Bank of England
Si chiama inflazione il messaggio dal Fondo Monetario Internazionale
I banchieri centrali che hanno partecipato al meeting di Washington concordano nel prevedere una accelerazione dei prezzi nei prossimi mesi.
17 Ottobre 2017 10:11
Per chi ha seguito sui media italiani il meeting del Fondo Monetario di Washington che si è chiuso domenica 15 ci sono pochi dubbi: a tenere banco sono stati i Non Performing Loan (NPL) italiani e la stretta sulla loro contabilizzazione nei bilanci delle banche promessa dalla capa della Vigilanza europea Nouy. In realtà se ne è parlato solo perché torme di giornalisti sono stati incitati da Roma e Milano a subissare di domande sul tema i banchieri centrali, a cominciare dal povero Draghi. Ma nelle sessioni del Fondo se ne è parlato poco e nulla, mentre il tema che ha veramente tenuto banco è stato l’inflazione globale che apparentemente non vuole ripartire.
La novità è che i principali banchieri centrali, dall’americana Yellen, agli europei Draghi e Vitor Constancio, al britannico Mark Carney, al giapponese Kuroda, sono tutti d’accordo: è solo questione di tempo, l’inflazione arriva, bisogna aver pazienza e proseguire lungo il percorso tracciato. Un percorso diverso nelle diverse aree. Per gli USA vuol dire continuare ad alzare gradualmente i tassi e cominciare a smantellare il portafoglio titoli, per la Gran Bretagna cominciare a farlo, per la BCE tracciare la road map per arrivarci, e per i giapponesi tenere duro. La più bullish sull’inflazione è Janet, che a conclusione dei lavori domenica sera se l’è sentita di affermare che la sua “miglior previsione” è che i prezzi al consumo “accelereranno presto”. Mario Draghi insieme al suo vice Constancio le ha fatto eco dicendosi “fiducioso” che l’inflazione salirà rispetto al livello dell’1,5% toccato in Europa a settembre. E Carney, che gode di un’inflazione già sopra il target di Bank of England causa Brexit, prevede di cominciare ad alzare i tassi nei prossimi mesi.
Alcuni osservatori hanno notato che per la prima volta in questo meeting del FMI da quando è esplosa la crisi sembra ‘evaporato’ il senso di timore di non farcela che aveva dominato per quasi 10 anni, e che ora si guardi al futuro delle economie senza paura. I timori riguardano piuttosto i mercati, soprattutto l’azionario americano e dei paesi emergenti, che potrebbero aver esagerato nell’anticipare la ripresa globale e forse farebbero bene a prendersi una pausa. I rialzi dei tassi della Fed, seppur dosati un quartino alla volta, dovrebbero aiutare in questa direzione. Ma a livello di ritorno alla normalità monetaria il risultato sembra acquisito, la domanda interna migliora dappertutto e questo deve materializzarsi con il trasferimento in un’inflazione che accelera in tempi stretti. La pensano così anche diversi economisti, come quelli di JPMorgan Chase che prevedono un’accelerazione dell’inflazione globale ad almeno il 3 per cento nel quarto trimestre dell’anno, che sarebbe la velocità più alta da oltre sei anni.
La novità è che i principali banchieri centrali, dall’americana Yellen, agli europei Draghi e Vitor Constancio, al britannico Mark Carney, al giapponese Kuroda, sono tutti d’accordo: è solo questione di tempo, l’inflazione arriva, bisogna aver pazienza e proseguire lungo il percorso tracciato. Un percorso diverso nelle diverse aree. Per gli USA vuol dire continuare ad alzare gradualmente i tassi e cominciare a smantellare il portafoglio titoli, per la Gran Bretagna cominciare a farlo, per la BCE tracciare la road map per arrivarci, e per i giapponesi tenere duro. La più bullish sull’inflazione è Janet, che a conclusione dei lavori domenica sera se l’è sentita di affermare che la sua “miglior previsione” è che i prezzi al consumo “accelereranno presto”. Mario Draghi insieme al suo vice Constancio le ha fatto eco dicendosi “fiducioso” che l’inflazione salirà rispetto al livello dell’1,5% toccato in Europa a settembre. E Carney, che gode di un’inflazione già sopra il target di Bank of England causa Brexit, prevede di cominciare ad alzare i tassi nei prossimi mesi.
Alcuni osservatori hanno notato che per la prima volta in questo meeting del FMI da quando è esplosa la crisi sembra ‘evaporato’ il senso di timore di non farcela che aveva dominato per quasi 10 anni, e che ora si guardi al futuro delle economie senza paura. I timori riguardano piuttosto i mercati, soprattutto l’azionario americano e dei paesi emergenti, che potrebbero aver esagerato nell’anticipare la ripresa globale e forse farebbero bene a prendersi una pausa. I rialzi dei tassi della Fed, seppur dosati un quartino alla volta, dovrebbero aiutare in questa direzione. Ma a livello di ritorno alla normalità monetaria il risultato sembra acquisito, la domanda interna migliora dappertutto e questo deve materializzarsi con il trasferimento in un’inflazione che accelera in tempi stretti. La pensano così anche diversi economisti, come quelli di JPMorgan Chase che prevedono un’accelerazione dell’inflazione globale ad almeno il 3 per cento nel quarto trimestre dell’anno, che sarebbe la velocità più alta da oltre sei anni.
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