Banca Centrale Svizzera
Il “canarino di guardia” di Zurigo
Per capire se Wall Street esagera bisogna tenere d’occhio la Banca Centrale Svizzera, che finora ha fatto il pieno di titoli USA. Se continua va tutto bene.
27 Giugno 2017 09:00
Analisti e asset manager in giro per il mondo si interrogano sulla possibile bolla del mercato azionario, a cominciare da Wall Street dove tutti gli indici continuano a macinare record, passando il testimone da un settore all’altro.
Gli ottimisti, come ad esempio Deutsche Bank, non vedono all’orizzonte un catalizzatore che possa far esplodere la bolla, come nel 2000 con le esagerazioni di Internet o come nel 2008 a seguito delle esagerazioni dei mutui, in entrambi i casi sul mercato americano. I pessimisti invece vedono il pericolo soprattutto nelle banche centrali, che stampando per anni moneta hanno gonfiato a dismisura i prezzi degli asset e ora si preparano, a cominciare dalla Fed, a una difficile opera di normalizzazione.
John Mauldin su Seeking Alpha, ad esempio, fa il caso della Banca Centrale Svizzera, costretta a spendere in ogni modo i franchi per tenerne sotto controllo il valore, diventata ormai l’ottavo detentore pubblico al mondo di azioni americane. Secondo i dati resi noti a giugno 2017, la Banca Centrale Svizzera detiene circa 80 miliardi di dollari investiti in azioni americane più un altra ventina in azioni europee. Solo quest’anno ha comprato a Wall Street per 17 miliardi di dollari. Tra l’altro, è uno dei maggiori singoli azionisti di Apple, il titolo più capitalizzato del mondo.
Un’improvvisa correzione troverebbe la Svizzera sovra-esposta, costretta a liberarsi dei titoli americani e europei per tentare di portare a casa il guadagno o almeno di non perderci. Ma buttare sul mercato quantità così ingenti può trasformare una banale correzione in qualcosa di peggio. Senza andarsi a schierare tra ottimisti e catastrofisti, possiamo prendere spunto dalla Svizzera per rispondere al dilemma iniziale, trasformando la Confederazione nel nostro ‘canary in the coal mine’, il canarino che i minatori tenevano nelle profondità dei tunnel per capire in tempo quando si sprigionavano i gas tossici, il canarino moriva per primo e loro avevano il tempo di salire a respirare in superficie.
Teniamo d’occhio la Banca Centrale Svizzera, che tra l’altro pubblica in tempo quasi reale i dati sugli asset che ha in portafoglio. Finchè continua a comprare, va tutto bene. Tutto sommato avere come ‘canarino di guardia’ una delle banche centrali più accorte e profittevoli del mondo (nel 2016 ha portato a casa utili per 24,5 miliardi di franchi) non è male.
Gli ottimisti, come ad esempio Deutsche Bank, non vedono all’orizzonte un catalizzatore che possa far esplodere la bolla, come nel 2000 con le esagerazioni di Internet o come nel 2008 a seguito delle esagerazioni dei mutui, in entrambi i casi sul mercato americano. I pessimisti invece vedono il pericolo soprattutto nelle banche centrali, che stampando per anni moneta hanno gonfiato a dismisura i prezzi degli asset e ora si preparano, a cominciare dalla Fed, a una difficile opera di normalizzazione.
John Mauldin su Seeking Alpha, ad esempio, fa il caso della Banca Centrale Svizzera, costretta a spendere in ogni modo i franchi per tenerne sotto controllo il valore, diventata ormai l’ottavo detentore pubblico al mondo di azioni americane. Secondo i dati resi noti a giugno 2017, la Banca Centrale Svizzera detiene circa 80 miliardi di dollari investiti in azioni americane più un altra ventina in azioni europee. Solo quest’anno ha comprato a Wall Street per 17 miliardi di dollari. Tra l’altro, è uno dei maggiori singoli azionisti di Apple, il titolo più capitalizzato del mondo.
Un’improvvisa correzione troverebbe la Svizzera sovra-esposta, costretta a liberarsi dei titoli americani e europei per tentare di portare a casa il guadagno o almeno di non perderci. Ma buttare sul mercato quantità così ingenti può trasformare una banale correzione in qualcosa di peggio. Senza andarsi a schierare tra ottimisti e catastrofisti, possiamo prendere spunto dalla Svizzera per rispondere al dilemma iniziale, trasformando la Confederazione nel nostro ‘canary in the coal mine’, il canarino che i minatori tenevano nelle profondità dei tunnel per capire in tempo quando si sprigionavano i gas tossici, il canarino moriva per primo e loro avevano il tempo di salire a respirare in superficie.
Teniamo d’occhio la Banca Centrale Svizzera, che tra l’altro pubblica in tempo quasi reale i dati sugli asset che ha in portafoglio. Finchè continua a comprare, va tutto bene. Tutto sommato avere come ‘canarino di guardia’ una delle banche centrali più accorte e profittevoli del mondo (nel 2016 ha portato a casa utili per 24,5 miliardi di franchi) non è male.
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