi bassi e negativi hanno determinato alcune distorsioni (per esempio mettendo sotto pressione la redditività delle banche e delle assicurazioni e i loro modelli di business), è altrettanto vero che la maggior parte dei paesi sviluppati ha goduto di un periodo eccezionale in cui, nonostante il debito rispetto al PIL sia rimasto a livelli elevati, il costo del debito rispetto al PIL si è notevolmente ridotto passando dal 2% del 2011 all’1,4% stimato per il 2017 e 2018.

La BCE ha infatti creato un contesto eccezionale riducendo l’onere del debito e liberando risorse da utilizzare per investimenti e iniziative di stimolo fiscale. Ma i paesi europei sono stati rapidi a cogliere questa opportunità?

Un obiettivo non esplicito dell’azione della BCE è la stabilizzazione dei mercati obbligazionari sovrani che quest’anno potrebbero soffrire per la presenza di forti rischi politici. L’Europa deve infatti affrontare vari appuntamenti elettorali che riguardano l’Olanda, la Francia e la Germania. L’Italia è inoltre in una fase di forte instabilità politica con implicazioni ancora da valutare. La mano della BCE molto attiva ancora a lungo sui mercati contribuirà a scoraggiare attacchi speculativi sui mercati europei creando ancora un contesto relativamente stabile e riducendo i possibili effetti di rialzo dei tassi.

“Tuttavia nessun paese e nessun mercato vive in isolamento. E quindi anche l’Europa ha visto un inasprimento dei tassi da inizio anno. L’inflazione è chiaramente la prima variabile che alimenta la ripresa dei tassi e i timori politici sono altrettanto forti. Il rischio di una deriva anti europeista in Europa è ancora elevato ed evidenziato dalla presenza di leader e partiti antieuropeisti e anti establishment che stanno guadagnando terreno in molti paesi” spiega Maria Paola Toschi.

In ogni caso, nonostante il recente rialzo dei tassi alimentato dall’incertezza sui temi politici sia in Europa ma anche nell’America di Trump, i tassi in Europa restano molto bassi. I BTP decennali italiani, tra quelli considerati a più elevato rischio politico sono saliti dall’1,2% di fine settembre 2016 al 2,1% di oggi, con un rialzo di oltre 90 punti base (+0,90%): un livello che si confronta con un il 5,0% medio dello stesso Btp decennale nel triennio 2011-2013.

“Il vero tapering europeo potrebbe arrivare nel 2018. A quel punto un rialzo dei tassi più consistente è possibile, ma dove esattamente andranno i tassi dipenderà da molti fattori sia economici che soprattutto politici. Se dovessero valere solo i dati economici, a fine 2018 i tassi potrebbero arrivare a circa il 3% un livello che sconta un effetto di pari entità di crescita reale e inflazione” dichiara Maria Paola Toschi, secondo la quale i rischi politici potrebbero implicare un premio al rischio consistente, facendo lievitare i costi del debito pubblico.

Infatti nonostante il debito pubblico per esempio in Italia resti elevato e superiore al 130 % del PIL e resti difficilmente comprimibile, la spesa per interessi è scesa dal 4,6% del 2014 al 4,0% del 2016 e al 3,7% stimato nel 2017 (fonte: Bollettino Economico Banca d’Italia).

“Una situazione simile si registra in molti paesi. Il ritorno di un contesto politico più instabile e il conseguente rialzo dei tassi post tapering avrebbe un prezzo molto elevato e potrebbe essere l’occasione mancata per l’Europa che sta uscendo dalla crisi in maniera più convincente e che potrebbe godere di una fase più favorevole e di un minore onere del debito” conclude Maria Paola Toschi.

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da J.P. Morgan Asset Management


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