beni di consumo
Wall Street, la frenata dei buyback indica i settori più cari
Nel II trimestre di quest’anno le valutazioni esagerate hanno frenato le operazioni di buyback (riacquisto di azioni proprie) a Wall Street, ma non in tutti i settori.
28 Settembre 2017 09:43
In base ai dati diffusi da Standard & Poor’s, nel secondo trimestre di quest’anno il controvalore delle operazioni di riacquisto di azioni proprie (buyback) da parte delle società dell’indice S&P500 di Wall Street si è attestato a 120,1 miliardi di dollari.
Si tratta di un flusso imponente di denaro, ma che risulta comunque in contrazione del 9,8% rispetto ai 131,15 miliardi del primo trimestre.
Secondo gli analisti è la conferma che le valutazioni del listino azionario statunitense sono arrivate a livelli tirati al punto che le stesse compagnie ritengono non efficiente acquistare azioni proprie per evitare di creare bolle finanziarie.
In ogni caso, quanto accaduto nel secondo trimestre a Wall Street, non è stato omogeneo, ma ha visto emergere differenze, anche piuttosto sostanziali tra un settore ed un altro: queste divergenze potrebbero segnalare quali siano i settori effettivamente più cari e quelli che hanno ancora margini di apprezzamento.
Applicando questo ragionamento, i settori che hanno registrato i maggiori incrementi nei flussi trimestrali di buyback (e che, quindi, sarebbero deputati a possibili aumenti di quotazioni) sono stati l’immobiliare (+100%), le telecomunicazioni (+48%), l’energia (+47%) e i beni di consumo discrezionali (+38%).
Al contrario, i settori che hanno accusato i maggiori cali nei controvalori di riacquisto di azioni proprie sono stati quello delle utility (-87%), quello dell’healthcare (-53%), quello dei beni di consumo durevoli (-29%) e quello dei materiali di base (-25%).
Da segnalare, infine, una curiosità. Il settore dell’alta tecnologia, che in un paio di occasioni quest’anno è stato oggetto di vendite cospicue sul mercato (sebbene subito rientrate nel giro di poche sedute di borsa), risulterebbe ancora correttamente valutato: il controvalore dei buyback relativo alle azioni di questo settore è risultato nel secondo trimestre pari a 27,6 miliardi, lievemente al di sopra di quello del primo trimestre (27,5 miliardi).
Si tratta di un flusso imponente di denaro, ma che risulta comunque in contrazione del 9,8% rispetto ai 131,15 miliardi del primo trimestre.
Secondo gli analisti è la conferma che le valutazioni del listino azionario statunitense sono arrivate a livelli tirati al punto che le stesse compagnie ritengono non efficiente acquistare azioni proprie per evitare di creare bolle finanziarie.
In ogni caso, quanto accaduto nel secondo trimestre a Wall Street, non è stato omogeneo, ma ha visto emergere differenze, anche piuttosto sostanziali tra un settore ed un altro: queste divergenze potrebbero segnalare quali siano i settori effettivamente più cari e quelli che hanno ancora margini di apprezzamento.
Applicando questo ragionamento, i settori che hanno registrato i maggiori incrementi nei flussi trimestrali di buyback (e che, quindi, sarebbero deputati a possibili aumenti di quotazioni) sono stati l’immobiliare (+100%), le telecomunicazioni (+48%), l’energia (+47%) e i beni di consumo discrezionali (+38%).
Al contrario, i settori che hanno accusato i maggiori cali nei controvalori di riacquisto di azioni proprie sono stati quello delle utility (-87%), quello dell’healthcare (-53%), quello dei beni di consumo durevoli (-29%) e quello dei materiali di base (-25%).
Da segnalare, infine, una curiosità. Il settore dell’alta tecnologia, che in un paio di occasioni quest’anno è stato oggetto di vendite cospicue sul mercato (sebbene subito rientrate nel giro di poche sedute di borsa), risulterebbe ancora correttamente valutato: il controvalore dei buyback relativo alle azioni di questo settore è risultato nel secondo trimestre pari a 27,6 miliardi, lievemente al di sopra di quello del primo trimestre (27,5 miliardi).
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