cambiamenti climatici
Cambiamenti climatici, i due fattori fondamentali per l’attuazione degli accordi
A Bonn è partita la COP23, la 23esima conferenza della Convenzione delle Nazioni unite sul cambiamento climatico: ecco cosa può determinarne il successo.
9 Novembre 2017 08:01
La COP23, la ventitreesima conferenza della Convenzione delle Nazioni unite sul cambiamento climatico è iniziata a Bonn questa settimana ed è di estrema importanza per capire l’evoluzione del contrasto reale al cambiamento climatico e il suo potenziale impatto sulla sostenibilità globale.
“Perché la COP23 possa avere esito positivo, intravediamo due principali questioni di natura pratica in merito alle quali i negoziatori dovrebbero compiere dei passi in avanti” fanno sapere Wim Van Hyfte, Ph.D, Global Head of Responsible Investments and Research di Candriam Investors Group e Solange Le Jeune, Senior SRI Analyst di Candriam Investors Group. In primis è indispensabile progredire nel dibattito sugli obiettivi nazionali di decarbonizzazione. Gli impegni attuali complessivi non sono sufficienti per raggiungere l’obiettivo di “ben al di sotto dei 2 °C” fissato dall’accordo di Parigi.
“Il rapporto Gap del 2016 dimostra che la temperatura subirà un aumento compreso tra 2,9 °C e 3,4 °C: ne deriva che è necessario puntare più in alto” specificano Wim Van Hyfte e Solange Le Jeune, secondo i quali, il “Dialogo facilitativo”, che dovrà essere pronto entro la fine di quest’anno e che si terrà nel 2018, rappresenta il primo passo del processo di dialogo quinquennale. In secondo luogo, occorre definire “regole di trasparenza” applicabili a tutte le parti: più in particolare i paesi devono concordare norme comuni in materia di decarbonizzazione.
“L’idea di concretizzare un regolamento rigoroso e trasparente sulla comunicazione e il monitoraggio delle emissioni, al fine di valutare i percorsi di decarbonizzazione in maniera scrupolosa, è stata lanciata nel corso dei negoziati della COP22” ricordano Wim Van Hyfte e Solange Le Jeune, per i quali se si vuole centrare l’obiettivo in termini di trasparenza alla fine del 2018 (quando è prevista la COP24), è necessario che durante l’anno in corso vengano compiuti progressi soddisfacenti. Come supportare questi obiettivi ambiziosi? Il driver può essere trovato nella finanza climatica a livello internazionale, la cosiddetta “finanza green”, che consente di sostenere lo sviluppo di tecnologie pulite e di conseguire l’obiettivo del trattato.
“Tuttavia, far fluire la finanza verso i paesi in via di sviluppo, i quali storicamente hanno contribuito in piccola misura alle emissioni globali, è altresì fondamentale per aiutare gli stessi a mitigare e ad adeguarsi al cambiamento climatico” puntualizzano Wim Van Hyfte e Solange Le Jeune. In ogni caso, la “finanza green” resta una fonte di finanziamento importante perché c’è il rischio che i progressi effettuati dai paesi non siano sufficienti.
“È possibile che il successo dell’accordo di Parigi venga messo a repentaglio qualora i negoziatori non riescano a raggiungere un accordo sui sistemi di contabilizzazione e monitoraggio del carbonio e non trovino un punto d’incontro su come fissare gli obiettivi di decarbonizzazione. Non solo. Dal momento che l’obiettivo dell’accordo è ambizioso, richiede elevati livelli di cooperazione internazionale, che potrebbero venire meno in un momento di crescente nazionalismo” sottolineano Wim Van Hyfte e Solange Le Jeune secondo i quali però, nonostante la recente marcia indietro di Trump, il peso degli USA non è sufficiente per fermare il momentum cui si assiste dal 2015: un quadro d’insieme che dovrebbe pertanto rassicurare gli investitori in merito al fatto che il consensus a favore degli investimenti sul clima rimane inalterato.
“Perché la COP23 possa avere esito positivo, intravediamo due principali questioni di natura pratica in merito alle quali i negoziatori dovrebbero compiere dei passi in avanti” fanno sapere Wim Van Hyfte, Ph.D, Global Head of Responsible Investments and Research di Candriam Investors Group e Solange Le Jeune, Senior SRI Analyst di Candriam Investors Group. In primis è indispensabile progredire nel dibattito sugli obiettivi nazionali di decarbonizzazione. Gli impegni attuali complessivi non sono sufficienti per raggiungere l’obiettivo di “ben al di sotto dei 2 °C” fissato dall’accordo di Parigi.
“Il rapporto Gap del 2016 dimostra che la temperatura subirà un aumento compreso tra 2,9 °C e 3,4 °C: ne deriva che è necessario puntare più in alto” specificano Wim Van Hyfte e Solange Le Jeune, secondo i quali, il “Dialogo facilitativo”, che dovrà essere pronto entro la fine di quest’anno e che si terrà nel 2018, rappresenta il primo passo del processo di dialogo quinquennale. In secondo luogo, occorre definire “regole di trasparenza” applicabili a tutte le parti: più in particolare i paesi devono concordare norme comuni in materia di decarbonizzazione.
“L’idea di concretizzare un regolamento rigoroso e trasparente sulla comunicazione e il monitoraggio delle emissioni, al fine di valutare i percorsi di decarbonizzazione in maniera scrupolosa, è stata lanciata nel corso dei negoziati della COP22” ricordano Wim Van Hyfte e Solange Le Jeune, per i quali se si vuole centrare l’obiettivo in termini di trasparenza alla fine del 2018 (quando è prevista la COP24), è necessario che durante l’anno in corso vengano compiuti progressi soddisfacenti. Come supportare questi obiettivi ambiziosi? Il driver può essere trovato nella finanza climatica a livello internazionale, la cosiddetta “finanza green”, che consente di sostenere lo sviluppo di tecnologie pulite e di conseguire l’obiettivo del trattato.
“Tuttavia, far fluire la finanza verso i paesi in via di sviluppo, i quali storicamente hanno contribuito in piccola misura alle emissioni globali, è altresì fondamentale per aiutare gli stessi a mitigare e ad adeguarsi al cambiamento climatico” puntualizzano Wim Van Hyfte e Solange Le Jeune. In ogni caso, la “finanza green” resta una fonte di finanziamento importante perché c’è il rischio che i progressi effettuati dai paesi non siano sufficienti.
“È possibile che il successo dell’accordo di Parigi venga messo a repentaglio qualora i negoziatori non riescano a raggiungere un accordo sui sistemi di contabilizzazione e monitoraggio del carbonio e non trovino un punto d’incontro su come fissare gli obiettivi di decarbonizzazione. Non solo. Dal momento che l’obiettivo dell’accordo è ambizioso, richiede elevati livelli di cooperazione internazionale, che potrebbero venire meno in un momento di crescente nazionalismo” sottolineano Wim Van Hyfte e Solange Le Jeune secondo i quali però, nonostante la recente marcia indietro di Trump, il peso degli USA non è sufficiente per fermare il momentum cui si assiste dal 2015: un quadro d’insieme che dovrebbe pertanto rassicurare gli investitori in merito al fatto che il consensus a favore degli investimenti sul clima rimane inalterato.