bilancia commerciale

Perchè occorre ridefinire il concetto di porto sicuro

Alla luce del fatto che anche gli USA rappresentano attualmente una delle fonti di incertezza, è sempre più importante stabilire quali siano gli investimenti sicuri.

17 Maggio 2017 10:11

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Il deficit commerciale degli Stati Uniti non può essere semplicemente etichettato come il risultato degli ingenti surplus commerciali di Cina e Germania ai danni degli americani quanto piuttosto la risultante di due eccezionali condizioni che non hanno a che fare con paesi in surplus. Lo spiega Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR nell’Alpha e il Beta del 15 maggio 2017.

“Gli americani non risparmiano abbastanza, gli investimenti hanno sempre sopravanzato il risparmio nazionale. Un disequilibrio arginato dalla primazia economica e politica globale esercitata dagli americani dalla metà del secolo scorso a oggi. E’ stata la forza del dollaro, il suo impiego come moneta globale, a dare agli Stati Uniti la possibilità di risparmiare meno e di non avere conseguenze per conti in disequilibrio” argomenta Carlo Benetti, secondo il quale se Trump, per contrastare il deficit delle partite correnti, imponesse barriere tariffarie alle importazioni, il risultato sarebbe che lavoratori e capitali lascerebbero i propri settori a favore di quelli avvantaggiati dalle barriere.

Non ci sarebbero effetti significativi sulla bilancia commerciale né sugli standard di vita dei cittadini americani. Insomma, continuare a dare la colpa al commercio con l’estero vorrebbe dire continuare a ignorare la radice dei problemi che barriere commerciali potrebbero solo peggiorare. Quindi non deve stupire se siano di grande rilievo le conseguenze di ciò che farà, o non farà, Trump su tasse e barriere commerciali: l’imprevedibilità della nuova amministrazione fa sì che gli Stati Uniti siano oggi una delle molte fonti di incertezza.

“Si tratta di una novità, una condizione da tener presente anche quando si parla del ritorno del ‘rischio Italia’, ora che è stata superata l’ansia delle elezioni francesi. E’ vero, l’Italia è un grande debitore, la crescita è insufficiente, la disoccupazione e le banche priorità nell’agenda di un sistema politico bloccato da riforme incompiute” puntualizza Carlo Benetti, che non ravvede però uno specifico ‘rischio Italia’, almeno non più di quanto vi sia un ‘rischio USA’.

“Più che il timore di nuovi rischi deve probabilmente cambiare, cioè evolvere, la concezione stessa del rischio” specifica Carlo Benetti che ricorda cosa ha sostenuto di recente Doug Branson di GAM: è’ tempo di “ridefinire il concetto di porto sicuro”. Perché, ora più che mai, con i rendimenti obbligazionari ai minimi, è ancora più vero che nessun pasto è gratis, e che la sicurezza del rendimento esige la rinuncia alle forme di sicurezza tradizionale.

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