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Idee di investimento – Azioni – 14 agosto 2017

14 Agosto 2017 00:01

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ini azionari sono spesso considerati il capro espiatorio dei mercati finanziari. Rischiosi, volatili, costretti a vincere la diffidenza dei risparmiatori. Spesso attirano l’attenzione di molti soltanto dopo i rialzi. E, dal momento che, ciclicamente, i mercati azionari vivono fasi di discesa, entrare dopo una salita prolungata può aumentare le possibilità di sperimentare un ribasso con tanto di crisi, perdite sugli investimenti, instabilità: non a caso, i listini azionari sono additati come esempio dei malfunzionamenti e degli eccessi dei mercati. “Eppure la storia ci dice che, in media, gli indici azionari tendono non solo a salire, ma anche a farlo più spesso di quanto scendano. In molti Paesi, investendo in azioni in un giorno qualunque, abbiamo avuto più del 50% di probabilità di guadagnare anche con un orizzonte temporale di un solo giorno. Precisamente il 52.5%, non lontano dal 54.6% dei mercati obbligazionari” fa sapere, nell’articolo “Mercati azionari, quel prezioso contributo ai portafogli nel tempo” Luca Tobagi, CFA, Investment Strategist di Invesco che, a questo proposito aggiunge: “Resta il fatto che le logiche dei mercati finanziari, sono poco intuitive e ciò alimenta diffidenza e pregiudizi. Ma le azioni sono comunque in grado di offrire ai portafogli degli investitori nel tempo un prezioso contributo: ricordiamocene alla prossima correzione che dovesse avvenire in un quadro macro ancora favorevole” conclude Luca Tobagi.

Nel frattempo sull’outlook dell’Europa, che è stata indicata come una delle aree azionarie più interessanti, dovrebbero continuare a pesare le ombre minacciose di un’inflazione bassa, delle sfide fiscali e del rischio che un paese esca dall’Euro. Per Joachim Fels, Global Economic Advisor di PIMCO, nonostante gli evidenti sviluppi positivi e la diffusione della crescita, è improbabile che lo slancio europeo possa durare a lungo. Per l’economista, come spiega nell’articolo “Europa, la crescita diffusa forse non basterà a superare i prossimi ostacoli”, l'apprezzamento dell'euro dovrebbe impattare presto negativamente sia sulla crescita dell'export e sia della produzione mentre è probabile che la politica che ha sostenuto gli asset europei finora, diventi meno di supporto o addirittura contraria sull’orizzonte ciclico.

Alla luce di queste considerazioni, gli investitori rivolgono l’attenzione ad altri mercati e a settori specifici. Per esempio, a fronte di un aumento degli utili e del miglioramento dei flussi di cassa i dividendi delle società dei mercati emergenti presentano maggiori margini di incremento. “Nel complesso, le valutazioni dei mercati emergenti restano interessanti rispetto ai mercati sviluppati. Ad esempio, il Brasile e la Cina sembrano relativamente convenienti, essendo scambiati a meno di 13 volte gli utili attesi l’anno prossimo. I profitti aggregati delle società dei mercati emergenti dovrebbero salire del 21% nel 2017, spinti soprattutto dal settore tecnologico, mentre le società domiciliate in India, Cina e Brasile dovrebbero registrare una crescita stabile fino al 2018 dopo diversi anni di discontinuità” spiegano nell’articolo “Mercati emergenti, i motivi per investire nelle società che distribuiscono dividendi” i due manager secondo i quali, tra i motivi per investire nei mercati emergenti, i dividendi dovrebbero costituire un fattore primario. “I motivi per investire nelle società che distribuiscono dividendi nei mercati emergenti rispecchiano quelli dei mercati sviluppati: i dividendi possono essere indice di una corporate governance efficace e segnalare la presenza di un valido team di gestione che opera nell’interesse degli azionisti. Inoltre, segnalano che una società conti sul proprio bilancio e sulle proprie aspettative di crescita degli utili e dei flussi di cassa per sostenere i pagamenti futuri” specificano Chris Thomsen e Shaw Wagener.

Infine, alcune riflessioni su due importanti settori di borsa. La recente acquisizione di Whole Foods da parte di Amazon ha scatenato le discussioni sulle nuove prospettive sul settore dei beni di consumo che, con una quota del 30%, rappresenta la fetta più consistente della spesa al consumo statunitense, per un controvalore totale di 2.500 miliardi di dollari l’anno. “Oggi Amazon totalizza già il 5% delle spese per consumi privati, il 33% degli acquisti online e il 50% della crescita della spesa al consumo degli Stati Uniti. L’interrogativo più importante dal nostro punto di vista riguarda l’impatto che lo sbarco di Amazon nella distribuzione di alimenti e prodotti per la cura della casa potrebbe avere sul settore dei beni di consumo primari” puntualizzano, nell’articolo “L’ombra di Amazon sul settore dei beni di consumo”, i gestori del MS INVF Global Brands, William Lock e Bruno Paulson, entrambi Managing Director di Morgan Stanley Investment Management, i quali sottopesano in portafoglio i segmenti dei prodotti alimentari e per la cura della casa, più esposti a queste tendenze: in particolare, negli ultimi tre anni hanno nettamente ridotto la posizione negli alimentari a seguito del rischio di valutazione e di distorsione.

Un altro settore di estrema importanza è quello del lusso dove è in atto una profonda evoluzione: i prodotti premium non rappresentano più il top e il settore deve adattarsi alle esigenze dei consumatori, soprattutto i giovani. Offrire prodotti di lusso esclusivi, un processo agevolato dall’era digitale, che rende più semplice la possibilità di personalizzare i beni e i servizi per i consumatori, attraverso i social network e la rapida prototipazione e produzione mediante mini-impianti installati direttamente nei punti vendita. Anche perché le abitudini di spesa sono sempre più orientate all’esperienza. Si può sintetizzare così la nuova frontiera dell’evoluzione del lusso delineata nell’articolo “Lusso, consumatori sempre più alla ricerca di esperienze uniche di alta gamma” dagli esperti del comitato di consulenza del fondo [tooltip-fondi codice_isin="LU0217138725"]Pictet-Premium Brands [/tooltip-fondi]partendo dalla constatazione che i consumatori, in particolare i millennials e i giovani della Generazione Z, si dedicano sempre di più alla creazione di ricordi che all’acquisto del bene di lusso. E, dal momento che tale propensione richiede una quota significativa del reddito disponibile, dovranno tenerne nel dovuto conto non solo i produttori di beni e i fornitori di servizi di lusso, ma anche la maggior parte delle società del settore premium brand.

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