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Il primo bitcoin? È nato nel 1400 in Micronesia. È di pietra e si usa ancora

Gli abitanti della sperduta isola di Yap conoscevano già la blockchain: ecco la storia del Rai e delle sue analogie con la criptovaluta più scambiata.

13 Novembre 2017 00:01

financialounge -  bitcoin Micronesia Rai Yap Island
Cosa c’entra una sperduta isola della Micronesia con il bitcoin? A prima vista, nulla. Eppure, leggendo con maggiore attenzione la storia dell’isola di Yap e delle sue strane monete di pietra, conosciute con il nome di Rai, si possono cogliere alcune significative analogie. Prima di parlarne, è bene fare un passo indietro e raccontare brevemente la genesi di queste monete, che entrano a pieno titolo tra le più strane valute della storia dell’umanità.

IL RAI, LA "DISCOVALUTA"
Secondo la leggenda che ancora oggi viene tramandata, intorno al 1400 gli abitanti di Yap (un’isola del Pacifico meridionale poco più grande di Pantelleria) raggiungono Palau, distante circa 400 chilometri. Abbagliati dalla bellezza di una particolare pietra locale, decidono di ricavarne dei pesanti dischi da usare come mezzo di scambio. Dopo aver praticato un foro al centro di ogni disco, trasportano le “monete” a bordo delle leggere canoe a bilanciere. Non proprio il massimo della sicurezza per una traversata oceanica così lunga. E infatti qualcuno ci lascia la pelle, soprattutto se il trasporto è particolarmente pesante, visto che uno dei criteri per dare un valore al Rai è proprio la grandezza. Ma non è l’unico: anche il tempo impiegato per l’estrazione della pietra, per esempio, ha la sua incidenza. I Rai più antichi valgono di più, dato che dal 1800 in poi è diventato più facile sia estrarli che trasportarli provocando, come ogni valuta che si rispetti, un fenomeno inflativo. Inoltre, triste ma vero, se il trasporto è costato la vita a qualcuno, il disco acquista valore.

[caption id="attachment_120415" align="alignnone" width="600"]Alcuni Rai dell'isola di Yap Alcuni Rai dell'isola di Yap[/caption]

MINATORI VERI E MINATORI VIRTUALI
Questa, in breve, è la storia del Rai dell’isola di Yap. Dalla quale si evince un primo punto di contatto con il bitcoin, anche se legato prevalentemente alla sfera lessicale. Come il bitcoin, infatti, anche il Rai viene “estratto”. Se per i dischi l’estrazione è fisica, per la criptovaluta più famosa al mondo è ovviamente virtuale. Il processo di mining, infatti, riguarda una serie di complicati calcoli che i “minatori” di internet effettuano mettendo a disposizione la potenza del proprio computer. O almeno era così agli albori del bitcoin, visto che attualmente il mining è diventato così complesso da richiedere macchine ad hoc oppure reti di computer collegati tra loro ma comunque dedicati esclusivamente all'estrazione della criptovaluta.

RAI, TUTTI SANNO TUTTO
Ma il vero aspetto che accomuna il bitcoin al Rai è la logica che rende le due monete scambiabili. Ancora oggi, girando sull’isola di Yap, è facile imbattersi in questi pesanti dischi di pietra abbandonati nei giardini delle abitazioni o lungo le strade. Un modo per scovare possibili ladri? No, semplicemente a nessuno yapese verrebbe mai in mente di rubare un Rai. Non solo perché sarebbe difficile da trasportare e nascondere, ma soprattutto perché sull’isola di Yap tutti sanno a chi appartiene ogni singolo Rai. Anche quelli che si trovano sul fondo del mare. E ciò è possibile grazie a un registro che tutti gli abitanti posseggono e che viene aggiornato dopo ogni transazione. Vi ricorda qualcosa? Esatto: la blockchain, la tecnologia che permette di creare i bitcoin e tiene conto di tutti i movimenti e gli scambi, permettendo, ad esempio, che il bitcoin venga speso solo dal suo legittimo proprietario. Quindi, come per i bitcoin, anche sull’isola di Yap non esiste una banca centrale (anche se la sigla BoY non suonerebbe male…) perché il registro diffuso garantisce la validità dei dischi di pietra. Che sull’isola della Micronesia, insieme al molto meno poetico dollaro americano, si usano ancora. Pur essendo un po’ scomodi per pagare un caffè al bar.

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