ETF
Marijuana da asporto: negli USA arrivano i “cannabis drive-thru”
Il Maine sulle orme del Colorado: il commercio della marijuana conquista sempre nuovi spazi. E qualcuno non lesina investimenti.
2 Ottobre 2017 10:10
Come in tanti altri settori, anche in quello del commercio della marijuana gli USA si confermano un passo avanti rispetto agli altri. Finora sono otto gli Stati in cui la marijuana a scopo ricreativo è stata legalizzata. E dopo il Colorado, anche nel Maine sono pronti a facilitarne l’acquisto, addirittura tramite drive-thru, ovvero senza neanche scendere dalla macchina.
In questi giorni, nel Maine, è infatti in discussione una proposta che sostanzialmente mira alla parificazione definitiva tra alcolici e marijuana. Se la legge dovesse andare in porto, comprare cannabis diventerà molto meno problematico non solo grazie all’apertura di dispenser dedicati, ma anche tramite internet. Il dibattito è aperto e piuttosto acceso, visto che nello Stato con capitale Portland la legalizzazione è stata approvata nel 2016 con uno scarto di soli quattromila voti a favore. Ma l’obiettivo dei proponenti è quello di seguire le orme del Colorado, dove dallo scorso aprile è attivo a Parachute il Tumbleweed Express Drive-Thru, che più o meno somiglia a un autolavaggio munito di porta che si chiude alle spalle dell’auto. Perché va bene acquistare marijuana, ma nessuno all’esterno deve vederlo per non infrangere le leggi dello Stato.
La proposta di legge relativa ai dispenser e al commercio online, in realtà, va ad inserirsi in un filone più ampio che interessa l’intero Nord America, dove sempre più Stati hanno deciso di sdoganare il commercio di droghe leggere. E come per ogni altro settore, anche quello della marijuana ha attirato investitori. Nonostante il pericolo che una legge federale possa mettere al bando, da un giorno all’altro, questo commercio. Un esempio di questo tipo di investimento è l’ETF lanciato lo scorso aprile che segue l’indice di 14 aziende attive nella commercializzazione di marijuana a scopo terapeutico, che in realtà sfrutta la deregolamentazione attuata in 28 Stati americani.
D’altra parte, come dimostra l’esistenza delle “sin stocks” (dove “sin” sta per “peccato”) sono tanti gli investitori che preferiscono guardare prima al rendimento e poi alla tipologia di azione acquistata. Un approccio che fa da contraltare agli investimenti responsabili, che invece mettono al primo posto proprio le caratteristiche dell’azienda e che, tuttavia, negli ultimi anni stanno segnando performance di tutto rispetto.
Nel frattempo, in attesa di capire se anche i cittadini di Portland potranno comprare bibite, hamburger e marijuana senza mai scendere dalla macchina, in Italia ha fatto notizia il lancio del primo vino ottenuto dalla canapa sativa. Si tratta di un verdicchio che contiene un principio attivo inferiore alla soglia dello 0,6% prevista dalla legge e che, quindi, potrebbe anche finire in un distributore automatico. Anche se, per il bene dell’azienda che ha messo a punto questo particolare vino, ci auguriamo che finisca sulla tavola di un ristorante.
In questi giorni, nel Maine, è infatti in discussione una proposta che sostanzialmente mira alla parificazione definitiva tra alcolici e marijuana. Se la legge dovesse andare in porto, comprare cannabis diventerà molto meno problematico non solo grazie all’apertura di dispenser dedicati, ma anche tramite internet. Il dibattito è aperto e piuttosto acceso, visto che nello Stato con capitale Portland la legalizzazione è stata approvata nel 2016 con uno scarto di soli quattromila voti a favore. Ma l’obiettivo dei proponenti è quello di seguire le orme del Colorado, dove dallo scorso aprile è attivo a Parachute il Tumbleweed Express Drive-Thru, che più o meno somiglia a un autolavaggio munito di porta che si chiude alle spalle dell’auto. Perché va bene acquistare marijuana, ma nessuno all’esterno deve vederlo per non infrangere le leggi dello Stato.
La proposta di legge relativa ai dispenser e al commercio online, in realtà, va ad inserirsi in un filone più ampio che interessa l’intero Nord America, dove sempre più Stati hanno deciso di sdoganare il commercio di droghe leggere. E come per ogni altro settore, anche quello della marijuana ha attirato investitori. Nonostante il pericolo che una legge federale possa mettere al bando, da un giorno all’altro, questo commercio. Un esempio di questo tipo di investimento è l’ETF lanciato lo scorso aprile che segue l’indice di 14 aziende attive nella commercializzazione di marijuana a scopo terapeutico, che in realtà sfrutta la deregolamentazione attuata in 28 Stati americani.
D’altra parte, come dimostra l’esistenza delle “sin stocks” (dove “sin” sta per “peccato”) sono tanti gli investitori che preferiscono guardare prima al rendimento e poi alla tipologia di azione acquistata. Un approccio che fa da contraltare agli investimenti responsabili, che invece mettono al primo posto proprio le caratteristiche dell’azienda e che, tuttavia, negli ultimi anni stanno segnando performance di tutto rispetto.
Nel frattempo, in attesa di capire se anche i cittadini di Portland potranno comprare bibite, hamburger e marijuana senza mai scendere dalla macchina, in Italia ha fatto notizia il lancio del primo vino ottenuto dalla canapa sativa. Si tratta di un verdicchio che contiene un principio attivo inferiore alla soglia dello 0,6% prevista dalla legge e che, quindi, potrebbe anche finire in un distributore automatico. Anche se, per il bene dell’azienda che ha messo a punto questo particolare vino, ci auguriamo che finisca sulla tavola di un ristorante.
Trending