ETC
Le ragioni della gestione attiva e della gestione passiva
La sfida tra Fondi comuni a gestione attiva e i prodotti passivi (ETP) è uno dei temi più sentiti dagli investitori: ecco come decidere su cosa puntare.
11 Ottobre 2017 08:30
Meglio gli ETP (cioè l’universo che aggrega ETF, ETC ed ETN) o i fondi comuni e i comparti di SICAV? La domanda ricorre in modo sempre più insistente nella mente dei risparmiatori alle prese con scelte di investimento in un contesto di mercato sempre più complesso. Da un lato abbiamo infatti gli ETP che hanno l’obiettivo di replicare nel modo più preciso possibile uno specifico indice di mercato, sia esso azionario, obbligazionario, valutario o relativo alle materie prime. Dall’altro, invece, figurano i fondi comuni d’investimento e i comparti delle SICAV che, invece, si propongono come gestori di portafoglio in grado di fare meglio rispetto all’indice di mercato nel medio lungo termine. Messa così, però, è troppo semplice. Perché nella realtà ci sono tutta una serie di considerazioni da fare sia sul fronte degli ETP sia su quello dei fondi comuni.
GLI ETP
Uno dei principali vantaggi che gli ETP garantiscono ai sottoscrittori è la replica di un preciso indice di mercato senza sorprese. Per esempio, se si sottoscrive un ETF sull’S&P500 si ha la certezza che il proprio investimento seguirà in modo puntuale l’andamento dell’indice S&P500 di Wall Street, sia durante le fasi ascendenti sia durante i periodi di calo. Un altro vantaggio è costituito dai costi annui di gestione: per gli ETF ad indirizzo azionario si attestano di solito sotto il mezzo punto percentuale, con valori vicini allo 0,10% - 0,15% per gli ETF più scambiati in Borsa che replicano gli indici Eurostoxx e S&P500: solo gli ETF specializzati sui listini e sugli indici esotici (come l’MSCI emerging markets, l’MSCI China o l’MSCI India) evidenziano costi maggiori restando comunque sempre al di sotto del punto percentuale all’anno. Gli ETF sono inoltre quotati in Borsa: questa particolarità consente di acquistarli e rivenderli ad un prezzo certo, esattamente come un qualsiasi titolo azionario.
FONDI COMUNI E COMPARTI DI SICAV
I Fondi comuni a gestione attiva si propongono come prodotti che intendono battere un indice di riferimento sia in termini di performance (a parità di rischio) o di minore rischio (volatilità) a parità di rendimento o l’insieme dei due elementi (performance e volatilità). Per raggiungere questo obiettivo, le case d’investimento sono strutturate con team di gestione con un alto grado di specializzazione professionale sui singoli mercati, analisti di settore, risk manager (per il controllo del rischio di portafoglio), comitati di investimento che supervisionano la corrispondenza delle operazioni di mercato che il team effettua con quelle specificate nel prospetto informativo e nel regolamento del Fondo d’investimento. Una struttura complessa e di garanzia che comporta costi maggiori rispetto alla replica di un indice di mercato (per la quale è sufficiente inserire in portafoglio le dosi corrette dei titoli che compongono l’indice stesso e adeguarle nel tempo in funzione degli andamenti di mercato). Infatti, dando uno sguardo ai costi, si vede per esempio che i Fondi azionari area euro e i Fondi azionari USA evidenziano spese correnti (cioè l’insieme di tutti i costi annui) superiori al due per cento contro lo 0,20% -0,30% degli ETF di categoria. Inoltre in diversi casi sono previste anche delle commissioni di performance che in annate particolarmente brillanti possono ridurre le performance in tasca al sottoscrittore. Per esempio, se un fondo azionario prevede una commissione annua di performance del 20%, in un anno nel quale si registrasse un rialzo della quota del 10%, il risultato effettivo in tasca al sottoscrittore del Fondo sarebbe limitato all’8% (ovvero il 10% meno il 20% di commissioni di performance). Certo è che l’aspetto non trascurabile riguarda la qualità della diversificazione di titoli che il Fondo Comune ha in portafoglio, perché spesso, come per esempio in questa fase dei mercati, non basta avere in portafoglio decine o centinaia di titoli per una efficace diversificazione. Il team di gestione attiva può modificare, a differenza di un ETP, il proprio portafoglio d’investimento, in funzione dell’andamento degli indici, e calibrare l’esposizione al mercato sottostante. Per esempio, un fondo azionario area euro potrebbe scendere fino al 70% di investimenti nelle Borse dell’area euro in una fase particolarmente critica al ribasso (come quella seguente al crac Lehman Brothers del settembre 2008 o quella successiva alla crisi del debito sovrano della zona euro dell’estate del 2011). Una possibilità capace, da sola, di contenere le perdite di mercato utilizzando la liquidità per investimenti in titoli particolarmente colpiti dalle vendite (e quindi svalutati dal mercato) cosa che invece non può fare un Fondo passivo che è invece ‘obbligato’ a replicare l’indice di riferimento sia al ribasso sia al rialzo. Un ETP, inoltre, al fine di replicare fedelmente l’indice di riferimento, deve per forza acquistare i titoli che potrebbero essere oggetto di compere speculative che portano a valutazioni irrazionali oppure vendere i titoli in caduta libera sul mercato, solo perché frutto di rumors destituiti di ogni fondamento mentre i dati aziendali restano solidi. La combinazione di questi due effetti (continuare a comprare titoli sopravvalutati che continuano a salire e vendere senza soluzione di continuità quelli che continuano a scendere) conduce ad un’altra questione di rilievo: il rischio di concentrazione, rigorosamente limitato in qualsiasi strategia attiva, è invece considerato ragionevole e tollerabile nelle strategie passive.
