Alessandro Marolda
Portafogli, la diversificazione sostenibile impone la comprensione dei rischi
In Italia i portafogli ‘moderati’ sono diversificati al 27%: una buona percentuale ma che richiede comunque la corretta comprensione dei rischi effettivi.
19 Settembre 2017 10:08
All’aumentare della percentuale di diversificazione, un portafoglio tende a migliorare la propria perfomance corretta per il rischio e a diminuire la perdita massima (max drawdown). Non si tratta di un enunciato di economia o di finanza quanto piuttosto di una evidenza emersa nel Barometro dei Portafogli Italiani elaborato da Natixis Global Asset Management.
Infatti applicando l’analisi quantitativa ai sottostanti dei portafogli degli italiani e dei risparmiatori di altri paesi europei, si è potuto verificare, per l’appunto, che al crescere della percentuale di diversificazione i parametri di efficienza del portafoglio tendono a migliorare: il rendimento corretto per il rischio è maggiore mentre si riduce la predisposizione a registrare perdite dai massimi.
Il Barometro, giunto alla sua terza edizione, si basa su 53 portafogli modello “moderati” italiani, forniti a Natixis da consulenti finanziari e private banker tra il 1° luglio 2016 e il 30 giugno 2017 e permette di analizzare la situazione di mercato e l’evoluzione nelle scelte di portafoglio. Per quanto riguarda la situazione attuale, la percentuale di diversificazione degli italiani è al 27% e si può considerare soddisfacente.
“Tuttavia è indispensabile che i risparmiatori, tramite il consulente di fiducia, siano consapevoli degli effettivi rischi che stanno correndo in questo specifico contesto di mercato” sottolinea Alessandro Marolda, Team portfolio research & conculting group di Natixis, il cui riferimento è al fatto che la percentuale di diversificazione deve essere affiancata da un’analisi dei rischi complessivi di portafoglio considerando che i tassi del mercato obbligazionario sono ai minimi storici e potrebbero, sebbene gradualmente, salire nei prossimi trimestri mentre il mercato azionario (in rialzo da oltre otto anni) non esprime certo valutazioni economiche.
Per quanto attiene invece all’evoluzione delle scelte di portafoglio nel tempo, si osserva un importante fenomeno. “Rispetto al 2015, abbiamo potuto constatare che nei portafogli italiani sono stati quasi del tutto abbandonati BOT e BTP sostituendoli con strumenti obbligazionari più rischiosi quali, per esempio, obbligazioni societarie, bond high yield e debito emergente” specifica Alessandro Marolda.
Lo stesso Marolda aggiunge: “Il fatto che i titoli di stato italiani non siano stati sostituiti da governativi tedeschi o Treasury Usa testimonia che la loro funzione in portafoglio nel 2015 era quella di fornire rendimento e non stabilità al portafoglio: venendo a ridursi, o a mancare del tutto, il rendimento ecco che gli investitori italiani hanno optato per altre fonti di rendimento obbligazionarie”.
Ma c’è un altro aspetto non secondario osservato. Se nel 2015 la componente reddito fisso nei portafogli prudenti era del 45% circa, adesso è scesa al 30-35%. La differenza (tra il 10% e il 15%) è stata destinata a strumenti alternativi con l’obiettivo di ricavare rendimento con un profilo di rischio non molto superiore a quello dei BTP di qualche anno fa.
E questo rappresenta un fenomeno di assoluto rilievo: se opportunamente spiegati ai risparmiatori e inseriti nei loro portafogli, gli strumenti alternativi possono costituire una componente strutturale di medio lungo termine per stabilizzare i portafogli e renderli davvero diversificati in modo sostenibile.
Infatti applicando l’analisi quantitativa ai sottostanti dei portafogli degli italiani e dei risparmiatori di altri paesi europei, si è potuto verificare, per l’appunto, che al crescere della percentuale di diversificazione i parametri di efficienza del portafoglio tendono a migliorare: il rendimento corretto per il rischio è maggiore mentre si riduce la predisposizione a registrare perdite dai massimi.
Il Barometro, giunto alla sua terza edizione, si basa su 53 portafogli modello “moderati” italiani, forniti a Natixis da consulenti finanziari e private banker tra il 1° luglio 2016 e il 30 giugno 2017 e permette di analizzare la situazione di mercato e l’evoluzione nelle scelte di portafoglio. Per quanto riguarda la situazione attuale, la percentuale di diversificazione degli italiani è al 27% e si può considerare soddisfacente.
“Tuttavia è indispensabile che i risparmiatori, tramite il consulente di fiducia, siano consapevoli degli effettivi rischi che stanno correndo in questo specifico contesto di mercato” sottolinea Alessandro Marolda, Team portfolio research & conculting group di Natixis, il cui riferimento è al fatto che la percentuale di diversificazione deve essere affiancata da un’analisi dei rischi complessivi di portafoglio considerando che i tassi del mercato obbligazionario sono ai minimi storici e potrebbero, sebbene gradualmente, salire nei prossimi trimestri mentre il mercato azionario (in rialzo da oltre otto anni) non esprime certo valutazioni economiche.
Per quanto attiene invece all’evoluzione delle scelte di portafoglio nel tempo, si osserva un importante fenomeno. “Rispetto al 2015, abbiamo potuto constatare che nei portafogli italiani sono stati quasi del tutto abbandonati BOT e BTP sostituendoli con strumenti obbligazionari più rischiosi quali, per esempio, obbligazioni societarie, bond high yield e debito emergente” specifica Alessandro Marolda.
Lo stesso Marolda aggiunge: “Il fatto che i titoli di stato italiani non siano stati sostituiti da governativi tedeschi o Treasury Usa testimonia che la loro funzione in portafoglio nel 2015 era quella di fornire rendimento e non stabilità al portafoglio: venendo a ridursi, o a mancare del tutto, il rendimento ecco che gli investitori italiani hanno optato per altre fonti di rendimento obbligazionarie”.
Ma c’è un altro aspetto non secondario osservato. Se nel 2015 la componente reddito fisso nei portafogli prudenti era del 45% circa, adesso è scesa al 30-35%. La differenza (tra il 10% e il 15%) è stata destinata a strumenti alternativi con l’obiettivo di ricavare rendimento con un profilo di rischio non molto superiore a quello dei BTP di qualche anno fa.
E questo rappresenta un fenomeno di assoluto rilievo: se opportunamente spiegati ai risparmiatori e inseriti nei loro portafogli, gli strumenti alternativi possono costituire una componente strutturale di medio lungo termine per stabilizzare i portafogli e renderli davvero diversificati in modo sostenibile.