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Idee di investimento - Azioni - 04 dicembre 2017

4 Dicembre 2017 09:40

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nostre previsioni macro economiche di lungo termine formulate nell’ambito delle Long-Term Capital Market Assumptions sono il risultato del bilanciamento di due forze secolari: la demografia (ad esempio l’invecchiamento della popolazione) e la produttività”, afferma, nell’articolo “Ecco i rischi e i rendimenti su un orizzonte temporale di 10-15 anni”, John Bilton, Global Head of Multi-Asset Strategy di J.P. Morgan Asset Management, sicuro che la crescita potenziale di lungo periodo sarà determinata proprio dagli effetti di queste due forze. Con quali implicazioni sulle principali asset class? In ambito azionario si prospettano rendimenti attesi inferiori sia sui mercati sviluppati sia sugli emergenti, con il differenziale sulle azioni tra queste due aree geografiche marginalmente diminuito rispetto alla precedente analisi.

In ogni caso, dopo un anno di rendimenti eccezionalmente positivi per le attività rischiose, secondo gli Investment Strategist di Credit Suisse, i mercati azionari globali presentano ancora un potenziale di rialzo nel 2018. “La solida crescita economica accresce infatti guadagni e fiducia. Questo contesto dovrebbe favorire ulteriormente gli afflussi verso le azioni. Il ritiro di liquidità da parte delle banche centrali rappresenterà la sfida più importante, soprattutto negli ultimi mesi del 2018” fanno sapere, nell’articolo “Mercati azionari globali, perché il 2018 potrebbe essere un altro anno positivo”, gli esperti di Credit Suisse, che, infatti, tendono a privilegiare le azioni rispetto ai titoli di credito. Le loro previsioni per il 2018 sono particolarmente favorevoli per le azioni dei mercati emergenti che dovrebbero generare un total return lievemente al di sopra del 10%, con buone prospettive soprattutto per le small cap. “Nei mercati sviluppati le azioni del Giappone e della Svizzera presentano il migliore potenziale. A livello settoriale, vengono privilegiati sanità, telecomunicazioni, industriali e finanziari. Anche le azioni immobiliari dell'Eurozona offrono interessanti opportunità per gli investitori, dati i rendimenti ancora elevati” specificano i professionisti di Credit Suisse.

Anche secondo gli analisti di Amundi, la zona euro resta interessante, nonostante sia diminuita la stabilità politica tedesca, che è stata un fattore chiave della solidità dell’edificio europeo. “La Germania continuerà ad essere governata da dei partiti che, nonostante le loro divergenze su alcuni temi, sono tutti europeisti” sottolineano, nell’articolo “Zona euro, la solidità della crescita minimizza pure l’instabilità politica tedesca”, gli esperti di Amundi, secondo i quali nemmeno se si tenessero delle elezioni anticipate in Germania all’inizio del 2018, in un periodo vicino a quello delle elezioni italiane, ci sarebbe da preoccuparsi molto. Aumenterebbe inevitabilmente ‘il rumore politico’ ma non basterebbe comunque a frenare la ripresa economica: basti osservare a quello che è accaduto di recente sia in Belgio e sia in Spagna, paesi rimasti privi di un governo senza che questo abbia fermato la dinamica della loro crescita. “L’impatto reale di una situazione del genere in Germania è potenzialmente un cambiamento non favorevole dello scenario a lungo termine: finora, la stabilità politica tedesca è stata un fattore chiave della solidità dell’edificio europeo. E sebbene adesso lo sia un pochino meno, per ora il trend dell’economia nella zona Euro appare positivo” concludono i professionisti di Amundi.

Ma attenzione a non fare troppo affidamento alla volatilità bassa registrata negli ultimi 12 mesi. Dobbiamo prepararci a una “nuova normalità” in cui la volatilità si impenna anche se il mercato scende di pochi punti? O si tratta di eventi rari o anomalie statistiche? Se lo chiede, nell’articolo “Mercati, quella strana relazione tra volatilità e correzioni degli indici”, Luca Tobagi, CFA Investment Strategist di Invesco. “Per cercare di dare una risposta, è possibile utilizzare il teorema di Thomas Bayes, messo a punto proprio per calcolare la probabilità di qualcosa sapendo che si è verificato qualcos’altro” riferisce Luca Tobagi che poi, applicando il teorema di Bayes per capire di quale entità potrebbe essere una correzione, dato il fatto che la volatilità aumenti del 50%, illustra i risultati ottenuti: “Guardando alla storia, per l’S&P 500 l’ipotesi più probabile sarebbe un calo fra il 5 e il 10%, mentre per l’Euro Stoxx 50 sarebbe una discesa di oltre il 10%. Se, invece, il rialzo della volatilità fosse compreso fra il 10% e il 50%, l’esito più probabile sarebbe una correzione entro il 5%”. Luca Tobagi, raccomanda pertanto di non cadere nella trappola, di credere a quello che vorremmo che accadesse quando pensiamo alle correzioni dei mercati.

Intanto sul mercato si delineano tendenze ben precise, capaci di influire su interi settori. Nel lusso, come si legge nell’articolo “Lusso, il futuro è già nelle mani (e nei consumi) dei millennials”, emerge un tema forte per il settore e riguarda i millennials, la generazione di utenti nati tra il 1980 ed il 2000. Ebbene il 2017 dovrebbe evidenziare che oltre il 60% del giro d’affari dei beni di lusso è riconducibile agli under 40, sia uomini che donne. Ne deriva che il segmento di fascia alta del mercato, simbolo finora degli acquisti dei baby booomers (anche per effetto del fatto che si trovano nella fase conclusiva della propria vita lavorativa e quindi dispongono di maggiori risorse economiche da spendere), potrebbe stare per cambiare i protagonisti. Secondo gli addetti ai lavori forse è ancora presto per affermarlo con certezza mentre per altri osservatori è comunque importante che le aziende che hanno intercettato la domanda dei millennials riescano a mantenere alto il livello di sintonia con le nuove generazioni per essere pronti non solo a sfruttare (oggi) i millennials ma anche (domani) la generazione Z (i nati al 1995 al 2010) e via dicendo.

Un altro aspetto che si sta affermando è la presa di distanza dal settore oil & gas da parte dei grandi investitori istituzionali. Dopo l’addio al carbone il fondo pensione norvegese, il Government Pension Fund Global – Gpfg), il più grande fondo sovrano del mondo con circa 1.000 miliardi di dollari in gestione, abbandonerà anche petrolio e gas. Le motivazioni, come spiegato nell’articolo “La Norvegia si prepara a dire addio anche ai combustibili fossili” non sono solo di carattere ambientale ma anche di tipo economico. Resta il fatto che la Norvegia si appresta a dire addio ai combustibili fossili, dopo aver già smesso di investire nei produttori di carbone e anche nelle utilities che ne fanno uso: il fondo, infatti, ha annunciato che è pronto a disinvestire dalle compagnie dei comparti gas e petrolio per un ammontare pari a quasi 40 miliardi di dollari di stock.

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