VALORI DELLE QUOTE CONFRONTABILI TRA ETF E FONDI
Sia che si tratti di ETP sia che si tratti di Fondi comuni, l’investitore ha la possibilità di acquistarli in Borsa, attraverso la sua banca o tramite una rete di consulenti. Attenzione però ad un aspetto non trascurabile, nel caso dei Fondi comuni, al fatto che il risparmiatore risulta esposto ad acquisti e vendite senza conoscere esattamente la quota di acquisto e soprattutto di vendita. Infatti la quota NAV (net asset value) del Fondo comune è sempre riferita a uno o due giorni prima. Se, per esempio, si vendessero le quote di un fondo azionario USA quando l’S&P500 è a quota 2.550 punti e il cambio eur/usd a 1,188, la valorizzazione delle quote di vendita due giorni dopo potrebbe essere effettuata con l’S&P500 a quota 2.500 (-2%) e il fixing eur/usd a 1,20 (-1%) con l’effetto di incassare il 3% in meno rispetto al valore calcolato alla data di vendita. In ogni caso, che si tratti di ETP, Fondi comuni o comparti di SICAV, il valore della quota NAV include le spese di gestione. Questo permette confronti tra prodotti diversi per tipologia ma appartenenti alla medesima categoria d’investimento. Nei prossimi giorni seguiremo questo tema proprio per tracciare il confronto tra ETP e fondi comuni. Analizzeremo, infatti, i risultati di recenti ricerche (come quella condotta da Lyxor ) sulla gestione attiva e passiva.
GLI ETP
Uno dei principali vantaggi che gli ETP garantiscono ai sottoscrittori è la replica di un preciso indice di mercato senza sorprese. Per esempio, se si sottoscrive un ETF sull’S&P500 si ha la certezza che il proprio investimento seguirà in modo puntuale l’andamento dell’indice S&P500 di Wall Street, sia durante le fasi ascendenti sia durante i periodi di calo. Un altro vantaggio è costituito dai costi annui di gestione: per gli ETF ad indirizzo azionario si attestano di solito sotto il mezzo punto percentuale, con valori vicini allo 0,10% - 0,15% per gli ETF più scambiati in Borsa che replicano gli indici Eurostoxx e S&P500: solo gli ETF specializzati sui listini e sugli indici esotici (come l’MSCI emerging markets, l’MSCI China o l’MSCI India) evidenziano costi maggiori restando comunque sempre al di sotto del punto percentuale all’anno. Gli ETF sono inoltre quotati in Borsa: questa particolarità consente di acquistarli e rivenderli ad un prezzo certo, esattamente come un qualsiasi titolo azionario.
