Alan Greenspan
L’indice dell’intimo maschile svela come va l’economia
Si chiama Men's Underwear Index (MUI) e tra i suoi estimatori c'è anche Alan Greenspan. Ecco come funziona.
30 Ottobre 2017 00:01
PIL, bilancia commerciale, fiducia dei consumatori, consumi interni. Sono tutti indicatori economici “nobili” e utili, ma fotografano realmente l’andamento di un paese? Il dubbio deve essere venuto a molti, se negli ultimi anni sono nati numerosi indicatori economici… alternativi. Tra questi il più gettonato è sicuramente il Men’s Underwear Index (MUI). Sì, la traduzione che avete fatto è corretta: “men” sta per uomini e “underwear” sta per intimo. Quindi per capire come sta andando l’economia italiana basta aprire il cassetto deputato ad accogliere slip e canottiere? Quasi, a patto di osservare con attenzione la fornitura di intimo e chiedersi con quale frequenza la rinnoviamo.
Se ancora non credete nei poteri divinatori del MUI, pensate che tra i suoi grandi sostenitori c’è Alan Greenspan, Presidente della Federal Reserve (la banca centrale USA) dal 1987 al 2006. Secondo questo mostro sacro della finanza mondiale, il concetto più o meno è questo: se l’economia di un paese va male, gli uomini tendono a rinviare l’acquisto di nuova biancheria intima; di conseguenza, nei momenti di crisi le vendite complessive calano mentre, nelle fasi di ripresa, i maschietti decidono di rinnovare questa parte indispensabile del guardaroba.
A prima vista il confronto tra MUI e altri indicatori più complessi sembra impari. Ma spesso le informazioni più significative si nascondo nei dettagli. L’intimo maschile, infatti, si presta bene alla “spending review” domestica: essendo indispensabile, tutti gli uomini ne hanno a sufficienza. Tuttavia, per la maggior parte di loro non è un problema utilizzare un paio di slip per qualche mese in più. Un maglione bucato non è l’ideale per migliorare la propria immagine con amici e colleghi di lavoro, visto che un buco è immediatamente visibile. Uno slip scolorito o, nel peggiore dei casi, rovinato da mesi e mesi di utilizzo rimane un segreto ben custodito dai pantaloni che (si spera) stiamo indossando. Quindi, per motivi di opportunità, se un uomo deve risparmiare preferisce rimandare l’acquisto di un paio di slip piuttosto che di un maglione. È un po’ come non avere soldi per cambiare auto e utilizzare quella che si ha per altri 10.000 chilometri: magari le performance non saranno memorabili e il lettore cd sarà fuori uso, ma svolgerà ancora dignitosamente la sua funzione principale.
Ora, mentre immaginate fior di economisti che scrutano con fare serioso il proprio cassettino dell’intimo, sarà (forse) utile sapere che il MUI non è l’unico indice economico alternativo.
Esiste, per esempio, l’indice Big Mac, utile a confrontare il potere di acquisto di valute di paesi diversi. Oppure il Lipstick Index, secondo cui in tempi di crisi le donne rinunciano a oggetti più preziosi (scarpe, borse, etc.) per sfogare la voglia di shopping su beni meno costosi come il rossetto. O ancora, come insegna il caso di Detroit nel 2009, l’indice piuttosto macabro legato al numero di corpi non reclamati negli obitori in periodo di recessione.
Tornando al nostro MUI, in questo stesso periodo post crisi (nel 2009) secondo la società di ricerca Mintel la percentuale di uomini americani che ha comprato un solo paio di slip per volta è passata dal 5 all’8%. In un articolo del 2009 sul MUI, il Washington Post aveva raccolto la testimonianza del signor Kenneth Sanford. Prima di perdere il lavoro, Sanford comprava un nuovo paio di boxer ogni tre mesi, ma nel momento dell’intervista – da disoccupato - non ne comprava uno da otto mesi.
