BCE

Inflazione, la politica monetaria continuerà ad essere graduale

La BCE nell’ultimo meeting ha abbassato le previsioni 2017 e 2018 sull’inflazione: un altro importante indizio che porta a modifiche contenute sulle politiche monetarie.

13 Giugno 2017 12:52

financialounge -  BCE inflazione Larry Hatheway politica monetaria
Erano in tanti a temere che il rialzo dell’inflazione tra la fine del 2016 e i primi mesi di quest’anno si potesse protrarre portando la crescita dei prezzi al consumo al di sopra della soglia del due per cento. E invece, complice il calo delle materie prime (e, più in particolare, del petrolio), i valori sul costo della vita nella zona euro sono risultati in calo sia ad aprile che a maggio. Una tendenza colta pure dalla Banca centrale europea che nella conferenza stampa dopo il meeting del 7 giugno ha annunciato di aver ridimensionato l’inflazione all'1,5% per quest'anno (-0,6% rispetto alle precedenti previsioni), all’1,3% nel 2018 (-0,3%) e all’1,6% ne2019.

"Nei prossimi mesi l'inflazione dovrebbe rimanere al livello attuale, mentre l'inflazione di fondo resta bassa" ha commentato Mario Draghi, che, alla luce di questo quadro, sebbene lo spauracchio della deflazione sembrerebbe definitivamente sconfitto, reputa necessario un sostanziale livello di politica monetaria ancora accomodante.

D’altra parte l’inflazione sta registrando un livello inferiore rispetto alle attese un po’ in tutto il mondo occidentale. I più recenti dati core (senza le componenti energia e alimentari) sul consumo individuale negli Stati Uniti sono calati all’1,5% contro l’1,8% registrato pochi mesi fa. Il rallentamento, tuttavia, dipende in parte dalla significativa diminuzione dei prezzi per i servizi di telefonia mobile, al netto dei quali l’inflazione core a stelle e strisce sarebbe rimasta abbastanza stabile.

“Un’inflazione che è rimasta al di sotto delle aspettative anche in Germania e Francia” dice Larry Hatheway, Capo economista di GAM, che nel complesso, vede prezzi al consumo sottotono, nonostante i gap di produzione siano rimarginati negli Stati Uniti, nell’Europa Occidentale e in Giappone.

“Il dato più rilevante, probabilmente, è quello che viene dal Giappone, laddove il rapporto tra candidati e posti di lavoro disponibili è arrivato a livelli mai registrati dal 1974, suggerendo una crescente carenza di lavoratori qualificati e un’inflazione salariale che, nonostante ciò, si conferma bassa” puntualizza Larry Hatheway secondo il quale in assenza di pressioni inflative prevede che le correzioni in termini di politica monetaria continueranno ad essere graduali.

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