derivati
News & Views – 16 ottobre 2017
Insight dalla redazione di FinanciaLounge su quello che si muove nelle economie e nei mercati.
16 Ottobre 2017 09:56
Forse per Wall Street è ora di una pausa
Anche i rialzisti più irriducibili cominciano a dichiarare che forse è arrivato il momento che la borsa americana faccia una sosta ai box prima che il motore esploda. Nessuna previsione di catastrofe, anche perché la stagione appena iniziata delle trimestrali d’autunno è partita bene con le grandi banche, da Citi a JP Morgan a Bofa, che hanno battuto le attese anche se soffrono nel trading sul reddito fisso. Inoltre la ripresa globale continua, ma anche qui sono diversi i mercati azionari che segnano nuovi massimi, e questo non può che beneficiare i titoli dello S&P 500 che hanno una forte esposizione globale: il fatturato complessivo dell’indice cresce a un ritmo poco sotto il 5%, quello delle aziende più esposte all’estero sfiora l’8%. All’interno di questo gruppo brillano i tecnologici, principali contributori alla crescita degli utili. E c’è chi fa notare che gli utili continuano a crescere anche senza la riforma fiscale di Trump. Sul lato dei rischi geopolitici quello coreano non sembra proprio tale, l’ETF che replica la Borsa di Seul ha fatto il 33% da inizio anno. Ma proprio perché l’orizzonte sembra libero da nubi – by the way, oltre il 70% dei titoli di Wall Street viaggia sopra la media mobile a 50 giorni – forse è il momento di prendersi una pausa e farsi un giro nel resto del mondo, magari in Giappone.
L’Iran come l’URSS prima del collasso?
A quasi trent’anni dal crollo dell’Impero del Male, il Satana dei giorni nostri abita a Teheran? La pensano così Donald Trump, i suoi alleati Sauditi, gli Israeliani. Non sono d’accordo gli Europei, Putin e forse anche i Cinesi. Gli esperti di geopolitica Reuel Marc Gerecht e Ray Takeyh prendono sul serio Trump e sul WSJ si lanciano in un parallelismo tra l’URSS di trent’anni fa e l’Iran di oggi: la teocrazia iraniana, salutata nel 1979 come la liberazione dalla dittatura feroce dei Pahlavi, ha esaurito la spinta riformista nel 1999, con la ribellione degli studenti soffocata nel sangue. Ma l’Islam si è indebolito nella società civile, le moschee sono vuote anche nei giorni delle ricorrenze religiose, i giovani sono sempre più laici, e la corruzione sempre più diffusa. E qui arriva il parallelo su come gestirono la situazione i presidenti americani al tempo degli scricchiolii dell’Unione Sovietica: la ricetta di Jimmy Carter e dei Democratici fu la coesistenza, quella di Ronald Reagan fu di accelerare la crisi minando la potenza militare dell’URSS, aiutando i dissidenti e facendo pressione sulle frontiere imperiali. Trump deve seguire l’esempio di Reagan, parlare direttamente agli Iraniani e intanto punire il regime con le sanzioni. Ha funzionato con l’URSS e potrebbe funzionare con la teocrazia iraniana. Interessante, ma viene omesso un elemento essenziale: non si vedono oggi dei Gorbaciov in giro per Teheran.
Atlantico meno largo per i derivati
Notizia poco ripresa ma densa di significati. Americani e Europei sono riusciti ad abbattere una barriera che sembrava insormontabile, risalente ai tempi di Obama, in una materia molto sensibile dal punto di vista della stabilità dei mercati finanziari. Il terreno è quello dei derivati e il passo avanti è un accordo raggiunto tra il regolatore USA in materia e la Commissione Europea raggiunto venerdì 13 ottobre, che prevede la reciproca accettazione delle rispettive regole sul clearing e soprattutto sui requisiti che devono avere i collaterali di questi strumenti finanziari per i quali non esiste, perché è impossibile, un mercato regolamentato. Grazie all’accordo gli operatori delle due aree potranno ora fare trading sulle rispettive piattaforme sulla base di regole diverse ma riconosciute e accettate da entrambi. Per il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis ora ci saranno più certezze sui mercati, meno arbitraggi regolatori e più competizione. Insieme a quello dei cambi, il mercato dei derivati non è e non può essere regolamentato, il prezzo lo fanno compratore e venditore se riescono a incontrarsi. Ora sarà più facile e potrebbe essere anche un viatico per una ripresa del dialogo sul terreno minato di Basilea 3.
