Columbia Threadneedle Investments
Se vince Le Pen, il conto più salato ricadrebbe sul sistema bancario
In caso di vittoria di Marine Le Pen alle presidenziali francesi, l’uscita della Francia dall’euro causerebbe contraccolpi significativi sul sistema bancario.
16 Marzo 2017 12:10
Che cosa possiamo aspettarci dai mercati nel caso in cui Marine Le Pen diventasse presidente della Francia? Se lo è chiesto Mark Burgess, CIO EMEA and Global Head of Equities di Columbia Threadneedle Investments, che ha cercato di delineare le possibili implicazioni, sia nello scenario estremo (uscita della Francia dall’euro con possibile disgregazione dell’euro stesso) e sia nello scenario intermedio (ostacoli costituzionali e istituzionali alla Frexit, cioè all’uscita dalla Francia dall’euro).
“Nel caso di una vittoria di Marine Le Pen è probabile che lo spread tra le obbligazioni francesi e i Bund tedeschi tenda ad ampliarsi. Si potrebbero ritoccare i 150 punti base (+1,50%) sperimentati al culmine della crisi del debito dell’eurozona nel biennio 2011/12. Analogamente, si amplierebbero i differenziali di altre obbligazioni periferiche e semi-core, in linea con l’aumento del rischio di disgregazione” sostiene Mark Burgess, che, sul fronte azionario, ipotizza invece una correzione dei listini nell’immediato fino al 10% per via dell’incertezza sulle possibili implicazioni per l’UE.
“Tornando al problema del debito denominato in euro, ritengo che le banche dovrebbero essere le più penalizzate con perdite di valore in Borsa tra il 20% e i 30%, vista la flessione del 20% accusata in reazione alla Brexit” argomenta Mark Burgess, sottolineando come l’ipotesi di una completa disgregazione dell’Unione Europea sia molto più devastante per il sistema bancario rispetto all’uscita del Regno Unito dalla UE: con un ritorno dei singoli paesi alle loro valute preeuro, si avrebbe un notevole squilibrio tra attività e passività bancarie ancora denominate in euro.
Ma c’è di più. A essere colpiti non sarebbero soltanto i paesi fortemente indebitati, ma anche quelli come la Germania (che detiene titoli di debito francesi e italiani). È anche vero, ammette Mark Burgess, che gli ostacoli a una Frexit (in termini costituzionali e istituzionali) rimarrebbero elevati al punto che potrebbe configurarsi una reazione più ponderata anche sotto una presidenza Le Pen.
In questo scenario lo spread tra le obbligazioni francesi e i bund tedeschi sarebbe più ampio di quello attuale ma inferiore ai 150 punti base ipotizzati nello scenario più critico. La curva dei tassi sarebbe piuttosto ripida in linea con il mix di politiche più inflazionistiche e meno conservatrici dal punto di vita fiscale adottate dall’amministrazione Le Pen. Allo stesso modo, le obbligazioni francesi indicizzate all’inflazione, che attualmente scontano tassi di pareggio di circa l’1,31% su 10 anni, metterebbero a segno performance brillanti.
“Per quanto riguarda le altre vecchie valute europee che potrebbero risorgere dalle ceneri, il marco tedesco si rafforzerebbe a fronte di un calo della lira italiana: per l’Italia e la Grecia potrebbe esserci in realtà un risvolto positivo, sotto forma dell’agognato deprezzamento delle rispettive valute” specifica Mark Burgess, secondo il quale, tuttavia, la rinazionalizzazione della politica monetaria permetterebbe ai singoli paesi di svalutare le monete nazionali, ma amplificherebbe anche il problema di rimborsare il debito denominato in euro.
“Nel caso di una vittoria di Marine Le Pen è probabile che lo spread tra le obbligazioni francesi e i Bund tedeschi tenda ad ampliarsi. Si potrebbero ritoccare i 150 punti base (+1,50%) sperimentati al culmine della crisi del debito dell’eurozona nel biennio 2011/12. Analogamente, si amplierebbero i differenziali di altre obbligazioni periferiche e semi-core, in linea con l’aumento del rischio di disgregazione” sostiene Mark Burgess, che, sul fronte azionario, ipotizza invece una correzione dei listini nell’immediato fino al 10% per via dell’incertezza sulle possibili implicazioni per l’UE.
“Tornando al problema del debito denominato in euro, ritengo che le banche dovrebbero essere le più penalizzate con perdite di valore in Borsa tra il 20% e i 30%, vista la flessione del 20% accusata in reazione alla Brexit” argomenta Mark Burgess, sottolineando come l’ipotesi di una completa disgregazione dell’Unione Europea sia molto più devastante per il sistema bancario rispetto all’uscita del Regno Unito dalla UE: con un ritorno dei singoli paesi alle loro valute preeuro, si avrebbe un notevole squilibrio tra attività e passività bancarie ancora denominate in euro.
Ma c’è di più. A essere colpiti non sarebbero soltanto i paesi fortemente indebitati, ma anche quelli come la Germania (che detiene titoli di debito francesi e italiani). È anche vero, ammette Mark Burgess, che gli ostacoli a una Frexit (in termini costituzionali e istituzionali) rimarrebbero elevati al punto che potrebbe configurarsi una reazione più ponderata anche sotto una presidenza Le Pen.
In questo scenario lo spread tra le obbligazioni francesi e i bund tedeschi sarebbe più ampio di quello attuale ma inferiore ai 150 punti base ipotizzati nello scenario più critico. La curva dei tassi sarebbe piuttosto ripida in linea con il mix di politiche più inflazionistiche e meno conservatrici dal punto di vita fiscale adottate dall’amministrazione Le Pen. Allo stesso modo, le obbligazioni francesi indicizzate all’inflazione, che attualmente scontano tassi di pareggio di circa l’1,31% su 10 anni, metterebbero a segno performance brillanti.
“Per quanto riguarda le altre vecchie valute europee che potrebbero risorgere dalle ceneri, il marco tedesco si rafforzerebbe a fronte di un calo della lira italiana: per l’Italia e la Grecia potrebbe esserci in realtà un risvolto positivo, sotto forma dell’agognato deprezzamento delle rispettive valute” specifica Mark Burgess, secondo il quale, tuttavia, la rinazionalizzazione della politica monetaria permetterebbe ai singoli paesi di svalutare le monete nazionali, ma amplificherebbe anche il problema di rimborsare il debito denominato in euro.