FONDI COMUNI E COMPARTI DI SICAV
I Fondi comuni a gestione attiva si propongono come prodotti che intendono battere un indice di riferimento sia in termini di performance (a parità di rischio) o di minore rischio (volatilità) a parità di rendimento o l’insieme dei due elementi (performance e volatilità). Per raggiungere questo obiettivo, le case d’investimento sono strutturate con team di gestione con un alto grado di specializzazione professionale sui singoli mercati, analisti di settore, risk manager (per il controllo del rischio di portafoglio), comitati di investimento che supervisionano la corrispondenza delle operazioni di mercato che il team effettua con quelle specificate nel prospetto informativo e nel regolamento del Fondo d’investimento. Una struttura complessa e di garanzia che comporta costi maggiori rispetto alla replica di un indice di mercato (per la quale è sufficiente inserire in portafoglio le dosi corrette dei titoli che compongono l’indice stesso e adeguarle nel tempo in funzione degli andamenti di mercato). Infatti, dando uno sguardo ai costi, si vede per esempio che i Fondi azionari area euro e i Fondi azionari USA evidenziano spese correnti (cioè l’insieme di tutti i costi annui) superiori al due per cento contro lo 0,20% -0,30% degli ETF di categoria. Inoltre in diversi casi sono previste anche delle commissioni di performance che in annate particolarmente brillanti possono ridurre le performance in tasca al sottoscrittore. Per esempio, se un fondo azionario prevede una commissione annua di performance del 20%, in un anno nel quale si registrasse un rialzo della quota del 10%, il risultato effettivo in tasca al sottoscrittore del Fondo sarebbe limitato all’8% (ovvero il 10% meno il 20% di commissioni di performance). Certo è che l’aspetto non trascurabile riguarda la qualità della diversificazione di titoli che il Fondo Comune ha in portafoglio, perché spesso, come per esempio in questa fase dei mercati, non basta avere in portafoglio decine o centinaia di titoli per una efficace diversificazione. Il team di gestione attiva può modificare, a differenza di un ETP, il proprio portafoglio d’investimento, in funzione dell’andamento degli indici, e calibrare l’esposizione al mercato sottostante. Per esempio, un fondo azionario area euro potrebbe scendere fino al 70% di investimenti nelle Borse dell’area euro in una fase particolarmente critica al ribasso (come quella seguente al crac Lehman Brothers del settembre 2008 o quella successiva alla crisi del debito sovrano della zona euro dell’estate del 2011). Una possibilità capace, da sola, di contenere le perdite di mercato utilizzando la liquidità per investimenti in titoli particolarmente colpiti dalle vendite (e quindi svalutati dal mercato) cosa che invece non può fare un Fondo passivo che è invece ‘obbligato’ a replicare l’indice di riferimento sia al ribasso sia al rialzo. Un ETP, inoltre, al fine di replicare fedelmente l’indice di riferimento, deve per forza acquistare i titoli che potrebbero essere oggetto di compere speculative che portano a valutazioni irrazionali oppure vendere i titoli in caduta libera sul mercato, solo perché frutto di rumors destituiti di ogni fondamento mentre i dati aziendali restano solidi. La combinazione di questi due effetti (continuare a comprare titoli sopravvalutati che continuano a salire e vendere senza soluzione di continuità quelli che continuano a scendere) conduce ad un’altra questione di rilievo: il rischio di concentrazione, rigorosamente limitato in qualsiasi strategia attiva, è invece considerato ragionevole e tollerabile nelle strategie passive.
VALORI DELLE QUOTE CONFRONTABILI TRA ETF E FONDI
Sia che si tratti di ETP sia che si tratti di Fondi comuni, l’investitore ha la possibilità di acquistarli in Borsa, attraverso la sua banca o tramite una rete di consulenti. Attenzione però ad un aspetto non trascurabile, nel caso dei Fondi comuni, al fatto che il risparmiatore risulta esposto ad acquisti e vendite senza conoscere esattamente la quota di acquisto e soprattutto di vendita. Infatti la quota NAV (net asset value) del Fondo comune è sempre riferita a uno o due giorni prima. Se, per esempio, si vendessero le quote di un fondo azionario USA quando l’S&P500 è a quota 2.550 punti e il cambio eur/usd a 1,188, la valorizzazione delle quote di vendita due giorni dopo potrebbe essere effettuata con l’S&P500 a quota 2.500 (-2%) e il fixing eur/usd a 1,20 (-1%) con l’effetto di incassare il 3% in meno rispetto al valore calcolato alla data di vendita. In ogni caso, che si tratti di ETP, Fondi comuni o comparti di SICAV, il valore della quota NAV include le spese di gestione. Questo permette confronti tra prodotti diversi per tipologia ma appartenenti alla medesima categoria d’investimento. Nei prossimi giorni seguiremo questo tema proprio per tracciare il confronto tra ETP e fondi comuni. Analizzeremo, infatti, i risultati di recenti ricerche (come quella condotta da Lyxor ) sulla gestione attiva e passiva.
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