Per chiudere il discorso sul MUI, possiamo prendere come limite ultimo gli otto mesi del signor Sanford. Ma superati quelli, cari amici uomini, non c’è crisi che tenga. Guardate dentro voi stessi e mentre siete sul divano ponetevi la domanda: voglio veramente indossare ancora quel paio di slip (una volta) neri e ora di un grigio indefinito per mantenere l’abbonamento alla pay tv? Se la risposta è sì, cominciate a cercare un secondo lavoro.
Se ancora non credete nei poteri divinatori del MUI, pensate che tra i suoi grandi sostenitori c’è Alan Greenspan, Presidente della Federal Reserve (la banca centrale USA) dal 1987 al 2006. Secondo questo mostro sacro della finanza mondiale, il concetto più o meno è questo: se l’economia di un paese va male, gli uomini tendono a rinviare l’acquisto di nuova biancheria intima; di conseguenza, nei momenti di crisi le vendite complessive calano mentre, nelle fasi di ripresa, i maschietti decidono di rinnovare questa parte indispensabile del guardaroba.
A prima vista il confronto tra MUI e altri indicatori più complessi sembra impari. Ma spesso le informazioni più significative si nascondo nei dettagli. L’intimo maschile, infatti, si presta bene alla “spending review” domestica: essendo indispensabile, tutti gli uomini ne hanno a sufficienza. Tuttavia, per la maggior parte di loro non è un problema utilizzare un paio di slip per qualche mese in più. Un maglione bucato non è l’ideale per migliorare la propria immagine con amici e colleghi di lavoro, visto che un buco è immediatamente visibile. Uno slip scolorito o, nel peggiore dei casi, rovinato da mesi e mesi di utilizzo rimane un segreto ben custodito dai pantaloni che (si spera) stiamo indossando. Quindi, per motivi di opportunità, se un uomo deve risparmiare preferisce rimandare l’acquisto di un paio di slip piuttosto che di un maglione. È un po’ come non avere soldi per cambiare auto e utilizzare quella che si ha per altri 10.000 chilometri: magari le performance non saranno memorabili e il lettore cd sarà fuori uso, ma svolgerà ancora dignitosamente la sua funzione principale.
Ora, mentre immaginate fior di economisti che scrutano con fare serioso il proprio cassettino dell’intimo, sarà (forse) utile sapere che il MUI non è l’unico indice economico alternativo.
Esiste, per esempio, l’indice Big Mac, utile a confrontare il potere di acquisto di valute di paesi diversi. Oppure il Lipstick Index, secondo cui in tempi di crisi le donne rinunciano a oggetti più preziosi (scarpe, borse, etc.) per sfogare la voglia di shopping su beni meno costosi come il rossetto. O ancora, come insegna il caso di Detroit nel 2009, l’indice piuttosto macabro legato al numero di corpi non reclamati negli obitori in periodo di recessione.
Tornando al nostro MUI, in questo stesso periodo post crisi (nel 2009) secondo la società di ricerca Mintel la percentuale di uomini americani che ha comprato un solo paio di slip per volta è passata dal 5 all’8%. In un articolo del 2009 sul MUI, il Washington Post aveva raccolto la testimonianza del signor Kenneth Sanford. Prima di perdere il lavoro, Sanford comprava un nuovo paio di boxer ogni tre mesi, ma nel momento dell’intervista – da disoccupato - non ne comprava uno da otto mesi.
Per chiudere il discorso sul MUI, possiamo prendere come limite ultimo gli otto mesi del signor Sanford. Ma superati quelli, cari amici uomini, non c’è crisi che tenga. Guardate dentro voi stessi e mentre siete sul divano ponetevi la domanda: voglio veramente indossare ancora quel paio di slip (una volta) neri e ora di un grigio indefinito per mantenere l’abbonamento alla pay tv? Se la risposta è sì, cominciate a cercare un secondo lavoro.
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