Anche i rialzisti più irriducibili cominciano a dichiarare che forse è arrivato il momento che la borsa americana faccia una sosta ai box prima che il motore esploda. Nessuna previsione di catastrofe, anche perché la stagione appena iniziata delle trimestrali d’autunno è partita bene con le grandi banche, da Citi a JP Morgan a Bofa, che hanno battuto le attese anche se soffrono nel trading sul reddito fisso. Inoltre la ripresa globale continua, ma anche qui sono diversi i mercati azionari che segnano nuovi massimi, e questo non può che beneficiare i titoli dello S&P 500 che hanno una forte esposizione globale: il fatturato complessivo dell’indice cresce a un ritmo poco sotto il 5%, quello delle aziende più esposte all’estero sfiora l’8%. All’interno di questo gruppo brillano i tecnologici, principali contributori alla crescita degli utili. E c’è chi fa notare che gli utili continuano a crescere anche senza la riforma fiscale di Trump. Sul lato dei rischi geopolitici quello coreano non sembra proprio tale, l’ETF che replica la Borsa di Seul ha fatto il 33% da inizio anno. Ma proprio perché l’orizzonte sembra libero da nubi – by the way, oltre il 70% dei titoli di Wall Street viaggia sopra la media mobile a 50 giorni – forse è il momento di prendersi una pausa e farsi un giro nel resto del mondo, magari in Giappone.
L’Iran come l’URSS prima del collasso?
A quasi trent’anni dal crollo dell’Impero del Male, il Satana dei giorni nostri abita a Teheran? La pensano così Donald Trump, i suoi alleati Sauditi, gli Israeliani. Non sono d’accordo gli Europei, Putin e forse anche i Cinesi. Gli esperti di geopolitica Reuel Marc Gerecht e Ray Takeyh prendono sul serio Trump e sul WSJ si lanciano in un parallelismo tra l’URSS di trent’anni fa e l’Iran di oggi: la teocrazia iraniana, salutata nel 1979 come la liberazione dalla dittatura feroce dei Pahlavi, ha esaurito la spinta riformista nel 1999, con la ribellione degli studenti soffocata nel sangue. Ma l’Islam si è indebolito nella società civile, le moschee sono vuote anche nei giorni delle ricorrenze religiose, i giovani sono sempre più laici, e la corruzione sempre più diffusa. E qui arriva il parallelo su come gestirono la situazione i presidenti americani al tempo degli scricchiolii dell’Unione Sovietica: la ricetta di Jimmy Carter e dei Democratici fu la coesistenza, quella di Ronald Reagan fu di accelerare la crisi minando la potenza militare dell’URSS, aiutando i dissidenti e facendo pressione sulle frontiere imperiali. Trump deve seguire l’esempio di Reagan, parlare direttamente agli Iraniani e intanto punire il regime con le sanzioni. Ha funzionato con l’URSS e potrebbe funzionare con la teocrazia iraniana. Interessante, ma viene omesso un elemento essenziale: non si vedono oggi dei Gorbaciov in giro per Teheran.
Atlantico meno largo per i derivati
Notizia poco ripresa ma densa di significati. Americani e Europei sono riusciti ad abbattere una barriera che sembrava insormontabile, risalente ai tempi di Obama, in una materia molto sensibile dal punto di vista della stabilità dei mercati finanziari. Il terreno è quello dei derivati e il passo avanti è un accordo raggiunto tra il regolatore USA in materia e la Commissione Europea raggiunto venerdì 13 ottobre, che prevede la reciproca accettazione delle rispettive regole sul clearing e soprattutto sui requisiti che devono avere i collaterali di questi strumenti finanziari per i quali non esiste, perché è impossibile, un mercato regolamentato. Grazie all’accordo gli operatori delle due aree potranno ora fare trading sulle rispettive piattaforme sulla base di regole diverse ma riconosciute e accettate da entrambi. Per il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis ora ci saranno più certezze sui mercati, meno arbitraggi regolatori e più competizione. Insieme a quello dei cambi, il mercato dei derivati non è e non può essere regolamentato, il prezzo lo fanno compratore e venditore se riescono a incontrarsi. Ora sarà più facile e potrebbe essere anche un viatico per una ripresa del dialogo sul terreno minato di Basilea 3.
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