Federal Reserve
L’incognita dell’inflazione USA
La debolezza dell’inflazione frena il rialzo dei tassi USA, ma per Fidelity International bisogna guardarsi da possibili sorprese.
13 Dicembre 2017 10:03
L’economia USA viaggia a buon ritmo da alcuni anni e la banca centrale statunitense ha il non facile compito di normalizzare i tassi d’interesse, riportandoli su livelli più idonei per un’economia in crescita, oltre che di smontare gradualmente l’enorme posizione in titoli che ha accumulato con le sue operazioni di acquisto sul mercato, il Quantitative Easing. Gli occhi di tutti gli operatori del mercato sono inevitabilmente puntati sulla riunione di mercoledì 13 dicembre.
“I mercati stanno scontando una probabilità del 98% che la Federal Reserve aumenti i tassi, ma il punto più rilevante in questo momento è capire quanti aumenti si possono attendere per il prossimo anno”, osserva Nick Peters, Gestore Multi Asset di Fidelity International.
Curiosamente, nota Peters, le attese degli operatori sulle mosse della Fed sembrano ricalcare quanto avvenuto nel 2016: lo scorso anno, in questo stesso periodo, la convinzione più diffusa era che gli aumenti sarebbero stati solo uno o due, e anche oggi la probabilità di tre aumenti entro la fine del prossimo anno si colloca appena al di sotto del 20%, mentre la possibilità di uno o due aumenti si attesta al 60% circa, nonostante i dati statunitensi abbiano sorpreso in positivo nel corso degli ultimi mesi, con il “nowcast”, le previsioni a breve termine della Fed di Atlanta che prevedono una crescita dell’economia statunitense del 3,5% nel quarto trimestre del 2017.
Alla base di questo scetticismo degli operatori contribuisce sicuramente la debolezza dell’inflazione “core”, quella cioè depurata delle sue componenti più volatili, energia e prodotti alimentari, che si è mantenuta ben al di sotto del livello obiettivo del 2%, a dispetto dello stato di salute del mercato del lavoro.
Secondo Jerome Powell, che dal prossimo febbraio prenderà il posto di Janet Yellen al vertice della Fed, il basso tasso di partecipazione al mercato del lavoro farebbe pensare che ci sia un margine di miglioramento prima dell'accelerazione della crescita dei salari e della conseguente spinta al rialzo dell’inflazione.
“Se i mercati saranno colti di sorpresa dall’inflazione statunitense, magari nel caso in cui i lavoratori esigessero salari più alti, potremmo vedere un impatto sulla volatilità e sui rendimenti obbligazionari”, è il commento di Peters.
“Nel posizionare i portafogli rimane quindi essenziale prendere in considerazione non solo gli scenari maggiormente probabili, ma anche i rischi di coda, e per questo motivo nella gestione dei fondi multi asset di Fidelity International adottiamo stringenti misure di analisi e controllo del rischio”.
“I mercati stanno scontando una probabilità del 98% che la Federal Reserve aumenti i tassi, ma il punto più rilevante in questo momento è capire quanti aumenti si possono attendere per il prossimo anno”, osserva Nick Peters, Gestore Multi Asset di Fidelity International.
Curiosamente, nota Peters, le attese degli operatori sulle mosse della Fed sembrano ricalcare quanto avvenuto nel 2016: lo scorso anno, in questo stesso periodo, la convinzione più diffusa era che gli aumenti sarebbero stati solo uno o due, e anche oggi la probabilità di tre aumenti entro la fine del prossimo anno si colloca appena al di sotto del 20%, mentre la possibilità di uno o due aumenti si attesta al 60% circa, nonostante i dati statunitensi abbiano sorpreso in positivo nel corso degli ultimi mesi, con il “nowcast”, le previsioni a breve termine della Fed di Atlanta che prevedono una crescita dell’economia statunitense del 3,5% nel quarto trimestre del 2017.
Alla base di questo scetticismo degli operatori contribuisce sicuramente la debolezza dell’inflazione “core”, quella cioè depurata delle sue componenti più volatili, energia e prodotti alimentari, che si è mantenuta ben al di sotto del livello obiettivo del 2%, a dispetto dello stato di salute del mercato del lavoro.
Secondo Jerome Powell, che dal prossimo febbraio prenderà il posto di Janet Yellen al vertice della Fed, il basso tasso di partecipazione al mercato del lavoro farebbe pensare che ci sia un margine di miglioramento prima dell'accelerazione della crescita dei salari e della conseguente spinta al rialzo dell’inflazione.
“Se i mercati saranno colti di sorpresa dall’inflazione statunitense, magari nel caso in cui i lavoratori esigessero salari più alti, potremmo vedere un impatto sulla volatilità e sui rendimenti obbligazionari”, è il commento di Peters.
“Nel posizionare i portafogli rimane quindi essenziale prendere in considerazione non solo gli scenari maggiormente probabili, ma anche i rischi di coda, e per questo motivo nella gestione dei fondi multi asset di Fidelity International adottiamo stringenti misure di analisi e controllo del rischio”.