Eurozona

Greenwood (Invesco): “I segnali indicano una crescita sostenuta nel 2018”

L’inflazione è la grande assente: l’aumento dell’occupazione continua a non incidere sui salari. E la Fed dovrà muoversi con cautela.

6 Dicembre 2017 15:50

financialounge -  Eurozona inflazione Invesco John Greenwood outlook USA
Il nuovo anno potrebbe cominciare sulla scia di quello che sta per chiudersi grazie al “ritorno” degli USA come leader dell’economia mondiale. John Greenwood, capo economista di Invesco, ha incontrato i giornalisti italiani a Milano per fare il punto sull’outlook per il 2018. In primo piano gli Stati Uniti che, sostenuti dalla ripresa in corso nell’Eurozona e dal rinnovato slancio del commercio mondiale, sono pronti a tagliare il traguardo della più lunga fase positiva della storia nazionale.

Tuttavia, ha precisato Greenwood, la crescita di Wall Street registrata nel 2017 “non può essere addebitata all’azione di Trump”, visto che anche l’iniziale ottimismo sull’azione del presidente USA sembra essere scemato. Rispetto ad altre aree geografiche, negli USA l’inflazione sembra dare segni di risveglio leggermente più convincenti ma ancora insufficienti.

Secondo Greenwood, spiegare questa debolezza con fattori “temporanei” non è più credibile: “Sono del parere – ha precisato infatti – che il problema sottostante sia la lenta crescita della moneta e del credito”. E la curva di Phillips, che lega l’aumento dei salari a quello dell’occupazione, si è dimostrata inadeguata a inquadrare l’attuale situazione (anche in Giappone, dove il tasso di disoccupazione è al 2,8%).

[caption id="attachment_121363" align="alignnone" width="600"]Negli USA la curva di Phillips non ha funzionato (fonte: Invesco) Negli USA la curva di Phillips non ha funzionato (fonte: Invesco)[/caption]

“In questo quadro – ha spiegato Greenwood – la Federal Reserve ha proseguito la politica di normalizzazione dei tassi di interesse che entro la fine del 2018 dovrebbero essere compresi tra il 2 e il 2,25%. Ma dovrà comunque agire con cautela”. L’unica minaccia all’espansione degli USA, infatti, potrebbe arrivare proprio da errori sulla strada della normalizzazione da parte della Fed – l’unica ad aver imboccato la via della normalizzazione, mentre la BCE è ancora in una fase precedente del ciclo economico – o delle altre banche centrali. In virtù del sostegno offerto dalla BCE, la crescita della zona euro ha quasi raggiunto il suo potenziale.

Ma anche in questo caso la grande assente è l’inflazione, ben lontana dal 2% fissato dalla Banca centrale europea. Secondo Greenwood, la crescita dell’M3 (l’indice che racchiude l’aggregato monetario più ampio) è ancora fragile e non garantisce un PIL in aumento del 2%: “Sussiste pertanto il rischio che a fronte di una riduzione del Quantitative easing – ha spiegato il capo economista di Invesco – l’aggregato monetario subisca una nuova flessione con il conseguente declino del tasso di inflazione che si allontanerebbe ulteriormente dal target del 2%”. Dunque, la previsione di Greenwood è che nel 2018 l’inflazione, a causa della fragilità dell’M3, rimanga al di sotto del 2%. Spostando lo sguardo verso l’Asia, secondo l’analisi di Greenwood Cina e altri paesi emergenti di quest’area dovrebbero beneficiare di una crescita del commercio globale con ricadute positive anche sui paesi che esportano materie prime.

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