Andrea Delitala

Zona euro, troppa crescita potrebbe sfavorire l’Italia

Se la zona euro crescerà troppo e troppo in fretta aumenteranno le pressioni sulla BCE affinchè riduca o azzeri il suo QE che però serve ancora a molti paesi.

19 Maggio 2017 09:26

financialounge -  Andrea Delitala BCE crescita economica Eurozona Marco Piersimoni Pictet quantitative easing tassi di interesse
Gli ultimi dati macroeconomici della zona euro sono indirizzati tutto sul bello stabile. Dalla crescita del PIL agli indici PMI, dall’inflazione ai tassi di disoccupazione, dall’incremento dei ricavi aziendali a quello dei profitti societari, tutti gli indicatori si posizionano sui livelli massimi degli ultimi anni e sembrano confermare che la zona euro stia migliorando in modo sensibile e diffuso.

Non solo. Dopo l’esito delle elezioni politiche in Olanda di metà marzo e il doppio turno elettorale delle presidenziali in Francia, anche le preoccupazioni politiche, che pure tanto avevano frenato le prospettive della zona euro, si sono spostate in zona meno pericolosa.

Un contesto che, secondo gli addetti ai lavori, potrebbe però aumentare la pressione sulla Banca centrale europea al fine di anticiparne il processo di riduzione del QE (quantitative easing).

Un problema, per Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Asset Management e Marco Piersimoni, Senior Portfolio Manager di Pictet Asset Management, secondo i quali la zona euro ha ancora bisogno del QE da parte della BCE per prevenire la frammentazione finanziaria. Anzi, per i due manager, si potrebbe addirittura auspicare un’uscita differenziata, prima dai paesi ‘core’ e, successivamente, dai ‘periferici’ almeno sotto il profilo squisitamente tecnico. Al contempo, però, Andrea Delitala e Marco Piersimoni concordano nel ritenere i tassi a -0,40% sulle riserve libere delle Banche troppo bassi rispetto alla congiuntura.

Qual è il punto di equilibrio affinché l’EMU non si frantumi e l’Italia prosperi nell’area euro? “Ci sono una serie di ricette che includono riforme strutturali per noi e un sentiero di inflazione tedesco superiore a quello italiano (con 2% di differenza in 15 anni recuperiamo la perdita di competitività dall’avvento dell’euro)” specificano i due manager che, in alternativa, indicano la strada della deflazione salariale che, tuttavia, porterebbe ad un rifiuto elettorale dell’Europa e ad una situazione di stallo politico.

Sullo sfondo, inoltre, sarebbero indispensabili interventi di finanza pubblica molto incisivi come la riduzione del 3% l’anno del rapporto debito/PIL per arrivare al 60% in 20 anni come prescritto dal fiscal compact. Ecco perché, secondo Andrea Delitala e Marco Piersimoni il surplus primario del nostro paese non si può fermare all’1,5% dove siamo adesso ma deve arrivare verso il 3%, ipotizzando che crescita e tassi di interesse nominali si equivalgano.

“Riforme, ristrutturazione dei conti pubblici, magari con una flessibilità mirata agli investimenti (Golden rule) richiedono però una certa stabilità politica. Deve infine venirci in aiuto la politica di integrazione per procrastinare il regime di tutela in cui si opera sugli asset italiani (ad esempio i Safe Bonds, versione rivisitata degli Eurobonds)” puntualizzano i due manager per i quali sarà indispensabile in tutti i casi una minima stabilità politica o, perlomeno, la garanzia di affidabilità dell’Italia nei suoi impegni verso se stessa e l’Europa.

Trending