ETC
ETP, a settembre l’azionario Giappone spopola nei portafogli internazionali
I flussi mensili globali degli ETP hanno premiato nel mese pure i prodotti specializzati sui Treausury USA, gli azionari paesi emergenti e gli azionari USA small cap.
24 Ottobre 2017 09:19
Un flusso mensile di raccolta netta pari a 38,7 miliardi di dollari che porta a 456 i miliardi accumulati da inizio anno: è questo il bilancio che si può trarre in base ai dati a fine settembre dell’industria mondiale degli ETP (l’insieme di ETF, ETN e ETC). Flussi che, sommati agli andamenti dei mercati finanziari, hanno permesso di far crescere di oltre il 25% il patrimonio sottostante dei 6.389 ETP censiti in tutto il mondo: dai 3.500 miliardi di dollari di asset a fine dicembre, a fine settembre è stato sfiorato il muro dei 4.440 miliardi.
A settembre, la parte del leone in termini di raccolta l’hanno fatta ancora gli ETP a indirizzo azionario con 27,2 miliardi di nuove sottoscrizioni, seguiti dagli ETP a vocazione obbligazionaria con 12,7 miliardi: gli ETP specializzati sulle commodity hanno invece accumulato adesioni nette per 1,6 miliardi.
Entrando più nello specifico, si può constatare che a settembre gli ETP azionari Giappone sono stati i più gettonati con 4,7 miliardi di nuove sottoscrizioni: dietro gli azionari EAFE (3,7 miliardi) e gli azionari USA small cap (2,8 miliardi).
In ambito obbligazionario, invece, adesioni sostanziose sono piovute sugli ETP focalizzati sui Treasury USA (4,3 miliardi) e, a seguire, sugli high yield (2,3 miliardi), sugli ETP obbligazionari globali (1,9 miliardi), sul debito emergente (1,1 miliardi) e sugli ETP specializzati sulle obbligazioni societarie investment grade (900 milioni). Il saldo positivo mensile degli ETP che investono in materie prime è invece dovuto agli ETP specializzati sull’oro, capaci nel mese di raccogliere 2,2 miliardi: in rosso, invece sia gli ETP specializzati sul petrolio (-1 miliardo) e sia quelli che investono sull’argento (-100 milioni).
Gli addetti ai lavori segnalano infine una tendenza emersa nel mese di settembre. Nonostante sia stato un altro mese positivo per gli ETP azionari EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), sembra che gli investitori americani siano adesso meno attratti dalle azioni europee. A pesare su questo nuovo atteggiamento sia il rallentamento delle prospettive di crescita europea e sia la ritrovata forza del dollaro rispetto all’euro che potrebbe aver incoraggiato gli investitori statunitensi a riposizionarsi sui mercati azionari domestici.
A settembre, la parte del leone in termini di raccolta l’hanno fatta ancora gli ETP a indirizzo azionario con 27,2 miliardi di nuove sottoscrizioni, seguiti dagli ETP a vocazione obbligazionaria con 12,7 miliardi: gli ETP specializzati sulle commodity hanno invece accumulato adesioni nette per 1,6 miliardi.
Entrando più nello specifico, si può constatare che a settembre gli ETP azionari Giappone sono stati i più gettonati con 4,7 miliardi di nuove sottoscrizioni: dietro gli azionari EAFE (3,7 miliardi) e gli azionari USA small cap (2,8 miliardi).
In ambito obbligazionario, invece, adesioni sostanziose sono piovute sugli ETP focalizzati sui Treasury USA (4,3 miliardi) e, a seguire, sugli high yield (2,3 miliardi), sugli ETP obbligazionari globali (1,9 miliardi), sul debito emergente (1,1 miliardi) e sugli ETP specializzati sulle obbligazioni societarie investment grade (900 milioni). Il saldo positivo mensile degli ETP che investono in materie prime è invece dovuto agli ETP specializzati sull’oro, capaci nel mese di raccogliere 2,2 miliardi: in rosso, invece sia gli ETP specializzati sul petrolio (-1 miliardo) e sia quelli che investono sull’argento (-100 milioni).
Gli addetti ai lavori segnalano infine una tendenza emersa nel mese di settembre. Nonostante sia stato un altro mese positivo per gli ETP azionari EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), sembra che gli investitori americani siano adesso meno attratti dalle azioni europee. A pesare su questo nuovo atteggiamento sia il rallentamento delle prospettive di crescita europea e sia la ritrovata forza del dollaro rispetto all’euro che potrebbe aver incoraggiato gli investitori statunitensi a riposizionarsi sui mercati azionari domestici.
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